I tossici rom di Bucarest vengono letteralmente lasciati marcire

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reportage

I tossici rom di Bucarest vengono letteralmente lasciati marcire

Siamo stati nei quartieri di Bucarest piegati dai livelli di tossicodipendenza e HIV, dove la popolazione, prevalentemente rom, vive nel totale abbandono delle istituzioni.
Max Daly
London, GB

Un medico distribuisce siringhe pulite e fuori da un'ambulanza nel centro di Bucarest. Foto di Vlad Brateanu

È solo quando l'ambulanza si ferma vicino alla stazione dei treni di Bucarest che gli abitanti più reietti della città emergono dalle ombre in cui erano nascosti. Alcuni compaiono dal basso, affacciandosi dai tombini collegati con le loro case nella rete di tunnel nel sottosuolo della città. Altri arrivano da tende e baracche improvvisate nei paraggi. Di notte, gli abitanti di Bucarest evitano questa zona. È una parte della città che preferiscono dimenticare.

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La luce che filtra dall'ambulanza aperta illumina debolmente una fila di persone, per la maggior parte rom. Sulla loro pelle ci sono i segni delle continue iniezioni: buchi di siringhe alla giugulare, piedi gonfi per via delle vene rovinate, lividi sulle braccia. Alcuni di loro sono fatti, chi di eroina di pessima qualità e chi di un surrogato scadente del mefedrone noto come legale.

Un osservatore esterno penserebbe che queste persone siano in fila per ricevere da mangiare. Ma la verità e che sono qui per ricevere uno dei pochi aiuti a cui possono avere accesso: le siringhe sterili. Per le persone che aspettano pazientemente intorno all'ambulanza, queste sono vitali, tanto che spesso vengono usate come moneta di scambio.

"L'opinione comune sui rom e sui tossicodipendenti è che siano uno spreco di soldi, che sia meglio lasciarli morire piuttosto che aiutarli," mi ha detto Dan Popescu, coordinatore dell'Associazione Romena Contro l'AIDS (ARAS), che gestisce il servizio di distribuzione delle siringhe. Nonostante la grande diffusione dell'HIV tra i tossicodipendenti di Bucarest, l'ARAS è una delle sole due associazioni che si occupano di servizi di questo tipo in tutta la Romania.

Alcuni tossicodipendenti consegnano agli operatori secchi pieni di siringhe usate che hanno raccolto nel loro quartiere. In cambio ricevono un pacco in più di siringhe. Le siringhe sterili sono utili per cercare di contenere il numero sempre crescente di tossicodipendenti con gravi malattie del sangue. Secondo Popescu, praticamente tutti i tossicodipendenti con cui è entrato in contatto nelle periferie di Bucarest sono risultati positivi all'HIV e all'epatite C. Tra gli operatori del settore, è noto che tutte le statistiche sulle infezioni di questo genere tra i tossicodipendenti misurano soltanto la superficie del problema, anche se un'analisi ha scoperto che la metà di questi ha l'HIV e tre quarti hanno l'epatite C.

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I ragazzi dell'orfanotrofio escono per sniffare vernice industriale. Alcuni hanno già iniziato a farsi di legale

Flori, una donna con cui ho parlato, ha 28 anni ma si muove come se ne avesse 70. Sta per diventare cieca da un occhio. Nei mesi caldi dorme per strada, in quelli freddi nelle fogne. Si inietta una miscela di eroina, pastiglie di metadone schiacciate e legale. Mi ha detto che la sua sensazione preferita nella vita è quella che prova dopo essersi iniettata una dose.

Ogni notte, un gruppo di ragazzini che vivono nell'orfanotrofio di zona si raggruppa all'ingresso delle fognature per farsi in compagnia dei tossici più anziani. Sniffano una vernice tossica a base metallica chiamata Aurolac da delle buste di plastica nera. Molti ragazzi di strada iniziano così. La vernice ha effetti allucinogeni, ma è dannosa per cuore, polmoni e cervello. Spesso causa la morte all'istante, per collasso cardiocircolatorio.

