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Confessioni di un ex-schiavo di David Petraeus

Ho odiato Petraeus per tutta la mia carriera nell'esercito, e ora che è finalmente col culo all'aria, è giunto il momento di raccontare la sua storia.

L'autore impegnato nella stesura di un ordine dell'operazione sotto il Regno di David il Terribile.

Nel fine settima i media si sono avventati sulla grossa e succosa notizia che vede David Petraeus, l’ex capo della CIA e un tempo adorato generale a quattro stelle, al centro di uno scandalo sessuale insieme alla sua ossequiosa biografa, Paula Broadwell. Se avete seguito questa vicenda dalle tinte neanche troppo shakespeariane, saprete che ci davano dentro sotto la sua scrivania—un grosso pezzo di legno di quercia sul quale svettavano senza dubbio una bandiera americana in miniatura e le foto incorniciate della famiglia.  Quando l’ho letto, mi sono immaginato quelle foto saltellare sul piano marrone mentre il grande conquistatore dell’Iraq invadeva la piccola scrittrice.

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Petraeus è il generale di West Point autore della Bibba sulla controguerriglia. Per anni, mentre in Iraq era tutto morte e distruzione, ha rappresentato il guerriero numero uno d’America—un genio strategico e patriottico che aveva sempre tempo per i media, eroico generale del canale C-Span. Era amato da tutti, specialmente dai vecchi del Congresso. Qualunque cosa lui dicesse nella stanza del potere, loro erano tutti lì per stringergli la mano e sprecare superlativi. Un giorno, dicevano, Petraeus sarebbe stato incluso nel pantheon di West Point: Grant, MacArthur, Patton, e Eisenhower.

Ma ora è andato tutto in fumo. Adesso è solo un altro pezzo grosso pizzicato a scopacchiare in giro. Sta cadendo in rovina. I suoi amici iniziano a voltargli le spalle. Uno dei giornalisti un tempo devoto al “culto” del Re Davide, Spencer Ackerman, lo ha pubblicamente ripudiato, e probabilmente, i dettagli piccanti sui suoi giochetti sotto la scrivania continueranno a essere sbattuti sulle pagine dei tabloid per mesi.

La carriera di quest’uomo si sta sgretolando minuto dopo minuto, e io mi godo ogni singolo secondo.

Ho odiato Petraeus per tanto, tanto tempo. Ho provato a scrivere di lui per un decennio, ma nessuno sembrava ascoltare. Allora, era a prova di proiettile—ma adesso non lo è più. È finalmente giunto il momento di raccontarvi tutto a proposito di quest’arrivista testa di cazzo e come è stato essere la sua schiavetta per anni.

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Nel 1996 ero un ingenuo sottotenente di West Point appartenente alla celebre 82esima divisione Airborne. Mi ero appena diplomato alla Ranger School e il secondo Battaglione del 504esimo Reggimento Paracadutisti e Bersaglieri era la mia nuova casa—il mio primo incarico. A quel tempo amavo l’esercito.

Il nostro comandante di brigata era un uomo di nome John Abizaid. Il morale sotto di lui era buono, perché ogni battaglione della brigata aveva molta autonomia. Il colonnello Abizaid lasciava che risolvessimo da soli i nostri problemi. Eravamo tutti adulti competenti e la sua leadership distaccata ci faceva sentire importanti e degni di fiducia.

Ma dopo pochi mesi Abizaid se ne andò e al suo posto arrivò il “Signor Burns.”

Signor Burns era il soprannome che avevamo dato a Petraeus, ai tempi soltanto un colonnello. Nel caso non sia ovvio, lo chiamavamo così perché somigliava e si comportava come lo scheletrico, perfido cattivone dei Simpson.

