La prigione occupata

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reportage

La prigione occupata

Nelle galere filippine la vita è uno spasso.

Sull’isola di Cebu, nelle Filippine, ci sono due prigioni. Una è un allucinante inferno-in-Terra da Terzo Mondo, pieno di gente felice e rilassata. L’altra è una struttura assolutamente moderna in cui tutti i detenuti sono tesi, rabbiosi e sofferenti.

Il Centro di Riabilitazione Bagong Buhay è una prigione progettata trent’anni fa per accogliere circa 250 prigionieri. Al momento ne contiene 1.600. Il carcere è così pieno che non c’è spazio nemmeno per far stendere tutti i detenuti allo stesso tempo, e quindi i prigionieri fanno i turni per dormire, di solito a gruppi di tre su giacigli detti cobol, fatti di sacchi di riso pieni di segatura.

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È perfino troppo pieno per chiudere le porte interne, con il risultato che i prigionieri si aggirano per la struttura come vogliono—assassini, truffatori, rapinatori e pervertiti fianco a fianco a dare lezioni di vita e di crimine. A quanto pare la situazione si è parecchio calmata da quando circa 900 detenuti tossicodipendenti sono stati spostati in un struttura separata in fondo alla strada.

Come molte prigioni nelle Filippine, il CRBB è costruito sul vecchio modello coloniale: un quadrato sterrato con un grande muro tutto intorno. È un manicomio. Le guardie non mettono piede nella struttura se non in gruppi di 20 e coperti da cecchini sui muri.

Non c’è alcun sistema idraulico. Non c’è mai cibo per tutti, e il momento migliore per farsi una doccia è quando piove. Sarebbe il ritratto della peggior prigione del pianeta, ma in realtà non è così male. Dal momento che non ci sono guardie—sul serio—i prigionieri si devono organizzare da soli. E ci riescono dividendosi in gruppi. Anche se le porte delle celle non sono mai chiuse i prigionieri si suddividono in 18 gruppi, o brigate, con qualcosa come 100 o 200 membri per ogni cella singola, uno spazio di circa 100 metri quadri.

Ecco un cobol al CRBB. Ci dormono di solito tre prigionieri alla volta e può essere preso in affitto da una coppia per una cifra fra i 20 e i 50 pesos l’ora. Questi detenuti hanno un’aria tranquilla perché in effetti sono tranquilli. Possono ricevere tutte le visite che vogliono e, a meno che non cerchino di evadere, posso fare praticamente quello che pare loro. Tre anni fa uno ha fatto esplodere un bomba fatta in casa nella prigione. Quando il capo delle guardie ha cercato di mandarlo in isolamento, lui gli ha riso in faccia.

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Ogni cella elegge il suo bosyo, o sindaco, il cui compito è mantenere la concordia e risolvere i problemi dei prigionieri. Si procura le medicine per i malati, dà una mano con la burocrazia e organizza punizioni collettive per i prigionieri che sgarrano. Le punizioni non sono troppo dure comunque, perché ogni prigioniero è libero di unirsi a un altro gruppo se si sente trattato ingiustamente. Alla fine un bosyo me l’ha riassunta così: “Se loro sgarrano, io li sculaccio.”

La massima autorità tra le mura delle prigione è il mayor de mayoris, il sindaco dei sindaci, che viene eletto dal consiglio dei capi gruppo. Tutte le dispute tra le brigate vengono sottoposte a lui. Dispone di un servizio d’ordine separato, con un’unità speciale per proteggere i visitatori, una segretaria, e l’impensabile lusso di una radiosveglia e di una stanza di due metri quadrati.

I commerci fervono. I commercianti (prigionieri che fanno affari basati sul baratto) riescono a procurarsi sigarette, pesce secco e sapone dallo spaccio della polizia. E i prezzi del mercato immobiliare non fanno che salire. Un detenuto di nome Henrym qualche anno fa si è comprato uno spazio di un metro cubo per dormire per circa 2.000 pesos, e ora ne vale 3.500.