FYI.

This story is over 5 years old.

esperimenti

Mi sono informato solo tramite pagine Facebook grilline per una settimana

Per il M5S internet è fondamentale, ed è per questo che là fuori esiste una specie di Facebook parallelo.

Internet. È la prima parola che ti viene in mente quando pensi al Movimento 5 Stelle, dopo tutte le pippe che ci hanno fatto sulla rete, la democrazia diretta, le votazioni online e i video distopici di Casaleggio sul futuro della razza umana. E qual è la prima cosa che ti viene in mente se pensi a internet? Facebook, ovviamente. Quindi non c'è da stupirsi se Facebook è sempre stato uno dei canali più usati dal Movimento 5 Stelle, sia per la comunicazione istituzionale—vedi ad esempio, pochi giorni fa, la conferenza stampa in cui Pizzarotti ha annunciato il suo addio al Movimento, fatta con una diretta Facebook—sia per la comunicazione tra militanti e simpatizzanti.

Pubblicità

È per questo che là fuori esiste un vero e proprio Facebook parallelo frequentato solo da militanti grillini e occasionali troll del PD, un mondo composto da decine e decine di pagine dai nomi tipo "opinioni, informazioni, emozioni" (11mila like) e gruppi tipo "CLUB LUIGI DI MAIO" (55mila membri) dedicati alla discussione politica e alla diffusione di notizie e informazioni. Un enorme bacino d'utenza di cui dobbiamo tenere conto quando le strategie pubblicitarie basate sul clickbait di siti tipo TzeTze ci sembrano incomprensibili.

In un momento politico delicato come questo, in cui il referendum del 4 dicembre si avvicina e la propaganda procede in tutta forza, è naturale che questo ecosistema di pagine e gruppi Facebook grillini sia in fermento. Per capire se tutti i meme che produce sono effettivamente in grado di spostare voti, ho deciso di fare un esperimento: per una settimana mi sarei informato esclusivamente tramite pagine Facebook grilline. Niente giornali, radio, tv: mi sono addirittura fatto un nuovo profilo per avere un feed occupato esclusivamente dall'onestà.

LUNEDÌ - PIZZAROTTI LASCIA IL M5S

Ho iniziato lo scorso lunedì e subito è arrivata la notizia dell'addio di Pizzarotti al Movimento 5 Stelle. Ovviamente, per tutta la giornata non si è parlato d'altro. Così ho potuto constatare una delle caratteristiche peculiari del Facebook grillino: la sua monotonia. Se c'è un argomento del giorno si parla esclusivamente di quello, se non c'è ci si trascina dietro i resti delle discussioni sugli argomenti dei giorni precedenti.

Pubblicità

Comunque sia, Pizzarotti ha dominato le scene sia per la sua rilevanza interna al Movimento—essendo stato il primo sindaco grillino d'Italia—sia perché lui stesso come detto sopra ha usato proprio Facebook per annunciare la sua decisione. Già durante la diretta, la mia home era piena di post dai toni abbastanza accesi, mentre nei gruppi a cui sono iscritto gli davano direttamente del "pezzo di merda" e del "colluso col PD". In particolare, questa foto è stata condivisa tantissimo in quanto "prova schiacciante" della malafede di Pizzarotti, con didascalie tipo "un vero grillino non si farebbe fotografare con Renzi/non gli darebbe la mano/non terrebbe una foto di Napolitano incorniciata."

Grab via Facebook.

Quando non lo insultavano, le reazioni sembravano di felicità. Erano in molti a commentare con "finalmente" o "ci vediamo alle prossime comunali." Altri si chiedevano "che accordi ha fatto con il PD."

In generale il sentimento popolare era riassunto bene dalla vignetta di Marione—il vignettista ufficioso del M5S, di cui parleremo più avanti—dedicata alla vicenda e dalla didascalia che accompagnava la foto, condivisa da una delle tante pagine grilline che seguivo: "Pizzarotti: 'Non sono io ad essere cambiato, è il movimento'. Esatto. E sai perché? Perché il movimento è in continua evoluzione, non è rigido. Non è una setta. Tu non sei cambiato, sei sempre lo stesso rompicoglioni che da subito ha cominciato a instillare veleno, creando le prime gelide correnti anti Beppe, mettendo gli uni contro gli altri, cercando dialogo con i dissidenti e le parti avverse il nostro movimento."

Pubblicità

Non ho potuto farci niente: a fine giornata odiavo un po' anch'io Pizzarotti.

