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Cultura

Foto di un aborto

La donna che ha fotografato il suo feto abortito ci parla di cosa significa essere famosa per qualcosa di cui molte hanno paura di parlare.

Fino a una settimana fa, se mi aveste chiesto di trovare la foto di un aborto mi sarei sentito in difficoltà. Poi, negli Stati Uniti, una donna anonima ha lanciato il sito www.thisismyabortion.org, nel quale ha raccolto le foto che è riuscita a scattare senza farsi notare durante la procedura abortiva a cui si è sottoposta. Il sito ha rapidamente fatto il giro della Rete ed è stato condiviso su Reddit, su Twitter e su qualunque altra piattaforma dove possano essere condivisi dei link. Mentre il suo sito ha riacceso l’eterno dibattito sull’aborto, la donna, che si fa chiamare “Jane Doe”, è diventata una celebrità. Ha scritto un editoriale per il Guardian e ha accettato di rilasciare interviste a praticamente ogni testata o sito, inclusa la sezione finanziaria di Business Insider. Anche a me sono venute in mente alcune domande da porle, perciò le ho inviato una e-mail (la donna non rilascia interviste telefoniche per questioni di sicurezza personale). Nonostante avesse detto di essere diventata strabica a causa dei giorni trascorsi davanti al computer, mi ha risposto subito.

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VICE: Sul tuo sito fai intuire che la decisione di scattare quelle foto sia stata solo un impulso del momento in risposta ai manifestanti che, fuori dalla clinica, sventolavano cartelloni anti-abortisti con le immagini di feti. È andata proprio così, o ci avevi già pensato?
Jane Doe: È stata una risposta ai manifestanti. Le immagini sui loro cartelloni erano davvero estreme, crude e macabre. Ho avuto l'impressione che stessero violando il mio diritto di sentirmi in pace con la mia scelta, così come quello dei medici che stavano cercando di fare il loro lavoro. La decisione di rendere pubbliche le mie foto è arrivata molto più tardi.

È stato difficile fotografare l’operazione?
Sì. Per ragioni personali ho chiesto che mi fosse somministrata una bassissima dose di antidolorifici, e questo ha reso l'intero processo molto più complicato. Prima ho scattato delle foto della sala operatoria, poi qualcuna della procedura vera e propria dall’angolazione del mio torace verso le staffe dove erano appoggiati i miei piedi e infine altre, a oparezione ultimata. Sono tutte sul sito.

Ho fatto in modo che nessuno del personale medico apparisse nelle foto, per rispetto della loro privacy e della loro sicurezza. Non ho neanche detto ai medici che avevo una macchina fotografica, non sapevo se me l’avrebbero lasciata tenere.

Pensi che il movimento a favore dell’aborto dovrebbe discutere i particolari della procedura più di quanto faccia? Non credo di sapere come funzioni esattamente un aborto…
Sì, è proprio così. Penso che sia il movimento a favore che il movimento contrario all’aborto dovrebbero presentare al pubblico i fatti in modo giusto e obiettivo. Le persone hanno bisogno di quante più informazioni possibili a riguardo, per poter fare una scelta consapevole e sentirsi a posto con se stessi. Nessuno vorrebbe trovarsi di fronte a una decisione del genere, quella di abortire o meno. Ma se succede, è necessario che tutti abbiano la possibilità di scegliere e che tutti, uomini e donne, abbiano una visione globale dei pro e dei contro a livello medico.

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Come ci si sente ad aver creato un fenomeno virale per una cosa simile?
È estenuante! Da quasi una settimana non faccio niente che riguardi il mio vero lavoro. Ho dormito pochissimo e sono stata davanti al computer per un tempo che sembra l’equivalente di dieci milioni di ore. Mi è venuto un tic all’occhio e sono dovuta ricorrere alla mia scorta segreta di cibo. Spossatezza a parte, mi sono sentita contemporaneamente umiliata e potente.

