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Μodă

Com'è la Fashion Week di Milano vista da chi la fotografa per lavoro

Abbiamo parlato con Kuba Dabrowski, che ha fotografato le settimane della moda di mezza Europa, per capire come è cambiata e cos'ha di diverso dalle altre la Fashion Week di Milano.
Foto di Iorgis Matyassy.

Qualche tempo fa, nel tentativo di capire fino a che punto le settimane della moda siano diventate eventi in cui conta soltanto l'esposizione di se stessi, abbiamo passato un'intera giornata al Pitti vestiti da idioti nel tentativo di essere fotografati. Alla fine abbiamo effettivamente ottenuto l'effetto sperato, attirando una discreta attenzione, e imparando anche che l'autopromozione priva di contenuti può funzionare se rispetti certi standard comunicativi. Eppure alla nostra indagine mancava un punto di vista essenziale: quello di chi per lavoro sta dall'altra parte della macchina fotografica e si fa tutti i fuori sfilata.

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Per capire come vivono questo evento i fotografi professionisti che vi partecipano abbiamo quindi deciso di intervistare Kuba Dabrowski, un fotografo polacco che da alcuni anni documenta le settimane della moda di mezza Europa.

Kuba è arrivato al mondo della moda dopo un'esperienza da fotoreporter iniziata nel 1999 e che lo ha portato per ben due volte in Afghanistan, un ambiente apparentemente agli antipodi rispetto al settore a cui si è dedicato a partire dal 2011. Parlando con lui, però, abbiamo scoperto che il linguaggio documentaristico e quello della moda hanno dei punti in comune (sì, detto così suona assurdo), e che la fashion week può anche essere una buona sorgente per analisi sociali. Oltre che un posto in cui la gente non è mai sudata e brutta.

Fuori sfilata. Foto di Anissa Radina.

VICE: Quando e come hai cominciato a fotografare le settimane della moda in giro per il mondo?
Kuba Dabrowski: Ho cominciato nel 2011: la mia prima stagione è stata nell'estate di quell'anno, per le sfilate maschili di Milano. Il fatto è che mi ero un po' stufato di fare il fotoreporter documentarista. La mia carriera da professionista è iniziata nel 1999, ero un fotoreporter vero e proprio, e il mio habitat naturale erano cose come Newsweek, Time,Washington Post.

Poi quando ho fatto 30 anni ho cominciato a sentire di non avere più motivazioni in quel mondo: avevo raggiunto ciò che dovevo raggiungere, e così mi sono trasferito in Italia, dove viveva la mia ragazza, in cerca di nuovi stimoli. Sono stato fortunato, perché mi hanno commissionato quasi subito un primo lavoro per Prada e Vogue.

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Cosa ti ha attratto del mondo della moda?
È stata un'attrazione del tutto naturale. Il mio lavoro consiste nel ricercare il momento giusto, la luce giusta, l'atmosfera perfetta: e con le persone "normali" è difficile, perché molte non vengono bene anche anche con queste condizioni [ride]. Fotografando modelli invece puoi concentrarti sull'attimo, quel momento da fotografare, e star sicuro che tutti verranno bene.

E cosa trovi di particolarmente interessante nella settimana della moda?
Io faccio Milano, Parigi e Londra, quindi per me si tratta di un "mese della moda " più che di una settimana. La cosa che mi piace delle fashion week è che sono incredibilmente intense, e quando sei lì non c'è spazio per nient'altro. Per certi versi è un po' come essere nell'esercito, e le paragono spesso all'Afghanistan. Quando sei in Afgahanistan, non pensi a cosa mangiare, mangi quello che c'è. Durante la settimana della moda è lo stesso: sei totalmente immerso in quello che fai che non c'è tempo e spazio per altro. Non esistono distrazioni.

Quali sono le differenze fra queste tre città?
Milano e Parigi sono piene di personalità molto forti. Londra racchiude due estremi: da una parte è giovane, sperimentale e ci sono cose molto street e hipster; dall'altra c'è la Londra dei gentlemen, totalmente british. E questi due estremi coesistono.

Per quanto riguarda Milano, l'ambiente è quasi totalmente basato sul lusso: c'è chi ha soldi da spendere, ci sono i giornalisti importanti, ma onestamente direi che tra le tre è la più "noiosa". Forse noiosa non è la parola giusta, ma manca quella varietà che c'è altrove. La fashion week di Parigi, per l'appunto, è quella più interessante.