Ma lunedì è stato anche il giorno in cui ho notato per la prima volta quest'immagine contro Myrta Merlino e il suo programma L'aria che tira, in cui si invitava a boicottare le aziende che si fanno pubblicità nel programma. Lì per lì mi è sembrata una cosa piuttosto strana e insensata. Non potevo immaginare che qualche giorno dopo il boicottaggio sarebbe uscito dalle pagine Facebook grilline per arrivare sui media nazionali, diventare TT su Twitter e obbligare più o meno tutti ad avere un'opinione al riguardo.

Grab via Facebook

MARTEDÌ - SETTIMO ANNIVERSARIO DELLA NASCITA DEL M5S

Ma l'odio per Pizzarotti non è durato molto. Nel giro di 24 ore la questione era già stata messa da parte, perché martedì c'era da festeggiare il settimo anniversario della nascita del Movimento 5 Stelle. Non so cos'altro sia successo martedì. Ho visto solo meme di auguri di vario tipo e foto di Beppe Grillo che spegne le candeline su una torta.

La monomania dei grillini ha fatto passare in secondo piano persino il risultato della perizia su Cucchi, di cui—a quanto mi hanno riferito persone che la scorsa settimana l'hanno passata nel mondo reale—si è parlato moltissimo su tutti i media nazionali. Ecco, nel mio feed non è comparsa. Nemmeno una volta.

In compenso, ho potuto vedere almeno dieci milioni di volte questa splendida vignetta.

MERCOLEDÌ - BENIGNI

Pubblicità

Mercoledì la situazione è tornata alla normalità. La giornata è stata ovviamente dedicata quasi interamente alla riforma costituzionale, ma l'argomento è stato trattato da un angolo insolito. E con "un angolo insolito" intendo "miliardi di meme che convogliavano insulti nei confronti di Roberto Benigni." La colpa di Benigni era quella di essersi schierato per il Sì al referendum, dicendo che "la vittoria del No sarebbe peggio della Brexit."

Secondo quanto sono riuscito a ricostruire, il polverone si è alzato seguendo questa dinamica: prima c'è stato il monologo di Crozza a Di Martedì; poi è arrivata la solita vignetta di Marione; poi, quest'ultima è stata ripresa da Beppe Grillo in persona sul suo blog e da lì le pagine grilline si sono scatenate e hanno iniziato a sfornare caterve di meme su "Johnny Lecchino"—come era stato soprannominato Benigni, giudicato colpevole di aver rinnegando tutti i suoi discorsi sulla "costituzione più bella del mondo" scegliendo supportare la riforma.

Come per la questione del boicottaggio alla Findus, anche in questo caso ho potuto constatare come un buon numero di trend che diventano virali in Italia nascano e partano dall'universo delle pagine Facebook grilline. Non perché il Movimento 5 Stelle sia composto esclusivamente da sofisticati trend setter e influencer, quanto perché quella grillina è l'unica comunità virtuale con una massa critica sufficiente a far diventare virale una cosa da un momento all'altro e con una fede cieca in un ideale che spinge i suoi membri a condividere compulsivamente qualunque cosa possa in qualche modo aiutare la loro causa.

Pubblicità

Ma anche se dominava completamente la scena, non c'era solo Benigni. Ho visto girare ad esempio anche il pezzo del Financial Times in cui le riforme di Renzi venivano definite "un ponte verso il nulla." Anche in questo caso la formula era simile: vignetta di Marione, commento di qualche esponente politico o portavoce, meme dozzinali. In questo caso quest'ultimo passo è mancato, probabilmente per la complessità dell'argomento che non si prestava troppo bene.

GIOVEDÌ - BOICOTTAGGIO FINDUS

Giovedì è stato il giorno in cui ho iniziato a realizzare che i contenuti che vedevo circolare erano sempre gli stessi. Prima mi sembrava che fossero i temi a variare poco, ma giovedì ho capito che non era così. Erano proprio gli stessi post, gli stessi video e le stesse vignette a venire condivisi da pagine diverse in un perenne ricircolo di contenuti.

Le polemiche su Benigni continuavano, ma era più che altro perché ormai erano uscite dal mondo delle pagine grilline e ne stavano parlando un po' tutti. Nonostante questo doveva essere ancora un tema parecchio sentito, visto qual era la vignetta del giorno di Marione—che nel frattempo era diventato la mia bussola per orientarmi in mezzo a tutto quel rumore di fondo, l'unico che mi sembrava avere sempre chiaro il polso dei temi nell'universo grillino.