Stephan, un ragazzo rom dell'orfanotrofio, ha 16 anni. Sua madre è stata uccisa di fronte a lui quando ne aveva dieci; da quel momento è finito in orfanotrofio e ha iniziato a sniffare vernice. Quando ho parlato con lui, aveva appena iniziato a farsi di legale. Era stato un altro ragazzo dell'orfanotrofio a introdurlo a quella sostanza, Liviu, un ragazzo rom di 17 anni. Anche il padre di Liviu è morto, ma i suoi fratelli e sorelle ogni tanto vanno a trovarlo all'orfanotrofio. Gli ho chiesto perché si droga. "La vita fa schifo," mi ha detto. "Se non hai i genitori, come fa a essere bella?"

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Non è un caso se la maggioranza dei tossicodipendenti di Bucarest sono rom, la più grande minoranza etnica d'Europa. Come in molte parti d'Europa, anche in Romania i rom sono molto discriminati. Secondo alcune stime, due dei 10 o 12 milioni di rom che vivono in Europa risiederebbe in Romania. Anche se sono stati liberati dalla schiavitù per volontà del re di Romania ormai 170 anni fa, sono ancora visti come indesiderabili e trattati di conseguenza.

La maggior parte dei rom è semplicemente esclusa dalla società. In Romania solo il 45 percento di loro ha accesso alla sanità pubblica o allo stato sociale, perché molti non hanno un vero e proprio documento di identità. Un rapporto del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti ha sottolineato proprio questo aspetto: la mancanza di un documento di identità esclude molti rom dal prendere parte alle elezioni, ricevere assistenza sociale, possedere beni e lavorare.

Agli occhi delle autorità, sono praticamente invisibili. Nonostante l'allarme lanciato dal Global AIDS Program della Banca Mondiale sulla situazione in Romania, dal 2010 ad oggi il governo non ha fatto praticamente nulla per arginare la diffusione dell'HIV tra i consumatori di legale. La Romania ha risposto a quest'epidemia di HIV sospendendo i servizi di assistenza ai tossici e distribuendo siringhe di bassa qualità il cui ago si spezza facilmente sotto la pelle.

Molti dei tossici senzatetto di Bucarest soffrono di disturbi mentali.

Questa comunità è piagata dalle morti per overdose. Il governo romeno quasi non si preoccupa di tenere il conto. Secondo Dan e i suoi colleghi di ARAS, nei ghetti di Bucarest muoiono due persone a settimana, un numero tre volte maggiore rispetto ai dati ufficiali relativi all'intero paese. Il giorno dopo il nostro incontro, hanno visto il corpo di una giovane donna rom chiamata Niculina, un'eroinomane con cui avevano avuto spesso a che fare, che veniva recuperato da un'ambulanza.

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"Al momento, il problema principale che abbiamo qui in Romania è la diffusione incontrollata dell'HIV tra i tossicodipendenti. Perché succede? Perché lo stato è totalmente assente," mi ha detto Valentin Simionov, che prima di andare a lavorare in una ONG ha passato dieci anni a cercare di convincere il governo romeno a prendere sul serio il problema della diffusione della tossicodipendenza. "In un paese in cui più dell'80 percento della popolazione si dice cristiana ortodossa, ci si aspetterebbe di vedere maggiore compassione e solidarietà verso i poveri e i bisognosi. Be', qui non è così."

A 20 minuti di macchina dalla zona della stazione ferroviaria sorge la zona di Ferentari. Si trova in un distretto chiamato Settore 5, un nome che rimanda al passato comunista della città. Molti—specie i tassisti che decidono di non accettare passeggeri diretti lì—la conoscono come 'La terra dei pirati'" Lo stato qui è decisamente assente: il sindaco del Settore 5 è stato arrestato quest'anno per corruzione.

