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Quali sono i reali diritti delle coppie omosessuali in Italia?

A luglio l'Italia è stata condannata dalla corte di Strasburgo per il vuoto legislativo sui diritti delle coppie gay. Abbiamo chiesto a un avvocato a che punto siamo, e se il disegno di legge proposto al senato cambierà davvero le cose.
Niccolò Carradori
Florence, IT

Un giovane irlandese festeggia la vittoria del sì al referendum per il matrimonio gay. Foto di

[Sarah Meyler](Sarah Meyler)

Se esiste una branca del sapere in grado di provocarmi catalessi, probabilmente è quella del Diritto. E questo non solo a causa del linguaggio, ma anche perché le minuzie da interpretare e le involuzioni apparentemente insolvibili hanno lo stesso effetto di un sonnifero.

Sfortunatamente però, è proprio questo sistema che garantisce la nostra incolumità fisica e morale, quindi dovremmo esserne tutti più consapevoli. Anche perché basta un attimo per rendersi conto di quanto, dal punto di vista legislativo, nel nostro paese esistano lacune piuttosto importanti. Come nel caso dei diritti delle coppie omosessuali. Nonostante nell'ultimo decennio si siano succedute diverse forme interpretative, infatti, il nostro sistema non è ancora riuscito a trovare un modo per tutelare i diritti delle coppie dello stesso sesso ed evitare discriminazioni.

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La scorsa settimana, solo per citare l'ultimo caso che ha ottenuto un po' di visibilità, il marito del musicista Giovanni Scialpi, Roberto Blasi, si è pubblicamente lamentato di non aver potuto assistere il compagno durante la degenza successiva a un intervento perché per lo Stato italiano i due non hanno alcun legale. L'Italia non solo non riconosce i matrimoni gay, ma non prevede nemmeno una figura giuridica che riconosca i diritti e doveri che ne derivano. Proprio a causa di questo vuoto legislativo, a luglio l'Italia è stata condannata dalla corte di Strasburgo

Il 14 ottobre scorso il ddl Cirinnà bis—che prevede una forma di riconoscimento per le coppie gay—è arrivato per la prima volta al senato, e a novembre verrà discusso. Ma le forze politiche che si oppongono sono diverse, e il futuro del disegno di legge non è scontato..

Per fare piena chiarezza quindi, abbiamo deciso di contattare Maria Grazia Sangalli, presidente di Rete Lenford: un gruppo di avvocati che collabora per sensibilizzare sul diritto relativo alle persone LGBT, e offrire aiuto legale alle persone che ne hanno bisogno.

VICE: Di cosa si occupano principalmente gli avvocati che fanno parte di Rete Lenford?
Maria Grazia Sangalli: Avvocatura per i diritti LGBTI - Rete Lenford è nata otto anni fa con l'idea di sviluppare tra gli operatori del diritto la conoscenza delle tematiche riguardanti i diritti delle persone LGBTI. Fin dall'inizio era chiaro, vista la ritrosia del Parlamento, che alle persone non rimaneva che rivolgersi alle aule di giustizia per reclamare diritti e ottenere un avanzamento in tema di diritti, facendo valere i principi dell'uguaglianza, di pari dignità e il divieto di discriminazione. Come Associazione abbiamo promosso alcune importanti azioni giudiziarie per sollecitare i tribunali e le corti superiori: ottenendo pronunce significative, anche per il dibattito che da queste si è sviluppato tra esperti in materia e all'interno della società. Oltre a questo, offriamo consulenza e assistenza legale a tutela delle persone LGBTI.

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Potrebbe farmi un riepilogo di come si è sviluppata la questione dai tempi in cui si cominciò a parlare di unioni civili, PACS e Dico?
Dalla discussione attorno ai PACS e ai Dico sono trascorsi tredici anni. In questo tempo le spinte del diritto e della giurisprudenza nazionale e sovranazionale sono state tali da rendere insufficiente qualsiasi ipotesi legislativa che non riconosca paridiritti e tutele alle famiglie eterosessuali ed omosessuali.
Il punto di svolta è rappresentato dalla sentenza della corte costituzionale del 2010, la n. 138, che ha sancito per la prima volta nella storia italiana la rilevanza giuridica delle coppie dello stesso sesso. La Corte di Strasburgo ha successivamente chiarito meglio che le coppie formate da persone dello stesso sesso rientrano nella definizione di "vita familiare" secondo l'art. 8 CEDU, e che il diritto fondamentale al matrimonio stabilito dall'articolo 12 non è limitato alle persone di sesso opposto, pur lasciando agli stati membri un certo margine di intervento.

