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Questa donna si è fatta un buco in testa per aprire la sua mente

La trapanazione è una pratica antichissima, e Amanda Feilding è convinta che andrebbe praticata molto più spesso.

Amanda Feilding durante l'autotrapanazione.

Esistono tanti modi per raggiungere uno stato di coscienza più avanzato. Molti prevedono l’ingestione di sostanze psicoattive, un paio consistono nell’immersione in una cisterna piena d’acqua e alcuni nel sedersi di fronte a una luce abbagliante, sobri, ad ascoltare musica trance. Ma per quanto ne so, soltanto uno consiste nell’aprirsi un buco in fronte.

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La trapanazione, procedura che consiste nell'apertura di un foro nel cranio poi lasciato guarire naturalmente, eserciterebbe infatti un effetto positivo e prolungato sull’umore dei trapanati, unito a uno stato di benessere generale. Non ci sono prove scientifiche sull’efficacia di questo metodo, ma il fatto che lo si pratichi da decine di migliaia di anni fa pensare che da qualche parte un po' di verità debba esserci.

Amanda Feilding è la direttrice della Beckley Foundation, ente che da oltre dieci anni svolge ricerche sulla coscienza; gli studi di Amanda coprono l’intero spettro delle possibilità di alterazione mentale, dalla cannabis all’LSD alla meditazione buddista, e si concentrano sugli effetti fisiologici della trapanazione. Nei primi anni Settanta Amanda l’ha praticata su se stessa, non trovando un medico che lo facesse per lei, e da quel momento è diventata un’autorità nel campo.

Sono andato a trovare Amanda a casa sua, vicino a Oxford, per parlare della trapanazione e di come sia riuscita a praticare l’operazione su di sé.

Amanda nel 2012.

VICE: Allora, Amanda, puoi ripercorrere brevemente la storia della trapanazione?
Amanda Feilding: La trapanazione è l’operazione chirurgica più antica al mondo, essendo praticata almeno dal 10.000 a.C. da civiltà indipendenti tra loro in quasi tutte le aree del pianeta. Dal Sud America all’Europa neolitica, questa pratica ha una storia molto ricca e varia. Shiva, il dio indù dell’alterazione di coscienza, praticava la trapanazione; anche i monaci tibetani lo facevano, e in Africa è una tecnica portata avanti fino in epoca moderna.

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Cosa intendi per “moderna”?
Il ventesimo secolo. Negli anni Sessanta un nigeriano mi ha raccontato che, quando aveva 13 anni, i ragazzi “hip” del villaggio andavano da uno sciamano a farsi fare la trapanazione.

C’era uno scopo medico preciso?
Assolutamente sì. Queste civiltà non potevano fare ipotesi specifiche sulla fisiologia sottesa alla trapanazione, quindi ne davano una spiegazione esoterica. In altri luoghi era descritta come un “lasciar entrare la luce” o un “far uscire i demoni”. È stata utilizzata con successo per curare mal di testa cronici, epilessia ed emicrania, ed era comune fino alla prima Guerra Mondiale, quando i medici hanno iniziato a praticare la lobotomia—allora si è iniziato a guardare alla trapanazione come a una pratica primitiva. L’enciclopedia di mio padre, del 1912, descrive la trapanazione come una pratica sempre più diffusa nella cura dei disturbi mentali. In effetti è utilizzata ancora oggi per le operazioni al cervello, anche se il foro viene perlopiù richiuso.

Aveva un significato religioso?
Per alcuni la trapanazione era una pratica rituale che riguardava sciamani, re e sacerdoti. Credo sia perché, soprattutto nelle civiltà sudamericane, erano queste categorie di persone a fare uso di sostanze psicoattive.

Ok. Veniamo a te: cosa ti ha spinta a praticare la trapanazione?
Negli anni Sessanta lavoravo sulle religioni comparate e il misticismo, e avevo sentito di uno scienziato olandese che si era trapanato e aveva una teoria a proposito dei cambiamenti psicologici conseguenti a quest’operazione. Non lo conoscevo prima che si facesse la trapanazione, il che significa che non ho potuto constatare i cambiamenti. Nonostante fossi interessata, non me la sentivo ancora.

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Avevo però un amico che l’aveva fatto, e avevo notato un cambiamento molto sottile in lui, una riduzione dei comportamenti nevrotici che tutti noi sperimentiamo. Lo conoscevo davvero bene e sono riuscita a notare la differenza. In seguito, un altro amico che soffriva di mal di testa cronici che gli facevano perdere uno o due giorni ogni settimana si è operato e non ha avuto problemi per i trent’anni successivi. Così ho iniziato a cercare un medico che potesse trapanarmi, mi sono rivolta perfino a un dottore della famiglia reale che sembrava molto interessato. Lui aveva un foro in testa a causa di un incidente da bambino. Dopo quattro anni di ricerche andate a vuoto, ho deciso di farlo da sola.

Un cranio trapanato rinvenuto in Perù. (Immagine via)

Come ti sei preparata all’operazione?
Ovviamente sono stata molto cauta, e mi sono preparata con cura. Ho usato un trapano elettrico con un fondo piatto e un pedale, e ne ho testato la punta su una mano per vedere se avrebbe danneggiato la pelle. Tutto è stato pianificato con cura, ma la preparazione è stata soprattutto psicologica.

Be', farsi un buco in testa va contro ogni istinto, in effetti.
Ho pensato di riprendere il tutto, dato che sono un’artista. È stato utile, perché mi dava l’impressione di distaccarmi dalla situazione e raggiungere un livello superiore.