Le ONG e i giornalisti chiamano la zona punga saracie—sacca di povertà. In altre parole, si tratta di un luogo così disagiato che nessuno può andarsene. Le possibilità di uscirne se non in una bara sono poche quanti sono gli sforzi del governo romeno per aiutare gli abitanti della zona.

Ferentari. Qui vivono centinaia di famiglie, stipate in minuscoli appartamenti e in uno stato di estrema povertà

Attraversando via Livezilor, una strada che costeggia due file di appartamenti costruiti negli anni Settanta, la prima cosa che ho visto è stata un ragazzo che, in pieno giorno, si è fermato in mezzo alla strada per bucarsi.

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Gli appartamenti di 40 metri quadri della zona, costruiti per i dipendenti di una fabbrica di autobus fallita da tempo, ospitano ognuno una decina di persone. Solo una casa su sei ha l'acqua calda e il gas. Non tutte hanno l'elettricità, ma gli spazi esterni dei palazzoni sono affollati di parabole. Non sembrano esserci tante porte. Le cantine sono allagate da anni e piene di ratti. La puzza è incredibile. Ovunque ci sono siringhe e aghi usati.

In Hidden Communities, un libro su Ferentari, è esposta la tesi che gli spacciatori e i tossicodipendenti mantengano queste pile di rifiuti apposta, in una politica di "protezione" della tossicodipendenza, per creare "un'area invalicabile in cui la cultura della droga possa sopravvivere." Di certo c'è che la maggior parte della gente getta i rifiuti dalla finestra perché i camion dell'immondizia non passano, e non ci passano perché ai politici non interessa farceli passare. La zona è popolata per il 70 percento da rom.

Michele Lancione è un etnografo italiano dell'Università di Cambridge che ha studiato la comunità di Ferentari. È stato la mia guida in una zona che è sostanzialmente inaccessibile ai giornalisti, che nella maggior parte dei casi si accontentato di fare qualche foto a qualche tossico mentre si buca e se ne vanno. "La vita da queste parti è difficile, e lo diventa anche di più se sei un tossicodipendente," mi ha detto Lancione. "Vieni emarginato sia in quanto rom che in quanto tossico. Lo stato è completamente assente. O peggio, c'è, ma solo per rendere ancora più difficile la vita di queste persone attraverso la mancanza totale di politiche sociali e un sistema penale medievale."

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Mentre ci allontaniamo da via Livezilor, vediamo una donna urlante che viene trascinata fuori da casa sua e fatta entrare a forza dentro una macchina. Dicono si tratti di una prostituta punita da un pappone insoddisfatto. Proprio dietro l'angolo c'è Caracuda, un progetto gestito dall'altra organizzazione romena che si occupa di tossicodipendenze, Carusel. In pratica si tratta di un posto in cui i tossici possono portare le loro siringhe usate e riceverne in cambio altre sterili.

I rom portano secchi di siringhe usate e ne ottengono in cambio altre sterili. Gli aghi sono un bene vitale—servono a prevenire infezioni e sono una forma di valuta

La maggior parte dei tossicodipendenti che ho incontrato a Caracuda aveva storie di lutti e rimorsi. Le droghe offrivano loro un po' di sollievo, anche se solo per poco tempo.

"Ho iniziato a fare uso di eroina quando avevo 17 anni, perché era quello che facevano tutti," mi ha detto Marian, che ha 35 anni e non ha mai lavorato. "Quando mi buco mi sento una persona normale, come te." Un altro ragazzo di nome Costel mi ha detto, "Mi drogo per dimenticare. Stando qui senti la necessità di farti." Quando gli ho chiesto cosa volesse dimenticare, mi ha risposto che non poteva dirmelo perché era qualcosa di indicibile.

Lancione mi ha spiegato che i fondi europei per Caracuda stanno lentamente finendo, e che il governo non sembra voler far niente per salvare il progetto. "Il governo romeno è incapace di aiutare quelli che più hanno bisogno di aiuto, e lo dimostra il fatto che anche per gli aiuti che dà a Caracuda, sotto forma di siringhe pulite, cerca di andare al risparmio. Le siringhe fornite dal governo sono di qualità così bassa che si rompono nel corpo dei tossici mentre questi si cercano le vene, per cui sono praticamente inutili."