Con Petraeus, la mia vita e quella di ogni soldato sotto il suo comando si trasformò in uno schifo. In quel periodo, il fanatico del controllo Petraeus, che si era sposato la figlia del sovrintendente di West Point dopo la laurea, aveva appena intrapreso la sua scalata al successo. L’obiettivo del generale era a portata di mano—un solo grado di distanza—e per lui, essere al comando della “Brigata del Diavolo” (la nostra brigata) era di vitale importanza. Durante il suo incarico col 504esimo, ha leccato e baciato quanti più culi pelosi e emorroidali ha potuto. Ha compiaciuto e dato pacche su tutte le spalle giuste; doveva fare colpo. Doveva fare tutto il possibile per arrivare all’apice. Niente era troppo per quel figlio di puttana. Se lo poteva fare, lo avrebbe fatto. Certo signore, tutto quello che vuole, signore.

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Cosa significava tutto questo per noi cretini sotto il suo comando? Be', come prima cosa ordinò che tutti gli ufficiali della brigata si facessero quello che lui chiamava “taglio di capelli del Diavolo”, praticamente una testa rasata con un ciuffo di capelli, simile a un praticello, in cima al cranio. Assomigliavamo tutti a Beaker dei Muppet. Dopo di che ci faceva camminare in tondo con le mani avvinghiate ai nostri AR-15. Di solito, quando imbracciavamo le nostre armi, tenevamo un dito, quello del grilletto, giusto accanto al meccanismo, nell’eventualità di dover affrontare improvvisamente il nemico. Ma questo non valeva per Petraeus, che fu responsabile dell'introduzione della “Presa del Diavolo”, visto che apparentemente tutto doveva avere a che fare con il diavolo. Essenzialmente, questo significava tenere il dito fuori dal grilletto. Se sbucava all’improvviso e coglieva qualcuno sotto il suo comando senza la presa del diavolo, erano cazzi. Ti prendevi una lavata di capo e una valutazione negativa. E la saliva del Signor Burns dritta in faccia.

La genesi della presa del diavolo risale al tempo in cui Dave era a capo di un'esercitazione in una trincea. Si rifugiò dietro un soldato che stava controllando, ma un altro soldato che era a sua volta dietro di lui inciampò accidentalmente, sparando con un M-16 alla schiena del vecchio corvo. La colpa dell’incidente fu attribuita al fatto che il ragazzo non aveva la presa del diavolo, ma c’è un’altra versione su quello che avvenne realmente. Il ragazzo, probabilmente, lo odiava (come la maggior parte delle persone che prendevano ordini da lui) e in quell’istante aveva visto la sua occasione d’oro per pareggiare i conti con una buona e decente “frag”—un termine coniato in Vietnam per sparare a un ufficiale che di solito merita di essere colpito.

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Petraeus richiamava esattamente questo genere di ispirazione.

Ma le miserie inflitte su di noi non si limitarono ad un brutto taglio di capelli e un'impugnatura assurda. Finché costituivamo l’asfalto che spianava la sua strada per la gloria, eravamo costretti a fare altre cose assurde. Dovevamo andare a casa sua per le vacanze ed essere gentili con la moglie, Holly. Dovevamo mangiare i suoi biscotti e buttare giù il suo tè mentre ci scambiavamo false cordialità, chiamandola “signora” e stando attenti al nostro linguaggio. Dovevamo complimentarci per la sua cucina e sfoderare i sorrisi più smaglianti. Dovevamo indossare le nostre divise e cantare cori natalizi. Eravamo costretti a comportarci in maniera impeccabile—e pensare che quello era il nostro "tempo libero". Imparammo presto che se volevamo essere nell’esercito dello Zio Sam dovevamo diventare degli spara-cazzate di prima categoria.

Quando non lo facevamo, venivamo esclusi dall'“addestramento”. Petraeus non poteva dire di no a un suo superiore, per cui ci comportavamo come scimmie ammaestrate per chiunque lo richiedesse. Abbiamo mostrato il nostro spirito di guerrieri feroci agli ambasciatori di Brasile, Belize e Bangladesh. Ci siamo lanciati dagli aerei e siamo atterrati sull’asfalto duro in qualche zona di bifolchi del Mississippi per il Senatore Trent Lott. E abbiamo liberato un finto villaggio da un dittatore sudamericano per il Senatore Strom Thurmond.