Quindi ti sei anestetizzata fisicamente, e poi anche mentalmente, considerando la cosa come un’opera d’arte.
Già, è stato utile. Dopo aver completato la procedura, mi sono avvolta la testa in una sciarpa, ho mangiato una bistecca per reintegrare il tasso di ferro che si era abbassato con la perdita del sangue e sono andata a una festa. Non sto incoraggiando nessuno ad auto-trapanarsi; dovrebbe essere un’operazione svolta da medici professionisti.

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Come ti sei sentita dopo?
All'epoca descrissi la cosa come un’onda che ti pervade: avevo la sensazione di elevarmi, lentamente e gradualmente, fino a livelli molto gradevoli, in modo appena percettibile. Ho notato anche un cambiamento nel mio modo di sognare: i miei sogni sono diventati molto meno angoscianti. Che sia solo un effetto placebo? Ovviamente c’è la possibilità, ne sono consapevole. Devo dire che ho notato un cambiamento abbastanza importante da convincermi della sua efficacia, e l’ho visto anche in persone che conoscevo bene e che si sono fatte trapanare.

Qual è il principio alla base della trapanazione?
Quando un bambino nasce, la cima del cranio è molto morbida e flessibile. Per prima cosa le fontanelle si chiudono, le ossa del cranio si saldano tra loro e ciò impedisce una piena pulsazione del cuore—e quindi, una sua piena espressione a livello cerebrale, per intenderci. Questo abbassamento della “pressione delle pulsazioni” ha come risultato un cambiamento della distribuzione dei due fluidi cerebrali: sanguigno e spinale. È il sangue che nutre i neuroni dandogli ciò di cui hanno bisogno, come glucosio e ossigeno. Il fluido spinale rimuove le molecole tossiche.

La trapanazione ripristina una piena forza del battito cardiaco. Poi i capillari lentamente esplodono e lasciano fuoriuscire una quantità equivalente di liquido spinale. Quando la circolazione si fa più debole [ovvero quando il fluido spinale non è pompato nel cervello in quantità adeguate], si possono costituire bacini stagnanti e ciò può contribuire all’insorgere di disturbi come la demenza o l’Alzheimer.

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Un kit da trapanazione del diciassettesimo secolo regalato ad Amanda.

Dopo aver creato la Beckley Foundation hai iniziato a fare ricerca sugli effetti e sui possibili benefici della trapanazione. Cos’hai scoperto?
La ricerca che ho compiuto con lo scienziato russo Moskalenko si svolgeva su pazienti che avevano subito una trapanazione a causa di altre operazioni, osservando gli effetti della rimozione della parte ossea. Effettivamente il flusso di sangue al cervello era maggiore e, nel momento in cui ad alcuni soggetti il foro è stato ricoperto, è diminuito. È chiaro che praticare un foro aiuta la circolazione cerebrale e che chiuderlo ne diminuisce l’attività. È necessaria, però, anche una ricerca su pazienti sani.

Un altro aspetto della ricerca che abbiamo portato avanti era l’osservazione di pazienti con livelli più o meno avanzati di Alzheimer. È dimostrato che il fluido spinale di queste persone abbia una mobilità molto minore che in soggetti con un’attività cerebrale “sana”. Il problema, in questi pazienti, non era la mancanza di sangue nel cervello, ma una ritenzione delle molecole tossiche. Questa ricerca ha contribuito allo sviluppo di uno strumento per misurare i flussi e che può fungere da segnale d’allarme per l’insorgere di disturbi mentali.

Capire se la trapanazione possa essere una misura preventiva efficace per combattere questi disturbi e se abbia altre conseguenze è l’obiettivo che vorrei raggiungere con ricerche più approfondite. Si tratta di un’ipotesi che non si può ancora provare, poiché non disponiamo degli strumenti adatti. Sembra però che sia stata praticata per questo motivo, storicamente, anche se non se ne capiscono i meccanismi reali. La ricerca che abbiamo portato avanti si è basata soltanto su 15 persone, non abbastanza per rivendicare risultati concreti. Abbiamo bisogno di più persone.

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Faresti ricerca anche se non ti fossi fatta la trapanazione?
Sì, credo di sì. Ma credo che la mia esperienza personale mi abbia dato una spinta decisiva.

Come sta andando la ricerca?
È difficile: anche se non è illegale trapanare, non è nemmeno completamente legale. Non è possibile ottenere un’autorizzazione alla ricerca perché non ci sono abbastanza prove per sostenerla, ma non si possono ottenere prove senza ricerca. Credo sia strano che la gente possa sottoporsi a un cambio di sesso ma non a una trapanazione, che è molto più semplice. Dovremmo indagare di più su un’operazione semplice capace di aiutare la coscienza.

Il manifesto della campagna elettorale di Amanda, 1979-1983.

Credi che sarà legale in futuro?
Sì, magari in paesi che hanno più dimestichezza con l’idea di coscienza, come il Brasile o l’India.

Hai cercato di rendere la trapanazione accessibile attraverso il sistema sanitario nazionale, giusto?
Mi sono candidata al Parlamento attravero la piattaforma “Trapanazione per il sistema sanitario nazionale”. Non volevo davvero essere votata: era più un progetto artistico. La mia intenzione era attirare l’attenzione dei medici sull'argomento.

Negli ultimi 40 anni mi sono abituata a combattere i pregiudizi che la gente ha sulla trapanazione, e non ho mai capito perché ci sia un simile tabù. Credo che la società non possa trarre alcun beneficio dal mantenimento di questo tabù, e penso anche che l’unica cosa da fare sia accrescere quanto più possibile le nostre conoscenze in materia di stati alterati. Nelle società tradizionali, più familiari a questi concetti, è riconosciuto un processo sciamanico basato sul mutare il proprio stato di coscienza, che sia danzando, compiendo rituali o ingerendo sostanze psicoattive.

Segui Joseph su Twitter: @josephfcox

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