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Ho parlato con Florian, di 27 anni, che ha due ferite infette sul collo. Viene dal ghetto, dove, dice, "tutti" fanno uso di droga. È appena arrivato in taxi e ha pagato l'autista, un altro eroinomane, con delle siringhe sterili. Florian si fa di eroina da quando aveva 12 anni. Si inietta un grammo al giorno. "All'inizio, quand'ero ragazzino, la sensazione che provavo iniettandomi l'eroina era molto piacevole. Oggi lo faccio perché ne sento il bisogno, il piacere non c'è più," mi ha detto. Quando gli ho chiesto come vede il suo futuro, mi ha detto, "Di merda. Non ho un futuro. Non ho nulla."

Florin è un uomo di etnia rom che vive per strada dal 1995. Fa uso di Aurolac e di legale. La cicatrice sul petto è di una ferita che non è mai guarita, che si è provocato quando si è dato fuoco nel 2010

Uno degli uomini che ho incontrato fuori da Caracuda mi ha detto che suo fratello sarebbe partito per l'Inghilterra il giorno successivo. Ho scoperto così che l'Inghilterra è una destinazione molto ambita per le persone che vivono a Ferentari.

Ho chiesto all'uomo che cosa sarebbe andato a fare suo fratello in Inghilterra. "A rubare!" mi ha risposto, sorridendo. Mi ha detto che un sacco di persone di Ferentari vanno in Inghilterra per quel motivo, perché lì la polizia è molto meno dura. Mi ha parlato con particolare trasporto di Birmingham, dov'è rimasto per sei mesi prima di essere rimpatriato l'anno scorso. Mi ha detto che riusciva a guadagnare bene rubando whisky, cioccolata e rasoi nei supermercati e rivendendoli ai negozietti aperti fino a tardi.

Per Amer, un altro tossicodipendente rom, la vita nel ghetto è l'unica possibilità. "Per me questa è la normalità, vivo qui da quando sono nato," mi ha detto. "Esco da Ferentari due volte a settimana, per andare all'ospedale a farmi curare o per andare a guadagnare qualche soldo. Non posso dirti che cosa faccio, finirei in galera. Negli ultimi cinque anni le cose non sono cambiate affatto. I rom non sono trattati in modo giusto dal governo, veniamo discriminati e mal considerati."

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Ho parlato anche con un'altra tossica, Daniela, che ha 35 anni e si droga da 15. Stringeva al petto una preziosa scatola di siringhe sterili. "Queste siringhe sono una cosa meravigliosa. Ma ci trattano come immondizia. Vivere qui è come vivere su un'isola dimenticata dal mondo."

Questo è Amer. Si è fatto queste cicatrici tra il 2010 e il 2012, grattandosi fino all'osso per via della psicosi indotta dall'uso di legale. Si grattava perché si sentiva degli insetti sotto la pelle

Il reddito medio a via Livezilor è meno di 60 euro alla settimana. La maggior parte delle persone è senza casa. I livelli di istruzione tra la popolazione rom di Ferentari sono incredibilmente bassi: secondo il Policy Center for Roma Minority—un'organizzazione non profit fondata nel 2008 e che ha sede a Ferentari—la maggior parte dei bambini smette di andare a scuola a 12 anni per iniziare a lavorare. La droga è parte integrante della vita quotidiana di tante persone, ed è normale che i bambini inizino molto presto a farne uso. In Hidden Communities, l'autore ha intervistato alcuni bambini di otto anni tossicodipendenti di eroina, e un bambino di dieci anni costretto a bucarsi sul pube perché tutte le altre vene del suo corpo erano ormai inservibili.