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Petraeus assegnò all'autore qualche stupido riconoscimento per un'impresa che nemmeno ricorda.

Non dimenticherò mai l’ultima esperienza, perché probabilmente aiutò Petraeus a raggiungere la sua amata meta. Un giorno tirai su il bastoncino più corto: il mio plotone era stato scelto per dimostrare le capacità del nostro dipartimento. Petraeus ci aveva iscritto per dimostrare come i migliori guerrieri d’America eseguissero senza problemi "operazioni militari in contesto urbano". Stavano mettendo in scena uno spettacolo per Thurmond, quel vecchio musone donnaiolo, quel grande razzista centenario dixiecrat. Era il rappresentante della Carolina del Sud e presidente dell’onnipotente Armed Services Committee del Senato—in pratica, un elemento fondamentale per l'ascesa di David Petraeus.

Per preparare quel circo ci vollero giorni. Dapprima per scegliere i sergenti più belli (sul serio), poi per lucidare le nostre attrezzature affinché sembrassero oggetti di scena holliwoodiani nella mani di John Wayne e Audie Murphy. Ci esibimmo più volte davanti e Petraeus in preparazione di Thurmond. Dovevamo muoverci da robot; entrando e liberando le stanze con gli AR-15 e la presa del diavolo pronta. Il nemico (un'accozzaglia di ribelli maldestri e incompetenti con indosso uniformi di battaglia messe al contrario) moriva sul colpo, inscenando con dei gemiti la melodrammatica morte dei cattivi ragazzi. Alla fine un inaspettato elicottero nero del XVIII corpo Airborne scese e evacuò le nostre povere vittime, dimostrando ai contribuenti che, come in Black Hawk Down, non avremmo mai, mai, lasciato indietro un soldato coraggioso. Avevamo imparato tutto a memoria. Ci spostavamo a sinistra, destra, sinistra. Urlavamo, "Uno, Libera!" Facevamo fuoco per due volte: Boom! Boom! Aprivamo le porte a calci con i nostri stivali lucidi. Colpivamo i bastardi spacciatori di droga e li lasciavamo contorcersi e poi morire, perché i cattivi devono soffrire. Infine, dovevamo contattare via radio l’HQ e riferire con il pollice all’insù che avevamo vinto.

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Urrà per l’America.

La provammo anche di notte. Poi di nuovo durante il giorno, con Petraeus a guardare.

Disse che eravamo bravi, ma dovevamo fare di meglio, e così il Diavolo Sei, il nome del suo segnale radio, ordinò alla nostra squadra di meccanici di accendere un grande generatore da otto kilowatt, a quattro ruote, per alimentare le luci multicolore di Natale appese tutto intorno al campo dove la nostra performance avrebbe avuto luogo. Un televisore da 36 pollici e una videocamera erano lì per riprendere le nostre bravate. Petraeus fece installare delle gradinate. L'unica cosa che mancava era un pagliaccio patriota su un monociclo. Tutti questi salti mortali per la carriera di Diavolo Sei.

Le apparenze divennero ancora più importanti con l’avvicinarsi del giorno dell'esibizione. Dovevamo inamidare e stirarci le uniformi. Ci siamo dovuti rasare due volte. I rivestimenti dei nostri elmetti Kevlar vennero stirati. Capelli ribelli e polvere vennero tolti delle nostri uniformi da battaglia con il nastro adesivo. Tutto nel nostro equipaggiamento doveva essere nero e lucido. Le finte vittime dovevano rimanere sdraiate. Ogni mano che si vedesse doveva stare dritta come la punta di un coltello. La seggetta delle latrine sembrava il tesoro lucidato della Sierra Madre. La strada doveva essere ripulita da ogni erbaccia e sasso con il diametro più grande di tre quarti di pollice. Nessuna cosa vivente poteva strisciare o crescere sul sentiero del capo delle Forze Armate.

