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Música

La "movida silenziosa" di Bologna è una cazzata nazista

A Bologna sperano di risolvere il problema della quiete pubblica con la silent disco. In realtà sembra più un esperimento di lobotomia sociale.

La silent disco è una delle idee più stupide che mente umana abbia mai concepito: il pensiero che una reunion di babbi muniti di cuffie possa essere la nuova frontiera del divertimento dovrebbe risultare quasi offensivo per ogni essere umano pensante.

Non è per fare della retorica buonista sul “divertimento dello stare insieme.” So bene quanto sia un piacere, spesse volte, levarsi di culo l’umanità e godersi qualche ora (/giornata/settimana/mese/anno) di isolamento completo. Ma la possibilità di essere presente a un evento collettivo in cui tutti ascoltano la musica dalla propria cuffietta anziché da un impianto pachidermico mi sembra unire, allo stesso tempo, il peggio dell’isolamento e dell’affollamento. Mi spiego: posso fruire della definizione e della qualità audio che solo la cuffia garantisce, ma mi trovo comunque pressato tra qualche altra centinaia di esseri umani, e allora tanto valeva che me ne stessi a casa dove almeno ho il potere di skippare la roba che non mi piace. Allo stesso tempo, la presenza di tanta umanità non mi garantisce comunque la possibilità di intrattenere un qualsiasi tipo di pratica sociale come chiacchierare, scroccare una sigaretta, rimorchiare, comprare della droga, fare stage diving, o persino chiedere al tamarro che balla davanti a me di piantarla di pestarmi i piedi. Poi c’è il fatto che a tutti noi che siamo cresciuti in un'epoca in cui era ancora legale andare a concerti e feste piacciono i volumi grossi, quelli che non si sentono solo con le orecchie ma anche con epidermide e budella. Finora, comunque, non avevo ancora immaginato che questa scoreggia mentale di cui ricordo un esempio nel live dei Chemical Brothers al Flippaut del 2005 potesse persino trasformarsi in una forma di controllo sociale. A quanto pare, territorio di sperimentazione di questa zombie disco sarà, neanche troppo imprevedibilmente, Bologna. Piazza Verdi, per la precisione.

Motivo scatenante, le solite lamentele dei residenti. Il vicinato rompicoglioni è da sempre una tra le più solide tradizioni di questo Paese, protetta con grande solerzia da tutte le forze dell’ordine. Comandano loro, hanno deciso che la quiete pubblica si può esigere anche in centro, contro il grande male dell’aggregazione spontanea, in quella forma che non costa troppi soldi e non ha grandissime pretese. Il mito della città resa più prospera e sicura dal fatto che a una certa ora vanno tutti a dormire è piuttosto duro a morire, persino nella patria dei fuori sede, degli erasmus e dei fancazzisti. Piazza Verdi è stato uno dei casi dell’estate: ci hanno fatto dei concerti, alcuni fichissimi (Mark Stewart ha spaccato tutto), altri meno, altri non li hanno proprio fatti perché il vicinato, appunto, ha detto la sua e gli è stata data ragione. Ora però quelli del Locomotiv si sono inventati una soluzione che sembra piacere al comune: le serate in piazza si continueranno a fare, ma chi vorrà anche ascoltare della musica dovrà affittare gli auricolari di cui sopra. Sono 20 euro di cauzione + carta d’identità, e la musica che le cuffie riceveranno sarà diversa a seconda della posizione dell’interruttore incorporato: da una parte il diggei rock, dall’altra quello techno. Ragionandoci un attimo, l’idea contiene davvero tutti gli elementi basici di uno strumento disciplinare, tipo il carcere o il supermercato: ogni possibilità di familiarizzazione tra i partecipanti è annichilita (come se lo scopo di una festa fosse SOLO quello di ascoltare la musica), così come la possibilità che da questo scenario nasca qualcosa di imprevisto, di fuori dagli schemi (notoriamente pericoloso), anche perché la cessione della carta d’identità garantisce che si sappia con certezza chi c’è e chi non c’è. Allo stesso tempo, ci si illude della democraticità di una cosa che non ne ha affatto—immagino già decine di esponenti del Movimento 5 Stelle sul punto di ordinare qualche migliaio di auricolari wireless. La versione ufficiale è che stanno facendo contenti tutti, e ti offrono persino la facoltà di “scegliere” la  musica che preferisci. Che buoni che sono. C’è anche l’illusione della gratuità: i 20 euro sono solo di cauzione, ma ciò non toglie che dovrete cavarli per forza di tasca. Sarà divertentissimo presenziare ad una di queste festicciole di automi muti che ondeggiano nel silenzio della notte, alienati come pochi, intrappolati nella versione per deficienti del romanzo distopico in cui questo Paese si sta trasformando: il silenzio in strada è sacrosanto, mentre su internet non si fa che chiacchierare a sproposito delle peggiori cazzate. Mi fa piacere, poi, che non sia stato fatto notare il problema sicurezza: un mucchio di gente con le orecchie tappate dalle cuffie difficilmente si può accorgere di una situazione di pericolo. Eddai che il primo pazzo sbronzo li tira tutti sotto con la macchina. Quello che in realtà ci stanno vendendo è un modello città completamente priva di spontaneità e collettività, dominata dalla paura dell’altro ma capace comunque di venderti un intrattenimento sterile finto-edonista nonché finto-avanguardista. Una movida zombificata, che fa male a tutti per non far male a nessuno. Concerti e piazza Verdi a parte, la guerra contro la movida va avanti in tutta Italia, in una maniera schifosamente ambigua, considerando che i proprietari di case in affitto continuano a pubblicizzare i propri immobili usando "zona movida", "centralissimo" e paraculate di questo tipo. Allo stesso tempo si cerca di instillare una morale secondo cui voler passare qualche ora a cazzeggiare su un muretto con una birra in mano ti renda automaticamente un drogato-puttana-ladro che non ha voglia di lavorare, e anche infilarti in un locale in cui si suona musica ad alto volume non fa di te un essere umano decente. L'assurdità vera è voler trasformare in oasi di pace il centro città, da sempre luogo di incontro, traffico e caciara per eccellenza, dove non hai scelto certo di dimorare per la tranquillità di giorno e notte. Il concetto che si sta cercando di promuovere, in realtà, è quello per cui in tempi di crisi cultura, tempo libero, intrattenimento… perfino il semplice scambio di opinioni, sono le prime cose da relegare nel campo dei lussi e delle perdite di tempo. In questo modo si nega tutto il potenziale di crescita sociale (ed economica) che si portano dietro. Per questo motivo, l'idea di una città vitale, libera e attiva—nel rispetto di tutti, sia chiaro—ha un peso sempre minore rispetto all'immagine più simile a un cimitero pieno di polizia, dove al limite in giro c'è qualche mucchio di idioti con le cuffie.

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