Ma accanto alle polemiche su Benigni stava montando sempre di più la campagna di boicottaggio contro le aziende che si fanno pubblicità dentro L'aria che tira—nel frattempo diventata, in quel gioco tipo telefono senza fili fatto di condivisioni e ricondivisioni tra le varie pagine—una campagna di boicottaggio contro la Findus.

Pubblicità

A questo punto ho iniziato a capire realmente quanto il grillino medio su Facebook sia bombardato di propaganda. Finché non ne fai esperienza diretta è difficile rendertene conto e inevitabilmente i comportamenti dei grillini su Facebook ti sembrano strani.

Quando ci stai dentro per qualche giorno capisci: in mezzo a tutte queste pagine che ti tirano addosso meme sul no al referendum e ti urlano nelle orecchie in caps lock che Pizzarotti è un traditore finisci per forza a condividere se non proprio le loro idee almeno le fondamenta su cui si basa la loro visione. È una logica da culto. E in più c'è una sorta di normalizzazione del clickbait, della condivisione ossessiva, del sensazionalismo: tutto questo ti cade addosso da ogni lato e finisce per sembrarti assolutamente normale. Probabilmente succede lo stesso anche per altri partiti, ma non credo a questi livelli; il caso del Movimento 5 Stelle è una peculiarità proprio per la centralità di internet e della propaganda su internet e per le dimensioni raggiunte dalla massa critica dei suoi simpatizzanti su Facebook.

VENERDÌ - ?

Venerdì non c'era un vero argomento del giorno di cui parlare ma tutte le pagine continuavano a spingere i classici temi di propaganda, come Virginia Raggi—che in 100 giorni ha fatto più dei partiti in 20 anni, un vero e proprio ciclone nella capitale che ha spazzato via il malaffare—e la riforma costituzionale, il Sole attorno a cui hanno ruotato per tutta la settimana del mio esperimento tutti gli altri temi della propaganda grillina, con il No presentato come scelta della ggente sponsorizzata persino dai fruttivendoli in contrapposizione ai manifesti sugli autobus della campagna per il Sì.

Pubblicità

Un'altra cosa che ho notato è il modo in cui qualunque persona con un minimo di notorietà che diceva qualcosa contro Renzi venisse istantaneamente elevata a campione delle libertà civili. Con il risultato che personaggi improbabili come Leonardo Pieraccioni e Sabrina Ferilli venivano elogiati come dei novelli Silvio Pellico.

Il che mi ha ricordato il meccanismo che esisteva ai tempi della contrapposizione Berlusconi-resto del mondo, in cui qualunque personaggio osasse dire qualcosa di anche solo vagamente antiberlusconiano veniva celebrato come un'icona della sinistra. Il motivo per cui Travaglio ha uno stipendio da 20 anni a questa parte, insomma.

Da questo punto di vista, le similitudini non si fermano lì. Anche le retoriche, oggi declinate in meme contro Renzi, sono esattamente le stesse che dieci anni fa venivano usate contro Berlusconi—i banner "Berlusconi vattene" o "Berlusconi non è il mio presidente," le battute sul nano di Arcore, e via dicendo.

Tutto questo sembrava sparito, invece è rimasto tale e quale: ha solo cambiato bersaglio. In pratica, stare dentro l'Internet a 5 stelle è come stare dentro la Delorean e tornare al 2006. O almeno, è la migliore spiegazione che ho trovato a meme come questo.

Ecco, probabilmente l'unica cosa che ho imparato davvero dall'esperienza è questa. Proprio quando pensavamo che quel "particolare" periodo storico fosse finito per sempre e si potesse tornare alla normalità, è arrivata un'altra forza politica e un altro movimento popolare a raccoglierne l'eredità culturale, in tutti i sensi.

I meme beceri sul votare Renzi paragonato al vizio del fumo ci ricordano che—anche se a un certo punto ci siamo convinti che non fosse così—Berlusconi e il berlusconismo non erano la malattia ma soltanto il sintomo di qualcosa di più radicato. Abbiamo sottovalutato il problema e abbiamo lasciato che peggiorasse.

Le teorie del complotto sulle toghe rosse si sono trasformate in interrogazioni parlamentari sull'esistenza delle sirene, e il vittimismo berlusconiano si è fatto sistema: o sei con Noi oppure sei un servo dei Poteri Forti, non ci sono vie di mezzo. E l'idea di passare un altro ventennio in un clima del genere appare ancora più terribile.

Segui Mattia su Twitter