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Attualità

Dietro l'ascesa su Facebook di Vittorio Sgarbi

Negli ultimi tempi, Vittorio Sgarbi sembra essere diventato l'idolo di tanti giovani italiani che impazziscono per le cose che scrive su Facebook e Twitter. In realtà, sta facendo esattamente quello che ha sempre fatto in tv.

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via Facebook/Vogliamo Vittorio Sgarbi Re d'Italia

Da persona che usa Facebook, non ho potuto evitare di accorgermi di un fenomeno italiano che si sta diffondendo a macchia d'olio, tanto da arrivare a comparire persino nel mio selezionatissimo feed composto al 90 percento da scrittori morti e pagine che fanno meme sull'impero bizantino. Sto parlando dell'ascesa di Vittorio Sgarbi al ruolo di fenomeno di internet e vate generazionale.

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Da qualche tempo a questa parte, infatti, Sgarbi è ovunque. Oltre alla sua pagina ufficiale ne esistono altre, persino quelle celebrative che lo vorrebbero "Re d'Italia incoronato da Papa Francesco" e si dedicano a creare fotomontaggi dove il critico d'arte viene raffigurato come una specie di eroe omerico. Allo stesso tempo, il numero di like, commenti e condivisioni sotto i post della sua pagina è aumentato vertiginosamente, facendo sì che quegli stessi post possano raggiungere un numero elevatissimo di persone.

In realtà, Sgarbi ha sempre avuto un certo seguito, e ben prima dei social: il suo essere un personaggio quantomeno particolare e i mantra ripetuti fino allo sfinimento in tv—soprattutto il celebre "capra, capra" che tutti nella loro vita hanno pronunciato almeno una volta—hanno fatto sì che nel corso del tempo il critico si ritagliasse un suo spazio. Uno spazio che, adesso, è cresciuto in modo spropositato, anche tra chi non si era mai interessato veramente a lui.

Volendo trovare una ragione, potremmo dire che di recente Sgarbi ha cambiato radicalmente il suo modo di usare i social. Per accorgersene basta scorrere all'indietro i post: una volta pubblicava quasi solo notizie riguardanti il mondo dell'arte o lui stesso, mentre adesso ha iniziato a scrivere anche un sacco di status cinici e sprezzanti nei confronti di tutto e tutti.

"Mi hanno proposto per l'investitura a Vescovo. Ho rinunciato. Da buon pastore, avrei dovuto ridurre le mie capre alla condizione di pecore," si legge in uno di questi (34mila like). "Nella mente di molti alberga il nulla," scrive in un altro (54mila like). E ancora, su Twitter: "Siete sempre qui a non fare un cazzo" (4200 retweet)

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Siete sempre qui a non fare un cazzo

— Vittorio Sgarbi (@VittorioSgarbi)7 Luglio 2015

Questo improvviso cambiamento è forse conseguenza di un nuovo social media manager o di un tentativo di inserirsi nell'ormai classico filone dei personaggi tv che vivono una nuova vita grazie ai social. Con la differenza, però, che nel farlo Sgarbi si rivolge a un pubblico diverso, più "di nicchia" rispetto a quello generalista a cui parlano i vari Magalli e Morandi—un pubblico composto in larga parte da giovani acculturati in grado di comprendere la sua retorica e di prendere nel modo giusto i suoi insulti. A giudicare dalle cose che scrive, Sgarbi—o chi gestisce la sua pagina—sembra perfettamente consapevole di questo. "Studiate invece di farvi sempre delle seghe su internet," ha scritto in un tweet. Una frase del genere sembra pensata per un pubblico di 20-30enni, ed è molto diversa dal genere di cose che Sgarbi dice abitualmente in televisione.

La cosa interessante, però, è che al di là di contenuti nel suo comportamento online Sgarbi replica le stesse dinamiche che hanno reso famoso il suo personaggio in televisione—e i giovani che lo seguono, per quanto relativamente immuni alle logiche televisive, ci cascano in blocco.

Il suo è un personaggio televisivo, e gli stessi mantra che ripete nei suoi tweet sono nati in televisione. Per anni, negli studi televisivi è andato in scena sempre lo stesso copione: Sgarbi veniva invitato ufficialmente in quanto persona di grande cultura, in realtà con l'unico scopo di vederlo litigare e insultare gli altri ospiti per aumentare così lo share. Per riaccendere l'attenzione sul suo personaggio su internet non ha dovuto fare altro che dire su Facebook le stesse cose che per vent'anni ha detto in televisione.

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Con la differenza che mentre in televisione si sgolava per mettere alla berlina l'ignoranza dei suoi interlocutori, su internet non ha più un bersaglio specifico e i suoi status sono delle vaghe affermazioni di superiorità. Ed è proprio questo che il suo nuovo pubblico, che si immedesima in quello sguardo o lo osserva divertito, vuole da lui.

Dal punto di vista dell'analisi, l'ascesa di Vittorio Sgarbi è interessante perché rappresenta uno stadio successivo di questo genere di fenomeni di internet. I vari Magalli e Morandi, ad esempio, pur ottenendo un successo strepitoso hanno sempre avuto il limite di rivolgersi a un pubblico generalista, fin troppo ampio e pronto a dimenticarli quando si fosse stancato di loro; Sgarbi ha aggirato questo problema rivolgendosi a un numero di fan più ristretto ma anche più fidelizzato, garantendosi una maggiore longevità—un processo che ricalca l'evoluzione dell'internet commerciale nell'ultimo decennio.

Come tutte le cose che riguardano ciò che facciamo online, anche questa moda è destinata presto o tardi a esaurirsi naturalmente. Ma già per il semplice fatto che ormai va avanti già da mesi, si può forse dire che almeno in parte l'esperimento sia riuscito.

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