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Professione: ghostwriter per gli studenti dell'élite cinese

Prego Cina, non c’è di che. In futuro, quando guarderai i tuoi armatori multimilionari, i tuoi giganti dell’informatica, i tuoi diplomatici, ricordati che una piccola manciata di loro ha ricevuto una prestigiosa laurea americana grazie alla...

Illustrazioni di Ketch Wehr

Prego Cina, non c’è di che. In futuro, quando guarderai i tuoi armatori multimilionari, i tuoi giganti dell’informatica, i tuoi diplomatici, ricordati che una piccola manciata di loro ha ricevuto una prestigiosa laurea americana (anche) per merito della sottoscritta.

Sono una contrabbandiera di temi di ammissione alla Ivy League, e negli ultimi tre anni ho scritto più di 350 essay per altrettanti ricchi studenti cinesi. Anche se i miei clienti variavano da benefattori coscienziosi a figlie di magnati industriali che comunicavano prevalentemente attraverso emoji, hanno tutti una cosa in comune: non sono in grado di scrivere frasi dotate di senso.

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Ogni tanto questa incapacità è frutto di una barriera linguistica, ma alcune volte i candidati in questione non riescono semplicemente a capire cosa si aspetti da loro la commissione di un college americano. Che sia per un motivo o per l'altro, sono sempre stati disposti a pagarmi più di quanto non abbia guadagnato facendo la cameriera.

Anche se—come alcuni miei clienti—sono una coreana-americana di seconda generazione, non mi sono mai sentita in obbligo di diventare dottoressa o avvocato. Mi sono laureata in storia dell’arte, e dopo la laurea mi sono barcamenata tra lavori interinali e contratti a tempo determinato. Passavo le giornate a oziare a letto. Leggevo gli status Facebook dei miei amici che finivano le scuole di specializzazione legale e iniziavano il lavoro dei loro sogni e mi chiedevo se avrei mai lasciato quella casa. Non sapevo che fare della mia vita, o se possedessi qualche abilità in grado di sostentarmi. Questo, fino a che un amico non mi ha suggerito di aiutare gli studenti asiatici benestanti a trovarsi un posto nelle migliori università americane.

Così ho iniziato a scrivere i loro essay, e in breve tempo sono passata da guadagnare 8,50 dollari l’ora come camera al guadagnarne 2.000 in due settimane. In una sola sessione ho scritto più di 100 temi e guadagnato abbastanza da pagarmi le bollette per tutto il resto dell’anno, finire di pagare la mia macchina e—come ricompensa per le mie mani—sottopormi alle sedute di manicure giapponese da 150 dollari ogni due settimane.

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Per ogni nuovo cliente seguivo una procedura che prevedeva, come prima cosa, un’intera giornata faccia a faccia. Cercavo di conoscere a fondo ogni angolo della sua vita: la sua storia familiare, la situazione finanziaria della sua famiglia e i suoi segreti d’infanzia. Cercavo di individuare un momento di dolore o umanità che fosse credibile e che potessi usare come punto di partenza per sviluppare uno scritto su un tema più universale, come l’empatia o l’umiltà.

Prendiamo l'esempio di una ragazza—che per comodità chiamerò Wei: si era sempre chiesta come mai i genitori sembrassero molto più felici nelle vecchie foto. Da piccola pensava che fossero tristi perché pur non volendo figli ne avevano avuto uno, e per di più una femmina. Ma poi, crescendo, si era accorta che per mantenerla i suoi genitori facevano grandi sacrifici. I loro sorrisi si erano trasformati in espressioni preoccupate quando avevano deciso di sacrificarsi per la loro figlia. Capito questo, Wei aveva realizzato che l’amore si presenta sotto molte forme diverse.

Certo, con “grandi sacrifici” intendo che i genitori possedevano un’azienda da milioni di dollari. Wei e sua madre frequentavano regolarmente una spa, mentre il padre andava in giro per il mondo a concludere grossi affari. Ma Wei aveva detto di aver visto delle foto in cui i suoi genitori sembravano più felici—avrei potuto puntare su quest’elemento per mostrare la sua capacità di introspezione. Ho inventato qualche dettaglio? Certo. Quella che ho scritto per Wei sembrava una storia da cartolina? Sicuro. Ma—e questa è la cosa importante—alla fine è riuscita a entrare nell’università di prim’ordine per cui aveva fatto domanda? Certo che sì.

