intelligenti che si comportano da stupidi
Identità

Gli intelligenti che fanno gli stupidi stanno rovinando la stupidità

Certa gente pensa che sia 'cool' essere stupida; ma per noi idioti lo è sempre stato.
Hannah Smothers
Brooklyn, US
Giacomo Stefanini
traduzione di Giacomo Stefanini
Milan, IT

Questo articolo è tratto dallo Stupid Issue, il numero di VICE Magazine dedicato a tutto ciò che è ridicolo, goffo e semplicemente stupido. Contiene le storie delle idee, i trend e i prodotti più improbabili; saggi su quanto l'idiozia, se vissuta con sfacciataggine, possa essere una parte fondamentalmente liberatoria della vita; e articoli che condannano il lato negativo della stupidità.

Ho fatto molte cose stupide nella mia vita, ma la più stupida di tutte è l'anno che ho passato a fingere di essere intelligente dopo essermi trasferita a New York. Circa cinque anni fa, sono arrivata in città dal Texas per uno stage e mi sono ritrovata catapultata nell'enclave cittadina di giovani scrittori e caporedattori, tutta gente che avevo sempre ammirato da lontano. Il trasferimento è stato un perfetto esempio di shock culturale: quell'estate è stata la prima volta che ho sentito nominare l'università di arti liberali o ho bevuto birra insieme a gente laureata nei college della Ivy League (per me, Harvard e Yale esistevano soltanto nel mondo immaginario di Gossip Girl). Avevo frequentato una buona università, ma era pur sempre un'università pubblica in Texas—che non mi aveva nemmeno ammessa al primo tentativo, e da cui ero uscita con voti mediocri. A confronto con i miei nuovi colleghi, mi sentivo un'idiota. (Come molte insicurezze, tutto questo avveniva soltanto nella mia mente e oggi sembra estremamente ridicolo.)

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Il mio complesso di inferiorità non poteva che essere ingigantito dalla mia idolatria verso questo gruppo di persone. Lavoravano in pubblicazioni di grido e avevo letto alcuni loro articoli all'università. Tenevo tantissimo a essere accettata nel gruppo: osservavo, ascoltavo e annuivo. Concordavo ciecamente con opinioni su saggi che non avevo mai letto; condividevo punti di vista su persone che non avevo mai sentito nominare. Prendevo un paio di ipotesi che sembravano intelligenti da una conversazione e le buttavo lì in un'altra. A volte sbagliavo, tipo quando pensavo che fosse giusto apprezzare The Empathy Exams di Leslie Jamison (errore). Riguardando il mio Instagram di quel periodo, riconosco a fatica quella bizzarra versione di me, che faceva cose come andare alle feste delle riviste letterarie e usava didascalie come "mise en scene" (non so cosa significhi). Mi sembra di rileggere il mio diario di quando avevo 14 anni, quando facevo finta che mi piacesse la vodka ai gusti e mi provavo tutti i costumi possibili di "ragazza adolescente" senza trovarne uno che mi andasse bene.

Non mi stavo facendo veri amici—le persone, ho poi scoperto, capiscono quando spari cazzate—ed ero perlopiù infelice. Così, dopo troppo tempo, ho gettato la maschera. Proprio come avevo fatto da adolescente infelice, ho accettato il fatto che quella non era "la mia gente" e mi sono rilassata nella sublime, confortante beatitudine della mia semi-stupidità. È stata una bella sensazione, mi sono finalmente sentita me stessa. Negli anni sono diventata sempre più a mio agio con la mia relativa idiozia, a tratti anche usando la mia inferiorità di istruzione e intelletto come una specie di vanto al contrario: Guarda quanto si può essere scemi pur avendo relativamente successo!