"I problemi che deve affrontare la comunità rom nei ghetti come Ferentari sono tutti legati allo stato di estrema povertà in cui versa," mi ha detto Raluca Negulescu, del Policy Center for Roma Minority. "I bambini sono esposti al consumo di droga fin da piccoli, il che non solo lo fa sembrare qualcosa di normale ma porta anche a seri rischi per la loro salute. I bambini si bucano con gli aghi abbandonati e si prendono l'epatite C."

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E non c'è solo la droga a minacciare i giovani rom, ma anche la polizia. L'anno scorso Daniel Dumitrache, un ragazzo di Bucarest di 26 anni e di etnia rom, è stato arrestato per aver lavorato come parcheggiatore abusivo, un lavoro molto diffuso tra i giovani rom. Il mattino seguente è stato trovato morto. La polizia ha dichiarato che il giovane aveva avuto un malore. Gli agenti hanno scritto che sul corpo di Daniel non c'erano segni di violenza, ma i suoi genitori sostengono che la sua pelle fosse piena di lividi e graffi. L'autopsia ha stabilito che la causa della morte è stata la rottura della milza, e un agente di polizia è stato arrestato, per poi essere soltanto trasferito.

Nel marzo del 2014, un commissario di polizia si è dimesso dopo la diffusione di un filmato tratto da una telecamera di sorveglianza della questura in cui lo si vedeva prendere a schiaffi e a calci una ragazzina rom di 14 anni. Nel frattempo, sono state raccolte numerose dichiarazioni di prostitute rom riguardo ad abusi che avrebbero subito dalla polizia—come essere costrette a pulire le centrali di polizia nude prima di essere lasciate andare.

E i politici sono anche peggio della polizia. Nel 2007 il Ministro degli Esteri della Romania ha avanzato la proposta di comprare un pezzo di terra nel deserto egiziano e trasferire lì la popolazione rom. Nel 2010, il Presidente Traian Basescu ha ricevuto una multa da un'organizzazione romena contro la discriminazione per aver dichiarato che "sono pochi i rom che vogliono lavorare; la maggior parte di loro vive di furti per tradizione."

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Nel 2014 c'è stata una grande polemica quando il sindaco di una cittadina della Transilvania ha sfrattato 74 famiglie e le ha costrette a vivere in una discarica di prodotti chimici. Nel 2012, il sindaco di Baia Mare, una cittadina nel nord della Romania, ha costretto centinaia di rom a vivere in un ex impianto chimico in disuso.

"Gli unici interventi reali in favore dei tossici di Bucarest—e in particolare in favore dei tossicodipendenti di etnia rom—sono portati avanti dalle ONG, che però non sono in grado di gestire un problema di queste dimensioni," mi ha detto Lancione. "Lo stato potrebbe e dovrebbe fare di più—ma lo farà solo quando e se i suoi partner europei (che garantiscono la sua sopravvivenza economica) faranno pressioni in tal senso. Purtroppo questo non sembra essere una priorità, e nel frattempo c'è un'altra generazione di uomini e donne che sta crescendo in condizioni totalmente inaccettabili."

Dal 2007 al 2013, gli stati membri dell'Unione Europea hanno avuto a disposizione un fondo per l'inclusione sociale del popolo rom. Ma la Romania ha utilizzato solo una minuscola frazione dei soldi a cui aveva diritto, perché il servizio civile non aveva idea di cosa farne. Nonostante la minaccia di imporre sanzioni al paese, alla Romania e agli stessi leader della comunità rom romena sembra non importare della situazione in cui versano i loro concittadini.

Quest'anno segnerà la fine del Roma Decade of Inclusion, un programma avviato dai governi europei per favorire l'integrazione del popolo rom, "uno sforzo politico senza precedenti per eliminare le discriminazioni contro il popolo rom e ridurre lo scarto inaccettabile tra le condizioni di vita dei rom e quelle del resto della società europea."

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Ho chiesto a Raluca Negulescu che impatto ha avuto il programma sui ragazzi di Ferentari. "Vicino allo zero, ad essere proprio ottimisti. Esiste ancora un forte razzismo verso i rom. La gente pensa che i tossicodipendenti si meritino di esserlo. Una cosa inaccettabile per un paese europeo nel 2015."

