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Música

Un inutile ma obbligatorio dibattito sull'anima di Iggy Pop

L'ha forse venduta al capitalismo?

Da anni, l'anima di Iggy Pop è al centro di un dibattito su scala globale. L'ha venduta? E se sì, a chi? È mai esistita, e—in caso contrario—i primi trent'anni della sua vita sono stati solo una grande, cinica messa in scena?

La settimana scorsa, il nostro Global Editor Andy Capper si aggirava tranquillo per la metro di Parigi,  quando, voltato un angolo, si è trovato di fronte un poster di Iggy che mostrava il suo ghigno alla Lust for Life in versione "Buone feste" per pubblicizzare i grandi magazzini Galeries Lafayette. Quando li abbiamo contattati, hanno cercato di giustificare il manifesto sostenendo che "Babbo Natale è una rock star!"

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"Iggy Pop è l'icona rock per eccellenza," hanno proseguito. "Ancora oggi, a 64 anni, incarna l'attitudine rock'n'roll. A petto nudo, con pantaloni di pelle e una chitarra elettrica, il Babbo Natale 2011 delle Galeries Lafayette farà rockeggiare il Paese per l'intero periodo natalizio, attraverso quest'immagine immediata, che salta fuori dal cartellone."

Insomma, che cazzo succede? Ci siamo inventati due giornalisti, per permettergli di aggiungere la loro insignificante voce al coro di opinioni sull'argomento, anch'esso insignificante. E che, sul lungo periodo, probabilmente non avrà nessuna rilevanza. Nessuna.

LA BELLA FACCIA DI IGGY THE PIGGY FINIRÁ ALL'INFERNO

E poi, cos'altro? Il bagno-doccia Raw Power? Il Passenger di prima classe su voli Virgin? Sky TV Eye? Ridete, ridete, vi assicuro che molti di questi suggerimenti sono intenzionalmente comici. Ma per la stessa ragione, il confine tra l'ilarità e il tragico è sottilissimo, quando si parla di Iggy Pop—a cui da ora in poi mi riferirò come Jim Ostenberg, perché, onestamente, ha perso il diritto di portare il nome che l'ha reso famoso. Con la sua ultima trovata, ha retroattivamente rovinato la mia infanzia, e quella di milioni di altri, più di quanto avrebbe fatto un pedofilo dotato di macchina del tempo.

Mi addolora ripensare alla prima volta che ho visto una sua performance, posto che, ormai, ha rovinato del tutto ogni mia sensazione di quel giorno. Ricordo di aver visto Mr.Ostenberg esibirsi per la prima volta al Tap'n'Tin di Chatham nel 1973. A quel tempo, ovviamente, non era assolutamente pubblicizzato, anche se aveva fatto un pezzo con David Bowie. In effetti, era praticamente l'artista più sconosciuto del pianeta, pur avendo firmato un contratto con la Columbia Records. Infatti, non c'era proprio nessuno—solo io e la band e lo staff del locale. E anche loro si aggiravano sibilando che questo genere di musica non avrebbe mai fatto il botto e che lui avrebbe fatto meglio a prendere armi e bagagli e tornare a casa a farsi una vita tranquilla.

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Ma io avevo visto oltre. Fu una performance esplosiva: Ostenberg, nei suoi pantaloni di pelle nera, si contorceva sul pavimento come posseduto. Mi lanciai verso il telefono a gettoni più vicino per comunicare a tutti quelli che conoscevo che avevo visto il futuro. "Ciao, come va?" Iniziavo, sfogliando la mia rubrica. "Senti, sto per finire il credito, ma c'è questa cosa che si chiama punk rock che in pochi anni emergerà. Sarà una storia di pantaloni di pelle e sputi, e porterà davvero al postmoderno la distribuzione e la presentazione della musica rock, e poi verranno i Sigue Sigue Sputnik, ma non corriamo troppo…"

Ovviamente nessuno mi diede corda. Ma dopo esserci sorbiti anni di Eagles, quando il punk rock cominciò finalmente a sentirsi in giro, non solo ebbi la mia vendetta, ma ne fui completamente esaltato. Ecco, finalmente, c'era una forma d'arte che poteva essere completamente libera dallo sporco capitalismo commerciale. Uscii e immediatamente comprai tutti i cd punk nel Woolworth all'angolo, insieme a varie spille, poster e un paralume con la scritta "I Love Punk."