Che genere di risposte hai ricevuto?
In termini di e-mail e commenti è stato un misto di opinioni, come puoi immaginare. In generale, le lettere di ringraziamento e supporto hanno di lunga superato le reazioni negative. Durante lo sviluppo del progetto ho ricevuto e-mail bellissime e sincere sia da parte di uomini che di donne da tutto il mondo, che hanno condiviso con me le loro storie personali di gravidanza, aborto, violenze e abusi sessuali, e così via. È come se da parte del pubblico ci fosse un disperato bisogno di un luogo in cui mettersi in contatto e condividere le proprie esperienze. L’aborto è un tabù con il quale tante persone non sono ancora riuscite a confrontarsi. È triste sperimentare l’isolamento.

Quindi le reazioni sono state principalmente positive?
Lo scorso fine settimana sulla home page del sito catholic.org e su alcuni blog di antiabortisti è uscito un pezzo sul mio sito. Da allora sono arrivate e-mail piene di critiche e odio. Ho anche ricevuto un messaggio che rimandava a un nuovo sito chiamato thisismyabortion.org. Sono stata spinta a condividerlo nella sezione dei commenti:

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“Ciao a tutti, nelle ultime 24 ore ho ricevuto commenti come questo, e non sono sorpresa: ‘SEI PATETICA, TUA MADRE AVREBBE DOVUTO ABORTIRE PER IMPEDIRTI DI INCORAGGIARE LE GIOVANI DONNE A PRENDERE IN CONSIDERAZIONE L’ABORTO…’ E questo: ‘Sei una puttana malata.”

E tanti altri con un tono simile a questo: ‘Non conosci Dio, non sai che l’aborto è un peccato? Prego per te!’

Nonostante io creda che ognuno ha diritto di avere opinioni e credenze, questo non è un forum pubblico creato per esprimere odio, instillare paure, o esprimere fanatismo. È mia intenzione fare in modo che lo spazio creato su questo sito resti sicuro. I commenti come quelli riportati non saranno inclusi nelle conversazioni. Thisismyabortion.com è stato creato per fornire un’altra prospettiva educativa su ciò che prevede un aborto, per opporsi alle foto dei feti morti che ormai fanno parte dell’immaginario collettivo.

Le mail di odio o riguardanti temi diversi da quelli illustrati possono essere inviate ad altri siti internet come thisismyabortion.org, che offre un altro punto di vista sulle questioni relative all’aborto e che potrebbe essere un luogo più consono a questo genere di opinioni. Il sito può ricevere e-mail, ma non commenti pubblici.”

È importante che il sito rimanga un luogo sicuro per donne e uomini che vogliono condividere le proprie storie senza sentirsi giudicati o condannati. Anche sentire che qualcuno sta “pregando per me”, in questo contesto, è umiliante e minaccioso. Le persone incontrano già abbastanza odio e paura nel mondo esterno.

Pensi sia possibile convincere quelli che protestano fuori dalle cliniche che ciò che fanno è sbagliato? O credi si tratti di una questione che dividerà per sempre l'opinione pubblica americana?
Credo che i diritti umani vadano istituzionalizzati, se si vuole fare in modo che siano riconosciuti e rispettati. I legislatori devono adoperarsi per far passare leggi in grado di proteggere il diritto delle donne a scegliere e che rendano le cliniche dei luoghi sicuri. Servono leggi che impediscano le manifestazioni in prossimità delle cliniche. C’è un tempo e un luogo per ogni cosa.

Ho ricevuto un’e-mail da una donna cattolica che mi diceva che, nonostante sia pro-vita per quanto la riguarda personalmente, si dichiara favorevole alla scelta per chiunque altro. Non giudica, né pensa che spetti a lei determinare le scelte degli altri e dichiara di vergognarsi per la sua comunità religiosa e per come quest’ultima tratta gli altri. Si sente in pace con il suo dio e non prova alcun bisogno di convincere gli altri. Mi ha ispirato perché mi ha mostrato quanto una persona può essere in pace con le proprie scelte e con le scelte altrui.

Il nostro Paese è ricco di differenze religiose. Ci sono numerosi esempi di come una persona può relazionarsi con la propria fede. Credo che se i fedeli delle varie confessioni si unissero per sostenere i diritti delle donne in quanto diritti umani, potrebbero verificarsi dei veri cambiamenti. Del resto, il diritto di scegliere una fede equivale al diritto di scegliere cosa fare del proprio corpo.