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Se l'ha fatto Mia Khalifa, possiamo farlo anche noi

Women of the Middle East è il primo film porno americano completamente incentrato su attrici che indossano hijab e niqab, e non brilla esattamente per sensibilità culturale.

Tutte le immagini per gentile concessione di PornFidelity.

A novembre, la BangBros era uscita con un video passato alla cronaca come la prima produzione statunitense di un certo livello ad aver traghettato il velo islamico nell'immaginario porno. Il video, come forse avrete capito, è Mia Khalifa is Cumming for Dinner, che vede la libanese Mia Khalifa e la cubana Juliana Vega interpretare la coppia madre e figlia in una threesome con il fidanzato della prima. La scena, in cui entrambe le donne indossano l'hijab, ha fruttato non poche critiche a Khalifa (che, per la precisione, arriva da una famiglia cristiana), ma è anche ciò che ha spinto molti a ipotizzare un nuovo genere erotico in ascesa, quello dell'hijab porn.

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All'epoca avevamo analizzato il fenomeno nelle sue varie sfumature, ma non eravamo comunque stati in grado di prevedere qualcosa come Women of the Middle East. In uscita il 5 agosto, si tratta del primo film porno completamente incentrato su attrici che indossano hijab e niqab, e non si distingue esattamente per sensibilità culturale.

L'obiettivo dichiarato della produzione è quello di rivolgere l'attenzione sulla condizione femminile nell'Islam presentando quattro attrici con quattro tipi diversi di velo—hijab, niqab, khimar e burqa—in quattro situazioni e contesti. Se vi sembra un obiettivo un po' insolito per un porno, il vostro scetticismo non sarà deluso. Anche se il film non è un hijab porn fine a se stesso, rimane una fantasia feticizzata con tanto di complesso dell'uomo bianco che arriva e salva la baracca piena di stereotipi del Medio Oriente.

Dopo un messaggio iniziale che lascia ben pochi dubbi (quello con cui gli autori condannano il velo quale segno di oppressione), infatti, lo spettatore è proiettato in un Medio Oriente immaginario che altro non è che un miscuglio di idee preconcette e riduttive dove culture, tradizioni e condizioni sociali si fondono alla rinfusa.

VICE ha parlato con Kelly Madison, la mentre dietro l'idea, la sceneggiatura e il casting di Women of the Middle East, per capire cosa pensa di queste tendenze, del significato del velo dal punto di vista di una produzione porno e della risposta che pensa di ricevere dal pubblico.

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VICE: Perché ha deciso proprio ora di girare un porno con donne velate?
Kelly Madison: [Mio marito ed io] stavamo parlando della faccenda Mia Khalifa. Dopo quel video i suoi fan su Twitter sono cresciuti a dismisura… Certo, ci sono state anche molte reazioni negative, ma ci è sembrato un tema all'avanguardia. Ora, come lo si poteva mettere in un porno senza passare per una gangbang con una ragazza col burqa?

Io volevo qualcosa di un po' più intelligente. Nel porno non c'è molta intelligenza [ride]. Da una parte pensavo, quello che fanno a queste donne non è bello. Eppure, al tempo stesso, c'è da dire che sono esseri meravigliosi, e non ci vedo niente di male nel metterli dentro un porno. Un porno con bellissime donne mediorientali.

Ad ogni modo, il casting è stato la parte più difficile. Non ci sono tante aspiranti stelle porno mediorientali.

Khalifa ha ricevuto molte critiche per quel video. Come hanno affrontato la cosa le attrici che avete scelto per il film?
Quando ne ho parlato con Nadia [Ali, di origini pakistane] mi è sembrata piuttosto interessata, perché la mia idea di film non avrebbe sfigurato troppo nemmeno di fronte a un pubblico di suoi connazionali. Insomma, non doveva fare una gangbang con cinque omoni di colore. Non era del tutto offensivo. L'attore uomo [il regista e marito di Kelly, Ryan Madison, che recita in tutte le scene del film] impersona un saudita [come la stessa Ali]––avrebbe potuto essere molto più controverso o folle, no? E lei era soddisfatta.

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Ma l'idea è piaciuta anche a tutti gli altri. Si sono divertiti. E non ho costretto nessuno a fare cose contro la sua volontà.

Cosa deve aspettarsi chi vedrà Women of the Middle East?
Innanzitutto, mi preme dire che non voglio in alcun modo scatenare un altro Charlie Hebdo. Nel film vengono rappresentate donne di diverse regioni del Medio Oriente, e idee diverse. Ovviamente volevamo solleticare un po' il pubblico con il fatto di avere diverse tipologie di abiti tradizionali. Ho iniziato a lavorare al film con questo pensiero: per le mediorientali il velo non è soltanto una forma di oppressione della libertà sessuale, ma un simbolo di tutte le violazioni dei diritti umani––come stupri e violenze domestiche––a cui sono sottoposte.