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C'è questo lusso estremo di Dior e Chanel, per esempio, e poi ci sono stilisti come Rick Owens e Haiden Ackermann, che hanno un loro pubblico a parte. In più a Parigi ci sono anche gli asiatici, tipo Yamamoto. Quindi per ogni sfilata c'è un pubblico diverso, le persone che vanno a vedere Yamamoto sono diverse da quelle che vanno a vedere Chanel.


Quando siamo stati alla Fashion Week di Rio.

Quindi la settimana di Milano è la peggiore?
A Milano vai alle sfilate di Gucci, di Prada e di Ferragamo: non ci sono cose sperimentali, non c'è il tentativo di rompere le barriere e di provare a fare qualcosa di più rischioso con gli eccentrici stilisti asiatici. È molto italiana, molto ben fatta, ma sai cosa aspettarti e la folla è omogenea. Un po' come per il cibo: se vai a Londra puoi mangiare indiano, coreano, inglese, italiano; se invece vai a Milano mangi soprattutto cibo italiano, che è buonissimo, ma sempre la stessa cosa.

Dal 2011 ad oggi, come sono cambiate le fashion week?
Nei miei ricordi la settimana della moda del 2011 e del 2012 sono affollatissime, enormi, frenetiche. Ma quando mi capita di vedere le foto adesso, abituato ai ritmi di oggi, tutto sembra estremamente tranquillo e lento. È cambiato il ritmo, è tutto molto più frenetico.

Che impatto hanno avuto social network e fashion blogger?
È una questione complessa e impossibile da riassumere in poche righe, ci si potrebbero scrivere libri a riguardo. Io ho studiato sociologia, e faccio molta fatica a separare il fenomeno del blogging nella moda dal blogging in generale. Quello che posso dire è che nel mondo della moda tutto succede molto più velocemente ed è più accentuato. Credo che gli studiosi di media o di comunicazione dovrebbero guardare all'ambiente della moda per avere un'idea di come andrà il mondo.

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Tu che lo vivi costantemente non hai la sensazione che oggi vogliano tutti essere protagonisti? Che sgomitino ossessivamente per avere il loro spazio ed essere fotografati?
Questo non riguarda solo la moda, tutti nel mondo vogliono essere protagonisti e avere l'attenzione degli altri. Il mondo della moda ne rappresenta solo la parte più visibile. Fondamentalmente perché qua non si tratta di ragazzini qualsiasi, ma di persone famose. Le persone diventano prodotti, non scelgono i loro vestiti per il gusto di vestirsi bene, ma per essere fotografate. Non so se è un bene o un male, ma è così.

La cosa che mi piace dei clienti per cui lavoro è che mi lasciano la libertà di riflettere i fenomeni. Posso fotografare aspiranti blogger e modelli, e tramite le immagini posso mostrarli per ciò che sono. Posso usare le immagini per far risaltare l'ironia che c'è dietro. Non faccio finta che sia tutto stupendo, che ogni evento di moda sia pieno di persone stupende e vestite bene: posso mostrarne l'altra faccia. Personalmente ci sono cose che mi piacciono e altre che non mi piacciono, ma non sta a me giudicare.

Altre persone che puoi incontrare alla Fashion Week. Foto di Anissa Radina.

Tra le diverse città in cui lavori, credi che questi fenomeni stiano crescendo alla stessa velocità o che ci sono città in cui hanno attecchito di più?
Sono fenomeni che trovi ovunque, ma il modo di viverli cambia di città in città. La cosa che mi piace di Londra è che i protagonisti di questi fenomeni sono ragazzi più umili, che osano nel vestirsi senza seguire necessariamente i grandi brand; non sono fashion blogger milionari, ma gente con una buona dose di follia e che perlopiù utilizza Tumblr come mezzo di comunicazione. Ovviamente la loro attività ha base su internet, nascono e crescono lì, ma ci sono diversi modi di farlo. A Milano, per esempio, per l'influenza dei brand italiani, i blogger sono più vanitosi, gente che veste Dolce&Gabbana in qualsiasi occasione.

Cosa ti aspetti dalla settimana della moda di Milano di quest'anno?
Voglio essere chiaro su questo punto. Prima ho detto che la settimana della moda di Milano è la più noiosa, e intendevo dire che è la più prevedibile. Ma allo stesso tempo, è sempre molto ben fatta. A Londra la gente osa, ma molto spesso questi tentativi sono dei fallimenti che diventano patetici, esagerati, e qualche volta rischiano di essere ridicoli. A Milano i più seguono la stessa linea di lusso, ma il risultato è sempre buono. Quindi questo è ciò che mi aspetto anche quest'anno.

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