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Qualcuno accidentalmente definì questa messinscena un circo, a una distanza udibile da Petraeus. Quell’uomo venne trascinato in una jeep per un viaggio di sola andata alla base. Non è permesso nessun sarcasmo—solo uomini, prego. Questo spettacolo circense richiedeva servilismo e buone maniere.

Quando Thurmond finalmente arrivò, i suoi aiutanti vestiti in cachi e blazer blu lo accompagnarono a fare un giro. Questa era la gente che prendeva le decisioni. Thurmond aveva la paralisi e tremava come un epilettico. Considerato che poteva a malapena camminare, i suoi aiutanti lo sistemarono su un triciclo motorizzato (dovemmo pulire in anticipo il vano per  sedia a rotelle  con un miscuglio di disinfettanti; la verniciammo anche di verde militare).

Thurmond fu trasportato al suo posto di osservazione, e Petraeus diede l'ordine al comandante della mia compagnia, che poi lo passò a me. Feci lo stesso col sergente-Adone, che poi trasmise la comunicazione al caporalmaggiore dalla mascella quadrata, il quale azionò tutto l'apparato. I robot entrarono in azione. I finti insorgenti sudamericani, con quei loro baffi da codardo alla Snidely Whiplash furono uccisi. Gli elicotteri scesero a terra. Era andato bene.

Il senatore Thurmond applaudì e diede una pacca a Petraeus.

“Bravi ragazzi,” disse in tono di approvazione. Un lungo filo di saliva bianca fece capolino tra le sue labbra. “Che bel gruppo di soldati!”

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“Sì signore,” rispose Petraeus raggiante. “Senza dubbio, signore.”

“Mi piace,” continuò Thurmond. Poi fece un cenno all'assistente, che si mise ad annotare qualcosa.

Quel giorno, Petraeus ce l'aveva fatta. Da quel momento sarebbe stato un generale.

Accompagnarono Thurmond a bordo di un furgoncino, poi misero in moto e se ne andarono. Rimanemmo sull'attenti, col braccio a saluto fino a che non lo perdemmo di vista.

Il comandante si rivolse a me. “Stacca il generatore."

“Sì signore.”

Lo facemmo per anni, tutto per Petraeus.

Qualche mese prima che se ne andasse, Diavolo Sei venne a fare da supervisore a una delle esercitazioni della mia unità. Nel frattempo i capelli mi erano cresciuti, e avevo messo su qualche chilo. Stavo per dire addio all'esercito—ne avevo abbastanza, e le mie illusioni su quel sistema erano quasi del tutto svanite. Avrei rassegnato le mie dimissioni, nello stesso momento in cui Petraeus era nel pieno della sua fulminea e folle scalata ai vertici. Viaggiavamo alla stessa velocità, ma in direzioni opposte. Mi sorprese a fingere dei piegamenti e fui chiamato da parte per un colloquio.

“Qual è il suo nome, soldato?” chiese.

Rimasi sull'attenti. “Larkin, signore.”

“Qual è il suo grado?”

“Capitano.”

“Capitano Larkin, dovrebbe vergognarsi di se stesso, fingere i piegamenti.”

Scrollò la testa e rimase così per un istante. I nostri occhi si incontrarono.

“Non sta dando l'esempio ai suoi uomini.”

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“Sì, signore.”

“Si sta disonorando, Capitano Larkin. Ne è consapevole, vero?”

“Sì, signore.”

“Ha bisogno di un taglio di capelli. E sembra proprio che dovrebbe essere pesato.”

“Sì, signore.”

Mormorò qualcosa al suo aiutante e se ne andò. Lo salutai. Fu l'ultima volta che vidi Petraeus.

Ora, quasi vent'anni dopo, mi immagino il vecchio guerriero con i pantaloni dell'uniforme calati alle ginocchia. È lì ad agitarsi sotto la scrivania, e coi fianchi spinge verso l'inguine della sua biografa.

È lui il fottuto disonore.

Duncan Larkin è un giornalista freelance che ha scritto per ESPN.comRunning Times Competitor. Il suo primo libro, Run Simple, è uscito a luglio.