Non è una condanna dell'Islam, ma una denuncia: voglio far vedere che il non poter mostrare il proprio corpo è una forma di oppressione. Volevamo insistere su quel tabù… e fare una critica dal punto di vista sociale.

La prima scena di Karmen Bella è ambientata in una zona sotto il controllo dei ribelli nell'Afghanistan in guerra. Non qualcosa di così folle come l'ISIS––non era nostra intenzione mostrare sotto una luce positiva una realtà del genere. È più un gruppo di Robin Hood donne che si oppone alle istituzioni, istituzioni che opprimono le donne e che si sono arricchite con gli aiuti internazionali. Io ho pensato di farle indossare un niqab senza niente sotto e di farla camminare nel deserto con un uomo incatenato. All'inizio lui è sottomesso, ma siccome siamo in un porno alla fine trovano un'intesa e parte la scena di sesso. Il mio obiettivo era far vedere una donna al comando, completamente nuda se non per il niqab. Che di per sé è un'immagine forte, soprattutto per noi qui negli Stati Uniti.

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La dinamica dominatrice-schiavo ricorre in tutte le scene?
No, ci sono delle differenze. La seconda si concentra sull'Arabia Saudita e le sue leggi prive di senso… [lì le donne] non possono guidare. Possono essere violentate. Possono essere picchiate. Non hanno diritti. In questa scena abbiamo Nadia che fa la brava moglie al servizio del marito, finché a un certo punto non scappa in macchina. Quando il marito lo scopre minaccia di picchiarla, di lapidarla, è infuriato. E Nadia dice di essere innocente, di non aver fatto nulla di male. Infatti alla fine, dopo il sesso, sesso fatto con una certa aggressività, si scopre che era andata al lavasecco a ritirare i suoi vestiti, e il marito si sente uno stronzo.

Ecco, queste sono le scene in cui c'è una certa critica sottesa. In un'altra abbiamo una ragazza mezza iraniana mezza tunisina, Arabelle Raphael, e lì ho dovuto farlo: il classico della danza del ventre. Nell'ultima abbiamo Nikki Knightly, e il tema è qualcosa che non si vede così spesso: la prostituzione in Medio Oriente.

Non ho fatto troppa ricerca su quest'ultima cosa (è pur sempre un porno), ma mi sono informata. In paesi come Giordania e Libano c'è stato un aumento della prostituzione per via del gran numero di profughi. Hanno bisogno di soldi. E poi in Iraq, per la guerra. In questa scena [Knightly] ha il burqa. È interessante questa contrapposizione tra la prostituta e il fatto che sia comunque obbligata a coprirsi in pubblico. Un po' è per il fattore shock, e un po' per solleticare la fantasia. L'obiettivo era mostrarle come persone con interessi sessuali, e non semplici oppresse.

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Ormai il velo è da tempo oggetto di dibattito. Perché non ci sono stati altri film, allora?
Il punto è che nel porno non si fa altro che copiare e imitare quello che fanno gli altri. Quindi noi abbiamo cercato di fare il più in fretta possibile [dopo il video di Mia Khalifa] per arrivare prima degli altri.

Il vostro film inizia con un messaggio esplicito contro il velo: "Toglietevi il velo, è un simbolo di oppressione." Che mi dice delle donne che scelgono liberamente di portarlo?
È un porno, non ci ho potuto inserire tutta la parte di critica che avrei voluto. E non è un documentario sull'oppressione. Magari il seguito potrebbe avere una parte in cui una donna si rifiuta di togliere il burqa.

Comunque, anche quando dicono di non volersi togliere il burqa, lo fanno perché non vogliono essere importunate per strada. Se è una donna libera, qui negli Stati Uniti, allora non ho nessun problema. Non dico queste cose perché sto facendo campagna elettorale. Ho fatto un porno che vuole far divertire ed eccitare chi lo guarda.

Il seguito? Significa che le scene distribuite in anteprima hanno già dato dei risultati?
Sì, il traffico è aumentato. All'inizio pensavo che il nostro pubblico si sarebbe spaventato, ma finora non abbiamo ricevuto critiche.

Vuole aggiungere altro?
Il porno è una fantasia, ed è divertente. Alcune delle donne più belle del mondo vengono dal Medio Oriente. E per me, come produttrice, è divertente mostrarle così, belle e nei loro abiti tradizionali.

A volte penso che il porno ti ponga dei limiti, perché non ti permette di dire tutto quello che vorresti. E il fatto di riuscire a dire qualcosa, seppure minimo, è importante. Ma devo anche moderarmi, perché non voglio offendere nessuno. Comunque mi sono divertita anche nella realizzazione, soprattutto per i costumi. Probabilmente ci saranno degli errori, ma mi sono divertita. È stata una bella sfida.