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Perché gli spot delle auto sono così imbarazzanti?

Anche se non capite nulla di agenzie pubblicitarie, guardando Mad Men avrete imparato che le campagne sulle auto sono il sogno di ogni copywriter. Peccato che nella realtà siano una specie di bestemmia.

Nel corso della notte degli Oscar la Cadillac ha trasmesso il suo nuovo e controverso spot "American exceptionalism", apparso per la prima volta durante le Olimpiadi Invernali. Per il ruolo dell'arrogante e stronzo americano è stato scelto l'attore Neal McDonough. E per quanto il personaggio gli calzi a pennello, questo resta uno dei peggiori spot di auto mai concepiti.

Anche se non capite nulla di agenzie pubblicitarie, guardando Mad Men avrete imparato che pubblicizzare un'auto è segno di realizzazione professionale. La rivoluzione della pubblicità degli anni Sessanta è stata possibile grazie a questi spot, e nello specifico al grande lavoro della Doyle Dane Bernbachper la Volkswagen. Questo, unito alla spietata competizione nel settore, potrebbe far pensare che gli spot che ne escono siano brillanti opere d’arte. Invece— almeno in America—sono talmente brutti da rasentare l’eccesso.

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Cadillac ELR: “Poolside”

Questa pubblicità ha già ricevuto un po' di attenzioni: i liberali la odiano, i conservatori la amano. Quanto a me, non me ne frega niente della politica veicolata attraverso lo spot di una macchina. Ma cosa si vende, in sostanza? 'Murica. Ah, giusto, c’è una macchina nello spot—un’auto elettrica che costa 75.000 dollari.

Il direttore dell’ufficio advertising della Cadillac, Craig Bierley, dice che il pubblico ha frainteso lo spot (in altre parole, ha dato degli “stupidi” ai suoi potenziali clienti). Ecco come l'ha difeso, con l'attitudine spocchiosa maturata grazie al Master in Gestione d’Impresa:

“Dice semplicemente che il duro lavoro paga. Per raggiungere i tuoi obiettivi devi convincerti che tutto è possibile. Devi credere in te stesso, nelle tue possibilità. In fondo la pubblicità si basa sull'ottimismo. È una verità fondamentale dell’essere umano: l’ottimismo nel dar forma al proprio futuro. Il materialismo non c’entra.”

ASSOLUTAMENTE no.

Agenzia pubblicitaria: Rogue, nuova di pacco e con un nome fico, utile soltanto a nascondere il fatto che si tratta di dipendenti della già esistente Interpublic, messi insieme appositamente per vincere il bando Cadillac (circa 250 milioni di dollari all’anno).

Appunto per gli stylist: il completo di McDounough era una taglia in meno.

Chrysler: “America’s Import”

Ecco un altro spot che cerca di vendere il mio Paese, e non un'auto, con un Bob Dylan dalla bocca larga. Lo spot, trasmesso per la prima volta durante il Super Bowl, è una tradegia americana su cui forse è il caso che qualcuno scriva una canzone folk.

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Molti critici non hanno centrato il punto: non è la presenza di Bob Dylan a rendere la pubblicità così brutta—anzi, è proprio la sua presenza ciò che avrebbe potuto renderla interessante. È il modo in cui viene usato: come un paletto che recita frasi piatte e prive di ispirazione, partorite da un copywriter e che per di più non hanno niente a che fare con i testi di Dylan. “Cos’è più americano dell’America?” "Like a Rolling Stone", per esempio.

Lo spot è un'accozzaglia di "cose" americane. Cowboy. Cheerleader. Il tatuaggio di Rosie the Riveter. Il poster di Rosie the Riveter (nel caso qualcuno si fosse perso il tatuaggio). Madre con bambino. Madre vintage con bambino. Dettaglio di ragazze con labbra carnose. Ancora cowboy (CE N’ERA BISOGNO), e via dicendo. E nel caso gli americani non avessero capito chi è il vecchio che parla, ecco un frame in cui Dylan fissa i suoi stessi libri a tema musica.

E poi, come nel caso della Cadillac, un tuffo da sciovinismo dell'era della Guerra Fredda a livello di compitini del liceo:

“Lasciate che i tedeschi facciano la birra, che gli svizzeri producano orologi e che gli asiatici assemblino il vostro cellulare…” Ma allora la Fiat? Perdonali, Tom McElligott. Perdonali, spirito di Bill Bernbach.

Agenzia pubblicitaria: GlobalHue, nell’homepage il copywriter (lo stesso?) dice che l’azienda ha “grande esperienza nel lanciare tendenze.”

Jeep: “Restless”

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Per oggi è l’ultima, non ne posso più.

Anche questo spot—che sembra  scritto da un agente pubblicitario convinto di essere la reincarnazione sobria di Jack Kerouac—è stato trasmesso la prima volta durate il Super Bowl. La voce narrante è quella di un tipo che si è alzato alle due di pomeriggio e che recita davanti allo specchio del bagno. Un estratto:

“Ogni tic del vecchio orologio… ci ricorda che è l’immobilità che ci uccide.” No, il più delle volte è la genetica che uccide, e occasionalmente una Jeep Cherokee.

Agenzia pubblicitaria: Wieden+Kennedy, che è ovviamente il rudere di quello che era vent'anni fa.

Domanda finale: cari giovani e ambiziosi copywriter al lavoro sulle pubblicità di auto, per favore, perché non mettete in pausa il lavoro e vi dedicate a quel romanzo sull’America lasciato in sospeso, così da purgare quelle frasi una volta per tutte? Poi potete tornare alla vita da pubblicitario e iniziare a scrivere roba buona. Grazie.

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