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Quindi potrete immaginare quale immensa sensazione di tradimento mi abbia colta l'anno scorso vedendo alcune persone davanti alle quali in passato avevo fatto di tutto per sembrare un'intellettuale comportarsi come completi imbecilli online. La stupidità è diventata di moda. Nel corso del 2019, i tweet sul "cervello rettile" hanno invaso il mio feed; non potevo connettermi a internet senza vedere alcune delle menti più brillanti della mia generazione dichiararsi pubblicamente "baby". Guardare persone che ho sempre considerato intellettuali fare battute concepite da teenager non sarà mai normale per me; mi ricorderà sempre il meme "How do you do, fellow kids?". Proprio quando avevo vissuto a New York abbastanza a lungo per sentirmi finalmente al passo con la corrente intellettuale, ha completamente cambiato direzione. Se avessi saputo che essere stupidi sarebbe stato figo nel 2020, avrei aspettato qualche anno a trasferirmi.

Ma a cosa è dovuto questo improvviso cambio di valori culturali? Qualche idea me la sono fatta. Forse la situazione catastrofica in cui versa il mondo ci ha corroso i cervelli. Forse, con l'età, semplicemente proviamo nostalgia per l'idiozia della giovinezza. Oppure è solo il cerchio della vita: gli sportivi senza cervello erano i più amati a scuola, poi l'intelletto ha regnato supremo per tutta l'università e ora, dopo diversi anni passati da adulti, siamo tornati alla stupidità come forma di potere. Sicuramente c'è un certo potere nel non avere idea di cosa sta succedendo; posso capire perché sia desiderabile adottare una posa di inconsapevolezza. "Beata ignoranza" è un motto a cui puntare. Gli stupidoni nei film, come nel mondo reale, sembrano sempre quelli che si divertono di più. Le uniche persone che possono permettersi quel tipo di gioia sono quelle straordinariamente privilegiate o quelle supremamente idiote. Entrambe queste posizioni portano pace, ognuna a modo suo.

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Booksmart [La Rivincita delle Sfigate] è un film in cui due studentesse modello che non avevano mai deviato dalla buona strada cercano di passare una serata di pura stupidità. (Non va benissimo. La loro amicizia viene temporaneamente rovinata e, alla fine, imparano che anche i ragazzi che sembrano tranquilli e fanno sempre festa sono stressati e insicuri.) Ho visto lo stesso cliché realizzarsi quando ero all'ultimo anno di superiori, dove i migliori studenti, ormai già ammessi nelle migliori università, hanno cominciato a presentarsi alle stesse feste in cui noi idioti ci sfasciavamo di alcol da anni. Si sono ubriacati tutti decisamente troppo e non sono mai più tornati, avendo così completato il loro breve studio antropologico e deciso che la loro strada era decisamente quella migliore.

Al di là del fattore-imbarazzo portato dal fingere di essere chi non si è, gli intelligenti hanno una incrollabile tendenza a risucchiare via il divertimento dalle cose più deliziosamente stupide. Christopher Hooks, un giornalista texano, ha fotografato questo problema alla perfezione: "A un certo punto, il principio per cui l'arte 'alta' e quella 'bassa' potessero avere entrambe grande valore è diventato ampiamente accettato. E non c'è niente di male. Ma abbiamo superato questo punto e siamo arrivati all'insistenza da parte di molte persone che l'arte stupida che a loro piace sia 'alta'".

Pensa alla proliferazione di editoriali sui reality che si impegnano decisamente troppo per dare un significato a cose che sono semplicemente stupide (e questo è il motivo per cui sono belle). Guardiamo Temptation Island perché praticamente è un sedativo televisivo. Come ogni buon colonialista, le persone intelligenti vedono l'artefatto della stupidità e cercano di appropriarsene, come se avessero scoperto queste stupidate perché hanno cercato di forzargli dentro un significato che non hanno. È un'attività noiosa e priva di senso. Non c'è significato, per questo ci piacciono.

È come quella frase di Allen Ginsberg (che ho dovuto cercare su Google perché è ovvio che non la so a memoria): "Ho visto le migliori menti della mia generazione divorate dal fingersi stupide per divertimento". Mi spiace solo che la moda non fosse questa quando mi sono trasferita qua. Mi avrebbe risparmiato un sacco di tempo.