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Come per ogni lavoro losco che si rispetti, anch’io ritiravo i miei compensi in luoghi prefissati, spesso all’interno di supermercati o da Starbucks. Non c’era bisogno di portare gli occhiali da sole e il cappotto con il bavero alzato, eppure ogni volta che ricevevo una busta piena di soldi dovevo mandar giù un sacco di scrupoli etici. Sapevo che per ogni ricco cinese che aiutavo c’era una decina di americani in difficoltà che avrebbero avuto altrettanto bisogno d’aiuto.

Ma le questioni morali si esaurivano più o meno in quel contesto. Quando il mio nome e il servizio che offrivo hanno iniziato a diventare conosciuti, mi sono ritrovata ad avere più clienti di quelli che avessi il tempo di aiutare. Non potevo intervistarli tutti, e dovevo trovare un modo per velocizzare la scrittura dei temi. La soluzione: parlare delle mie esperienze personali.

Una sera di dicembre ho usato uno dei momenti più imbarazzanti della mia esistenza come spunto per la lettera di ammissione di una ragazza di 17 anni che si era sempre potuta permettere tutto ciò che desiderava. L’evento risaliva a poco dopo che mio padre se n'era andato di casa, quando ero bambina, lasciandoci in una situazione a dir poco tragica. Non avevamo acqua e luce, e mia madre faceva diversi lavori per mantenerci. Dal momento che eravamo senza elettrodomestici, per il bucato andavamo alle lavandierie a gettoni. Un giorno mia madre lasciò la nostra roba in lavanderia mentre sbrigava delle commissioni. Quando tornò si accorse che i nostri vestiti erano stati rubati—e non ne possedevamo molti altri. Così mia madre portò me e mia sorella da un negozio di seconda mano. Il giorno dopo, a scuola, scoprii che un mio compagno di classe mi aveva vista al negozio. Iniziò a prendermi in giro e mi diede della “povera” davanti a tutti.

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Questa storia era oro puro. Potevi rigirarla come volevi, e avrebbe funzionato, dal momento che gli studenti adorano le storie di riscatto sociale.

Il problema era che nella mia vita tutto questo riscatto non c'era poi stato. Ero seduta di fronte al PC, e mi preparavo a vendere una parte della mia anima ancora ferita per 400 dollari. Senza fare una piega, ho mandato lo scritto alla mia cliente diciassettenne.

La perdita mi ha colpito immediatamente. Fissavo il computer e mi sentivo un’estranea. Ogni volta che usavo i miei ricordi e le mie debolezze per scrivere per i miei clienti avvertivo una parte di me che scompariva. Già annaspavo in quel vuoto senza direzioni che è la vita dopo l'università, e come se non bastasse stavo anche perdendo l’unico punto di riferimento che avevo: me stessa.

Non so bene cosa mi aspettassi in cambio da quella studentessa. Avrebbe avvertito il dolore dietro quella storia, si sarebbe interrogata sull'usare le esperienze altrui in un contesto del genere? Mi avrebbe chiamato per ringraziarmi per aver tagliato via una parte del mio cuore? Più tardi ho ricevuto la sua mail. Conteneva una sola parola: “grazie”. Mi ha lasciato basita. Ho pensato a quel maglione del negozio dell'usato che mi faceva prudere da matti, specialmente dopo il contatto con le lacrime a seguito delle prese in giro del mio compagno. Ho spento immediatamente il computer.

Lo stile di un saggio di ammissione è molto specifico, specialmente quando scrivi dalla prospettiva di uno studente straniero. Devi rappresentare le caratteristiche che ci si aspetta di rintracciare in lui e al tempo stesso combattere anche contro tutti gli stereotipi negativi. Devi essere timido e idealista, ambizioso e generoso, riservato ma onesto. Alla fine di ogni anno accademico di lavoro giuravo sempre che avrei smesso, ma non ho idea di cosa sarà del mio futuro. Posso negarlo quanto voglio, ma so che questo autunno sarò seduta di fronte a un computer alle due di notte a scavare nella mia mente in cerca di un altro pezzetto da vendere.