Inizialmente volevo cercare di fare chiarezza sulla situazione attuale. Che tipo di figura giuridica rappresentano i membri di una coppia LG per la legislazione italiana?
Allo stato dell'attuale legislazione le unioni dello stesso sesso rientrano tra le formazioni sociali previste dall'art. 2 della Costituzione, in cui ci si occupa della tutela della personalità dell'individuo. Si tratta di una norma di carattere generale, nella quale rientra anche la garanzia di ogni tipo di organizzazione o di comunità,compresa la famiglia, sia essa coniugale o cosiddetta "di fatto".

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La legislazione e la giurisprudenza, in alcune specifiche occasioni, hanno riconosciuto alcuni effetti derivanti dalla convivenza stabile tra due persone, ad esempio in tema di successione in un contratto d'affitto, di risarcimento del danno conseguente alla morte del convivente o di nomina dell'amministratore di sostegno; tuttavia la mancanza di riconoscimento pieno comporta un evidente vuoto di tutele. La Corte costituzionale questo deficit l'ha risolto riconoscendo alle coppie formate da persone dello stesso sesso il "diritto fondamentale" di ottenere attraverso una legge organica il riconoscimento giuridico della loro stabile unione, con il contenuto di diritti e doveri, e ha sollecitato il Parlamento aprovvedere. Era il 2010: da allora il nostro legislatore non si è mosso, procurando all'Italia una condanna da parte della Corte di Strasburgo per violazione del diritto al rispetto della vita familiare.

Proprio in riferimento alla condanna della Corte di Strasburgo, quali sono le differenze fra la nostra legislazione in materia e quella degli altri paesi europei?
La maggior parte dei 28 paesi dell'Unione europea ha legiferato a tutela delle coppie omosessuali e nel blocco occidentale tutti hanno esteso il matrimonio in senso egualitario, ad eccezione dell'Italia. Invece, nei 44 paesi del Consiglio d'Europa a cui fa capo la Corte di Straburgo, pur nella facoltà riconosciuta ai legislatori nazionali di stabilire le forme di riconoscimento e di tutela delle coppie formate da persone dello stesso sesso, c'è un diritto fondamentale che deve essere garantito a tutti, ossia il diritto alla vita familiare, almeno attraverso un istituto che abbia contenuti omogenei al matrimonio. L'Italia non garantisce neppure questo diritto, in compagnia di paesi come Grecia, Lituania e Russia.

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Va precisato che anche il matrimonio è un diritto fondamentale, ma nell'ambito del Consiglio d'Europa, regolato da una Convenzione internazionale, la sua estensione alle famiglie di gay e lesbiche è connessa a una condivisione che secondo la Corte non è stata ancora raggiunta. In Italia, invece, si è sempre fatta coincidere la tutela della vita familiare con quella del matrimonio, come se fossero un unico diritto, e questo ha impedito—fino ad oggi—che altre forme familiari ottenessero la indispensabile garanzia di diritti e doveri. Siamo al livello più basso di tutti i paesi del contesto europeo in materia di protezione della famiglia.

Non esiste alcun tipo di iter legislativo che possa forzare le nostre normative? Mi riferisco ai casi delle coppie che si sposano all'estero e poi cercano di ottenere il riconoscimento dal governo italiano, per esempio.
La possibilità di contrarre il matrimonio in molti altri paesi ha indotto numerose coppie italiane gay e lesbiche a spostarsi fuori dai nostri confini per ottenere il riconoscimento della loro famiglia, che in Italia continua ad essere negato.

Il mancato riconoscimento di una relazione giuridica formatasi in un altro paese dell'Unione Europea introduce un elemento di contraddizione: le merci circolano liberamente, ma gli status acquisiti dalle persone no. Le contraddizioni aumentano di fronte alle coppie in cui uno dei coniugi è cittadino di un paese dove il matrimonio same-sex è riconosciuto e produce pieni effetti: arrivato in Italia è come se perdesse tutto, con conseguenze che riguardanol'identità personale, ma anche il patrimonio, la successione dei beni e così via. Sono tutti aspetti che stiamo cercando di sottoporre all'esame dei giudici, in mancanza di un intervento legislativo.

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Proteste contro il DDL Cirinnà durante il Family Day di Roma a giugno. Foto di Federico Tribbioli.

