Mi trovo all’hotel Marmara Pera di Istanbul dove è stato organizzato il convegno Kök Köken Toprak (Radici-Origine-Suolo). È la prima conferenza di questo genere in Turchia. Il governo non promuove eventi di stampo enologico: la maggioranza dei turchi è musulmana e, di essi, solo un approssimativo 40% beve alcolici.Analisi del DNA effettuate dai ricercatori su tralci di vitis vintifera, oltre a diversi ritrovamenti archeologici, portano a ritenere che il vino sia nato proprio qui, in Anatolia.
In Turchia non si possono organizzare degustazioni pubbliche, usare i social media o altri mezzi per promuoverlo, le tasse sono altissime e non si può spedire vino dentro al paese.
La definizione di naturale per lui rimane sempre una sola: proteggere l'eredità della terra che ha scelto come sua. I vigneti. Le uve. E le anfore.
Per secoli il vino è stato fatto nelle küp, le anfore, simili alle più famose kvevri georgiane. Esistono centinaia di tipi di anfore con diverse capacità: quella di Udo arrivano anche a 200 litri e due millenni di vita.
Le anfore dei suoi vini bianchi stanno in cantina, ma (sempre a differenza della Georgia) fuori dal terreno, mentre quelle di rosso vengono lasciate in giardino. Ovviamente non fa nessuna filtrazione né aggiunge nessun tipo di sostanza chimica né in vigna né in cantina. “Sono felice di non avere studiato così posso usare la mia testa, perché non è full of shit altrui" afferma Udo, che rivendica i suoi continui, spesso non fruttuosi, tentativi di vinificazione, comunque tutti volti a valorizzare e preservare la biodiversità delle uve.C’è un rosé chiamato WAW: ha messo delle uve in anfora e l'ha aperta dopo due anni. "Speravamo di fare wow. L’abbiamo fatto”.
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