Anche se la situazione oggi è particolarmente tetra, Negulescu crede che un vero cambiamento sia possibile, ma solo se sono i rom a prenderne le redini. "Ci sono dei rappresentati informali della comunità. Non persone che dicono 'Io sono il rappresentante della comunità' ma persone che hanno il supporto della loro gente, che vogliono davvero cambiare le cose e non cercano solo un guadagno personale," mi ha detto Negulescu. "Alcuni di queste donne rom sono incredibili. Sono loro i veri leader. Oggi, nel Settore 5, praticamente non ci sono cariche pubbliche occupate da rom. Ma spero che nel giro dei prossimi dieci anni queste donne siano elette nei consigli cittadini."

L'anno scorso, Negulescu ha lavorato con oltre 300 bambini rom, nell'ambito di un progetto per il recupero degli anni di scuola perduti. "Questi bambini vedono che gli altri prima di loro hanno preso una certa strada, per cui gli sembra naturale prenderla anche loro. Dobbiamo mostrargli che c'è un'alternativa, che possono vivere in un altro modo, così che possano scegliere davvero."

Toto è uno di questi bambini. Il regista Alexander Nanau l'ha incontrato quando aveva solo dieci anni e viveva a via Livezilor con le due sorelle adolescenti. Il regista ha seguito e documentato la sua vita per oltre 15 mesi: l'ha ripreso mentre viveva in un appartamento sporco, abituato ad addormentarsi con dei tossicodipendenti che si bucavano di fronte a lui, mentre sua madre era in carcere per spaccio. Quando anche la sua sorella maggiore ha iniziato a farsi di eroina, lui e la sorella minore sono stati trasferiti in una casa famiglia, dove le loro vite sono cambiate in meglio.

Toto and His Sister, il documentario risultato di quei 15 mesi di riprese, è uscito l'anno scorso. Oggi Toto ha 15 anni ed è uno dei bambini che hanno potuto beneficiare del programma educativo di Negulescu. Nel frattempo è diventato famoso per il quartiere come ballerino e a volte la gente gli chiede l'autografo.

"Quando entro in un negozio mi dicono ancora di non toccare niente, perché dato che sono rom hanno paura che rubi," mi ha detto. "Vado a trovare mia mamma e mia sorella minore nella vecchia casa, mentre mia sorella maggiore è in carcere per aver rubato un telefonino. Oggi divido una stanza con altri due ragazzi, miei amici. Sto bene, sono più felice. Farò il ballerino. Forse il regista, chissà."

È un peccato che l'unico vero aiuto fornito ai tossicodipendenti di Bucarest provenga da due ONG finanziate principalmente da denaro straniero. Con poche risorse a disposizione, queste organizzazioni combattono una guerra persa. La Romania è uno degli ultimi stati ad essere entrati a far parte della famiglia europea, e chiaramente non riceve dall'Unione abbastanza pressioni per fare qualcosa per risolvere questa situazione. Finché in Romania—ma anche in altri paesi dell'Europa centrale e orientale—i rom saranno discriminati e segregati in ghetti, la tossicodipendenza continuerà ad essere un problema, così come l'HIV.

Si può solo sperare che Toto, un ragazzo che ha avuto più opportunità di altri ragazzi come lui, riuscirà a sfuggire al tetro destino di quelli che lo circondano e a lasciarsi alle spalle la vita del ghetto. Ma anche se dovesse riuscirci, sarà comunque un rom. Dopo secoli di discriminazione, è tempo che i bambini come Toto siano trattati come esseri umani.

L'autore ringrazia Michele Lancione e la Hungarian Civil Liberties Union per l'aiuto nella ricerca e nella scrittura di questo articolo. La HCLU ha avviato una nuova campagna di sensibilizzazione sull'abuso di droga nei Balcani: per saperne di più, visita il sito.

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