Facendo riferimento all'ultimo caso balzato agli occhi dell'opinione pubblica, ovvero il caso Scialpi, che tipo di tutele legali può ottenere un membro di una coppia gay quando il proprio compagno si ammala e necessita di assistenza? E per quanto riguarda la successione patrimoniale?
Alla coppia omosessuale non viene riconosciuta tutela di alcun genere: non esistono diritti successori; non si può beneficiare di vantaggi fiscali e tributari; al compagno o alla compagna non è concesso di gestire il patrimonio dell'altro o fornirgli assistenza in caso di malattia o infortunio che limiti o impedisca la capacità di provvedere ai propri bisogni; non può decidere delle cure o acconsentire all'effettuazione di un importante intervento chirurgico. Vengono chiamati i parenti prossimi ad occuparsi di queste questioni, tranne che non esistano buone pratiche applicate in alcune strutture sanitarie, salvo l'opposizione dei parenti.

Ad alcuni dei problemi elencati si può ovviare con forme privatistiche di tutela, scritture, designazioni di amministratore di sostegno, testamenti: ma si tratterà sempre di applicare alla vita familiare strumenti pensati per altre esigenze e che possono porre problemi applicativi e di effettivo raggiungimento dell'obiettivo. Le persone omosessuali che sono in una relazione vivono nell'ansia di tutelarsi a vicenda, e non sempre noi avvocati siamo in grado di offrire tutele adeguate.

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E riguardo alla questione dei figli? Che tipo di garanzie legali ha un genitore sul figlio che è stato concepito dal partner? Prendiamo ad esempio il caso che il genitore biologico dovesse venire a mancare… che fine farebbe il figlio? E che tipo di percorso si deve seguire per il riconoscimento, se esiste?
Attualmente ai figli delle coppie omosessuali viene riconosciuto il legame giuridico solamente con il genitore biologico. Significa che nel caso questo dovesse venire a mancare il figlio o i figli potrebbero essere dichiarati adottabili o venire affidati ai parenti prossimi; significa anche che non esiste alcun obbligo per il genitore sociale di provvedere alla cura e al mantenimento economico dei figlio, nel caso di separazione dei genitori; significa ancora che il genitore biologico potrebbe, di fatto, impedire all'altro di mantenere rapporti continuativi con il bambino che ha cresciuto, educato e mantenuto in caso di separazione.

Anche in questo caso le coppie omosessuali con figli vivono nell'ansia di dare stabilità alla situazione familiare e una tutela ai propri figli e approntano scritture private, come ad esempio la designazione di tutore per il partner. Tuttavia si dovesse verificarne la necessità, l'assunzione del ruolo di tutore sarebbe un impedimento o rivestirebbe comunque un ostacolo alla richiesta di adozione da parte di questi.

Solitamente le persone che si rivolgono a voi hanno consapevolezza dei propri diritti?
Non sempre. Il caso più eclatante è rappresentato dalla normativa in tema di parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro. Esiste una disciplina frutto della trasposizione di una Direttiva comunitaria, che vieta la discriminazione diretta ed indiretta in fase di assunzione, permanenza e cessazione del rapporto di Lavoro. Si tratta del D. Lgs. 216/2003 che è stato applicato dal Giudice del lavoro di Bergamo nel caso delle dichiarazioni omofobe dell'avv.Taormina circa l'indisponibilità ad assumere persone omosessuali nel suo studio.

Secondo lei quali potrebbero essere i passi necessari a colmare questa mancanza di tutele?
In più occasioni abbiamo chiarito come l'intervento legislativo più semplice e rispettoso della dignità sociale delle persone consista nel rendere il matrimonio civile accessibile a tutti, a prescindere dall'orientamento sessuale. Basterebbe un articolo in una proposta di legge. Chi sostiene che in Europa altri paesi hanno introdotto istituti alternativi al matrimonio, ma con contenuto identico, dovrebbe ricordare che ciò è successo almeno tre o quattro lustri fa e nel giro di pochi anni—tranne che in Germania—si è passati all'apertura del matrimonio alle coppie dello stesso sesso per garantire piena parità di trattamento tra i cittadini. Ma soprattutto, nel frattempo la coscienza giuridica è cresciuta e si è compreso che non si possono escludere delle persone dal godimento di un diritto fondamentale, appunto il matrimonio, in ragione di una loro caratteristica personale su cui si è fondata per millenni la ingiusta discriminazione nei loro confronti.

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