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televisione

La partecipazione di Salvini 'Alla Lavagna' ha sfondato ogni limite della propaganda

La scelta di partire con Matteo Salvini ha scatenato alcuni entusiasmi, ma soprattutto molte polemiche. Ed è finita come potevamo aspettarci.
Vincenzo Ligresti
Milan, IT
alla lavagna
Immagine via Facebook/Rai3.

Avete presente Rai3, il terzo canale di servizio pubblico televisivo? Quello in cui Sandro Curzi dirigeva il tg con dietro “la città ideale”? In cui Bianca Berlinguer ha condotto il programma #cartabianca negli ultimi anni? E dove l’access prime time e Blob sono da sempre un po’ la stessa cosa?

Adesso: che nella terza rete da tempo sia in atto una sorta di sperimentazione sulla fascia preserale è indubbio—vedi per esempio alla voce Be Happy, un programma "ironico" sui costumi moderni e la "ricerca della felicità" negli anni Duemila—ma ciò che è andato in onda ieri, lunedì 12 novembre, sembra aver superato ogni aspettativa.

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Ovvero: la prima puntata di Alla lavagna!, un format prodotto in collaborazione con Endemol Shine Italy, in cui un personaggio di volta in volta diverso viene ‘interrogato’ sul proprio lavoro e su temi di attualità da studenti tra i 9 e 12 anni. Detta così non pare un format all’avanguardia, ma dal costrutto potrebbe rientrare perfettamente in quella “missione di servizio pubblico” che la RAI strombazza in giro.

Ecco, in questo quadro non si sa bene come leggere il fatto che il primo ospite sia stato Matteo Salvini, vicepremier, ministro dell’Interno e segretario della Lega, il partito più longevo del panorama politico italiano. E queste sono infatti state le critiche mosse a monte al programma.

Per capire quelle post-programma, invece, bisogna sintetizzare i punti cruciali dei 20 minuti in cui Salvini ha risposto alle domande, tutte palesemente suggerite da persone grandi e tutte apparentemente scomode, ripetute dai 18 ragazzini seduti tra i banchi.

Per esempio, all’inizio della puntata la bambina Camilla spiega che i grandi le hanno insegnato “che non si devono dire bugie” ma che in questo periodo stanno girando tante “fake news.” Per poi chiedere: “Secondo lei cosa si può fare per impedire tutto ciò?” Il Ministro dell'Interno, a quel punto, risponde che l’importante è “essere curiosi,” leggere tanto, ma che però è inevitabile: “qualche bugia scappa.” E, attingendo dalla sua esperienza, come dargli torto? Vi ricordate, per esempio, quando ha lanciato sui social la notizia di un allarme tubercolosi legata ai migranti, in seguito smentita dal ministero della Salute? Oppure quando il suo spin-doctor, Luca Morisi, ha rilanciato un falso account antifascista per screditare gli oppositori?

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“Molti dicono che lei è razzista, ma lei pensa davvero di esserlo?” chiede poi Sofia. “No, tutt’altro. Razzista significa sentirsi superiore a qualcuno in base a dove sei nato, al tuo lavoro, alla tua ricchezza […] Io non mi sento superiore a nessuno. Secondo me siamo tutti uguali, […] però voglio che tutti rispettino le regole.” Lasciando da parte l'eclatante caso della Nave Diciotti, vi ricordate per esempio di questo?

salvini

Ma ciò che probabilmente ha più stonato è stato quando a Salvini è stato chiesto di spiegare la parola “sovranismo.” Che non è dato proprio il caso possa venire in mente come parola a un bambino, e che anche nel mondo dei grandi sta causando grande confusione—soprattutto, appunto, per l'uso che ne viene fatto, ehm, dal governo gialloverde. Su Treccani, il sovranismo è definito come “una posizione politica che propugna la difesa o la riconquista della sovranità nazionale da parte di un popolo o di uno Stato, in antitesi alle dinamiche della globalizzazione e in contrapposizione alle politiche sovrannazionali di concertazione”, ma che al momento in Italia si è sposato un “’sovranismo’ anti-europeo con una devolution anti-nazionale.”

Per Salvini—che cerca di spiegarlo in modo semplice, "non entro nel merito politico”—è quando in classe “alla fine la decisione deve aspettare ad ognuno di voi.”

Ora, la presenza di politici nel programma non è sconvolgente di per sé. Il format è infatti tratto da Au Tableau!, programma francese ideato da Caroline Delage nel 2017, in occasione delle ultime elezioni presidenziali che hanno portato alla vittoria Emmanuel Macron. Soltanto che la prima edizione della trasmissione vide tutti i quattro candidati principali—Macron, Jean-Luc Mélenchon, François Fillon et Benoît Hamon­—misurarsi con le domande dei bambini presenti in aula.

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In Au Tableau! l'assenza di contraddittorio—bambini vs politici—è stata compensata dalla pluralità delle voci in campo per le presidenziali francesi. Qui, invece?

È probabile che nel complesso, puntata dopo puntata, la situazione potrebbe riequilibrarsi. Come ha spiegato il direttore di Rai3, Stefano Coletta, tra i politici in tanti hanno accettato di partecipare: “da Tajani alla Santanchè, da D'Alema a Gasparri a Veltroni.” Oltre ad altre personalità come Milena Gabanelli, Vladimir Luxuria e Rita Dalla Chiesa.

Resta il fatto che la “puntata pilota” avrebbe potuto (e forse dovuto) essere scelta diversamente, magari senza farla diventare un'occasione di propaganda, come hanno fatto notare più o meno tutti su Twitter.

Al punto che sempre Luca Morisi, il megafono di Salvini, ha detto che il bambino con la maglietta rossa—che nella foto di gruppo con il ministro e 'sovranismo' scritto sulla lavagna non sembra affatto contento—è “il nipote di Martina” (non menzionato, al momento, tra i prossimi ospiti). Per questo non ride.

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