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A8N2: Il sesto numero di vice dedicato alla moda

La storia calzata

Dai piedi delle mummie alle gambe di barbari, coloni e statisti, il rivoluzionario potere delle calze.

Moda: Hilary Olson, modella: Zumi Calze Hilary Olson, scarpe Topshop. Dai piedi delle mummie alle gambe di barbari, coloni e statisti, le calze hanno una lunga e avventurosa storia fatta di nuovi modelli di produzione industriale, rivolte contro la meccanizzazione e promesse di un mondo all’insegna della disinvoltura. Qui ne ripercorriamo i passi salienti.

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In Occidente, la pratica di avvolgere strisce di pelle animale intorno alle gambe è stata il germe della moderna produzione di calze. È stata in uso almeno fino a metà del Cinquecento, quando si iniziarono ad usare le prime calze in tessuto. In Egitto, queste ultime erano conosciute già nel quinto-quarto secolo a.C., mille anni prima che l’idea di velare le gambe facesse la sua comparsa in Inghilterra. Se tutto ciò non prova che gli Antichi Egizi avessero rapporti con gli alieni, non so proprio cosa riuscirà a convincervi. Curiosità: durante il regno dei Sassoni, i monaci non potevano celebrare la messa con le gambe scoperte, così le avvolgevano in ritagli di lino fino. All’epoca, in Inghilterra, l’autorità della Chiesa Romana aveva già raggiunto il suo apice per poi declinare. A Roma, infatti, i membri del clero indossavano calze di seta—pervertiti già dagli albori. Giacca vintage, top Haider Ackermann, hot pants Trashy Lingerie, calze Hilary Olson, giarrettiera Leg Avenue, stivali vintage. MATERIALI
Un centinaio d’anni dopo la morte di Cristo, le popolazioni europee introdussero il pelo animale al posto delle pelli. Il poeta ed epigrammista Marco Valerio Marziale dedicò al “udo”, questo il suo nome, dei versi: “Non è fatto di lana vera e propria, bensì con la barba del caprone. I vostri piedi troveranno rifugio in indumenti fatti di pelo di capra.” Questo maestoso animale arrivava dall’Africa, e fu poi sostituito da una pecora la cui lana aveva i filamenti più lunghi che si fossero mai visti. La diffusione della seta risale invece al 1560, quando la Regina Elisabetta ricevette in dono un paio di calze di quel materiale. L’indumento le piacque tanto che da quel giorno rifiutò di indossare altri tipi di calze. Nelle colonie americane sotto il controllo inglese, una qualche strana legge limitava il commercio di lana. I coloni ovviarono al problema filando un po’ della canapa che infestava le paludi, e così inventarono il primo paio di calze americane fattone. Nel 1939 fu prodotto il primo paio di collant in nylon, e migliaia di donne si misero in fila davanti ai negozi per accaparrarsene uno. Ben presto, tutti si dimenticarono della seta. Giacca vintage, top Haider Ackermann, hot pants Trashy Lingerie, calze Hilary Olson, giarrettiera Leg Avenue, stivali vintage. I TELAI MECCANICI E L’INDUSTRIA
Con l’invenzione del telaio per calze, opera del reverendo William Lee, il 1589 diede via al declino della tessitura a mano. Nel 1811 la meccanizzazione aveva rimpiazzato pressoché interamente il settore dell’artigianato, e gli stabilimenti tessili avevano iniziato a pretendere dai filatori del denaro in cambio dell’affitto dei telai su cui lavoravano. La misura era ormai colma: un gruppo di operai incazzati si riunì nella foresta di Sherwood, apparentemente sotto la guida del leggendario Ned Ludd. Per un anno, orde di operai armati di martelli si produssero in continui attacchi alle fabbriche, distruggendo i telai meccanici nel tentativo di mandare a gambe all’aria l’industria e tornare al vecchio mestiere di artigiano. Nacque così il movimento luddista. Il giorno di San Valentino del 1812, il governo emanò una legge che rendeva il sabotaggio dei telai industriali punibile con la morte. Placati i furibondi artigiani, la creazione di un paio di calze divenne un processo costituito da milioni di passaggi che comprendevano cucitura, lavorazione, tessitura e, non da ultimo, l’affitto di ogni componente, dagli aghi del telaio allo spazio che questo occupava. Body Bebe, giarrettiera Christian Dior, calze Hilary Olson, accessori Zumi Rosow. COLORI
Dalla metà del XIV secolo fino al 1550 circa, gli uomini usavano mettere in mostra le calze proprio come un volatile fa col suo piumaggio. Seta, cotone, lino e lana venivano trasformati in calze e lavorati dai sarti perché si adeguassero alle forme di chi li indossava. Ce n’erano di lunghe, corte, ricamate sull’orlo o alle caviglie, disponibili in tantissimi colori. Quelle gialle, così come la neve di quella tinta, erano sinonimo di problemi, almeno tra il 1552 e il 1601 circa. Non solo venivano indossate dai piccoli invalidi del Christ Hospital: spesso erano infatti associate alla confusione di genere e, grazie a La dodicesima notte di Shakespeare, anche agli eunuchi. Dopo il 1550 la mescolanza di stili e colori andò fuori moda, e dal 1670 al 1680 la passione degli inglesi per la monocromia raggiunse proporzioni tali da far sì che le calze venissero fatte su misura e tinte per accordarsi con il resto dell’abbigliamento. Nella Parigi del diciassettesimo secolo, tuttavia, le calze arrivavano ad avere fino a 50 tonalità, ognuna con un proprio nome: Desiderio Amoroso, Amico Triste, Tempo Perduto, Peccato Mortale.

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Indovinate a chi si sono ispirate le ragazze che vanno in giro con magliette oversize e collant a brandelli? Nel Trecento, in Europa Occidentale imperversavano le calzamaglie, in diverse colorazioni e fantasie, indossate sotto giacche svasate. Ovviamente la Chiesa non le approvava, dal momento che mettevano in mostra ogni singolo muscolo o tendine dalla caviglia al sedere. Facendosi beffe del buon gusto comune, i giovani dell’epoca non solo continuarono ad adottare quel particolare abbigliamento, ma iniziarono anche a rasare metà della propria testa. Reggiseno Marlies Dekkers, intimo Victoria’s Secret, giarrettiera Leg Avenue, calze Hilary Olson, orecchini Versace, scarpe Topshop. LEGGI
Nella Roma della fine del terzo secolo, velare le gambe era considerato sintomo di barbarie. Chiunque venisse scoperto a indossare calze era punito con la confisca di tutti i beni e la schiavitù a vita. Per fortuna nel giro di cento anni le cose si sarebbero sistemate. Nell’Inghilterra del 1555 un atto suntuario impose che solo i sindaci e le autorità municipali potessero indossare calze di seta, comminando una multa di dieci sterline e la prigione a chiunque non avesse rispettato la norma. Nel 1656, un tribunale dell’allora colonia del Massachusetts ordinò a ogni donna disoccupata o bambino di dedicarsi alla filatura, e si dedicarono per lo più alla calzetteria. Nel 1796, in Connecticut, fu dichiarata illegale per ogni uomo la pratica di indossare abiti femminili, calze fatte a mano incluse. Le uniche calze a norma di legge erano quelle in pelle—e forse quello è stato l’inizio della moda leather-daddy. Ma questa è un’altra storia.