Da quel momento in poi sono stato un suo grande fan, quindi immaginate il mio orrore quando vidi i primi cartelloni pubblicitari di Ostenberg per Swiftcover, con il mio eroe che sculettava e usava le sue labbra gommose per pubblicizzare assicurazioni auto. Quella campagna mi irritò talmente tanto da spingermi a non comprare più assicurazioni auto. Vado avanti così da tre anni, e se faccio un incidente, sarà colpa di Ostenberg, perciò il conto possono mandarlo direttamente a lui.

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E la beffa più grande è che citando per amor di dibattito questi prodotti, stiamo solamente mandando acqua al loro mulino, pura pubblicità gratuita. Come la O2 con il suo Millennium Dome, la Emirates con il suo stadio, la Barclays con le sue bici… diavolo, lo sto facendo di nuovo. Voglio dire, non è buffo? È proprio quello che vogliono, e noi, per dare voce al nostro dissenso, dobbiamo fare quello che vogliono. Non c'è un cazzo di modo di averla vinta. Aaargh!

TONY KENT

Siete incazzati e anche un po' delusi che questa visione dell'anima di Iggy Pop non corrisponda alla vostra? Non importa! Date nuova forza alle vostre opinioni pregresse e incrementate allo stesso tempo gli indici di lettura del nostro sito cliccando sulla pagina due. Tutti hanno ragione, su Internet.

IGGY HA IL DIRITTO DI VENDERE

Non devo essere io a dirvi che nella nostra società postmoderna e tecnologico-consumistica, vendersi è un concetto quanto mai fuori moda. La verità è che nessuno può più "vendersi" perché non c'è più nulla a cui ribellarsi.

La società non è più divisa in buoni contro cattivi. Ti piacciono le cose, vero? Ti piace comprarle? Allora hai bisogno di qualcuno che te le venda. Ecco, ho una novità per te, amico: questo vuol dire che accetti per contratto che le aziende producano cose e tentino di vendertele. Osserva attentamente  la faccia che ti osserva di rimando dallo specchio. Gli occhi vacui. Le rughe d'espressione. Quella è la faccia del cattivo. Tu SEI il cattivo.

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La verità è che tutti noi amiamo segretamente i prodotti. Soprattutto quelli pubblicizzati da personaggi che ci piacciono, e allora perché no? Personalmente, preferisco palesare la mia ammirazione per Iggy Pop comprando un'assicurazione auto che mi ha venduto lui, piuttosto che comprarne una da Michael Winner, per dire.

Voglio dire, stimeremmo meno Beethoven se avesse prestato la faccia per la pubblicità di un'assicurazione auto, in una serie di grossolani spot pubblicitari in onda di primo pomeriggio? Stimeremmo meno Kafka se la sua brutta faccia ghignante apparisse sotto uno slogan verde fluorescente ogni volta che inavvertitamente muovessimo il cursore su un banner? No. Stimeremmo meno Nelson Mandela se si vestisse da folletto e si mettesse a correre in giro urlando "I prezzi di Ryanair per questo Natale sono DA PAZZI!"? Certo che no. Ma allora, perché ci stiamo accanendo contro i musicisti famosi, usandoli come capri espiatori?

Ed è per questo motivo che mi sento di dire "buon per Iggy," che finalmente è riuscito a fare un po‘ di grana. Lo sanno tutti che non ha fatto praticamente un soldo con gli Stooges, quando stavano insieme. E non ne avrà praticamente guadagnati, da allora, con i proventi di tre reunion tour, che hanno registrato il sold out in ogni data; con trent'anni di "Lust for Life" o "Nightclubbing" a tutto volume nelle colonne sonore di qualsiasi spot o film; con le sue ultime quattro campagne pubblicitarie; con la riedizione dell'intera discografia degli Stooges; con un'autobiografia in uscita; e con i suoi salatissimi cachet per ogni apparizione.

Si potrebbe persino pensare che Iggy sia un vero ribelle dentro, uno che ha deciso che il modo migliore per ribellarsi alle multinazionali è prendersi la loro grana vendendogli i diritti sulla sua faccia, corpo, voce e pensiero. Penso che ne sarebbe capace—Iggy è proprio quel tipo di pioniere che porta la ribellione al prossimo stadio. È diventato il nuovo cattivo in grado di distruggere il cattivo. Ecco l'Iggy che piace a noi.

NICK PARSONS