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L'importante è finire

Qualche storia che non vi farà pentire di essere rimasti a casa a non fare niente anche questa domenica.

Per molti, avere una vita al limite è divertente, perché tra una gamba rotta e l'altra si accumula un sacco di esperienza e rimane comunque abbastanza tempo per annoiare gli amici con aneddoti sulle proprie cazzate. Se non conoscete persone del genere, ecco qualche storia che potete riciclare (o che non vi farà pentire di essere rimasti a casa a non fare niente anche questa domenica).

Illustrazioni di Sam Taylor.

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TRENO IN CORSA Molto tempo fa, a un concerto, incontrai una ragazza. Passammo la notte insieme e decidemmo di continuare quell'avventura a distanza. Qualche mese dopo decisi di andare a trovarla, e prenotai un biglietto del treno per raggiungerla. Ma il giorno della partenza persi troppo tempo nei preparativi (gel nei capelli, profumo, una rasata alle palle e via così) e il mio ritardo si accumulò enormemente. Dovevo sbrigarmi, se volevo vederla prima che tornasse al lavoro o a qualsiasi altra cosa avesse in programma per quel pomeriggio.

Arrivai in stazione e saltai sul primo treno, trascorrendo tutta la durata del viaggio a fare avanti e indietro per la carrozza pensando al modo più rapido per raggiungere casa sua. Mentre il treno si avvicinava al marciapiede della mia fermata, con la mente ancora rivolta alla combinazione di metro e autobus più efficiente, tirai bruscamente la maniglia delle porte. All'epoca c'era ancora il vecchio sistema, e così facendo mi ritrovai sbalzato fuori mentre il vagone era ancora in movimento.

Saltando non me ne ero reso conto, ma invece di planare a terra con delicatezza atterrai sull'asfalto di faccia, rompendomi naso, mascella, polso e ogni singolo ossicino della mano destra.

Quel giorno non lo passai con la mia ragazza, e dopo un po' decidemmo comunque di lasciarci, ma io ho ancora un'enorme cicatrice e la mascella storta a testimonianza della nostra storia.

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KETAMINA SALVA-VITA

Una sera ero a una festa con alcuni amici—quei tipici eventi in cui nessuno sa chi abbia organizzato la cosa e tutti stanno in piccoli gruppetti a chiacchierare e a custodire gelosamente la propria roba. Ad un certo punto mi sono alzato per andare in bagno, e al mio ritorno sul tavolino di fronte al mio amico c'era una riga in mia attesa. Mi ci sono avventato sopra, e tra gli otto secondi e le due ore dopo (sinceramente non ho idea di quanto tempo sia passato, perché la mia concezione di tempo era allegramente andata a quel paese), ho capito che avevo tirato su della ketamina.

Non avevo mai presa granché prima, e quell'assaggio mi ha dato una discreta botta. Mi hanno raccontato che ho incespicato per 15 minuti buoni qua e là per la stanza. Io ricordo di aver iniziato un sacco di frasi dimenticandomi cosa stavo per dire due parole dopo. Ricordo anche di essere uscito di casa in cerca di una birra, completamente illuso che un paio di bottiglie mi avrebbero rimesso in carreggiata. Girovagando per strada perso com'ero non ho notato l'autobus che si dirigeva in mia direzione e che qualche frazione di secondo dopo mi è venuto contro catapultandomi un paio di metri più in là.

Vaneggiavo, ma mi sono alzato poco dopo, scrocchiandomi il collo e la schiena e sentendomi subito meglio. Immagino che la K mi avesse rilassato i muscoli a sufficienza da "contrastare" l'impatto dell'autobus e impedire il peggio. Non so, non capisco niente di scienza. Più tardi ho scoperto di avere un polso e tre dita fratturate, ma ero sopravvissuto a una cosa del genere, quindi, da qualsiasi prospettiva la si guardasse, per me era una sorta di vittoria.

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Mi ritengo una specie di dimostrazione vivente del fatto che la ketamina può salvare la vita, un aneddoto che funziona sempre per rompere il ghiaccio (un po' meno quando si tratta di dirlo ai propri genitori).

BALI È UN PARADISO

Mi trovavo in Asia per un tour di skate e ricevetti una telefonata da un mio amico, Luuk, che diceva di essere in Indonesia e mi chiedeva di raggiungerlo. Ci pensai un paio di giorni, quando finalmente giunsi alla conclusione che "Cavolo, non capita mica tutti i giorni di trovarsi da queste parti, bisogna approfittare" e comprai un biglietto aereo. Trascorremmo due giorni fantastici, fatti di nuotate, relax e incontri interessanti che ci portarono a conoscere altre due olandesi. Poi ognuno riprese la propria strada, io di ritorno in Europa e Luuk al suo viaggio itinerante.

Qualche mese più tardi, il nostro intrepido globetrotter fece ritorno in patria e si rimise con la fidanzata. Ma dopo una settimana iniziò a stare male: era malaria, un caso serio. Quando andai a trovarlo in ospedale lo trovai dimagrito, con gli occhi giallognoli e la pelle praticamente trasparente. La fidanzata gli sedeva accanto, e io rimasi lì, impietrito, in attesa di qualche brutta notizia.

A quel punto entrò un'infermiera, e improvvisamente gli occhi di Luuk sembrarono riacquistare vita. Il caso volle che si trattasse di una delle due ragazze che avevamo conosciuto a Bali e con cui Luuk era andato a letto. La scoperta rese ancora più triste e inquietante la notizia che le sue condizioni di salute non erano affatto migliorate.

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Sorprendentemente, la sua fidanzata non venne mai a sapere dell'infermiera, e sono certo che la sua vecchia conquista fece di tutto perché Luuk si rimettesse, dato che qualche settimana più tardi iniziarono a comparire i segni della guarigione. Ora lui sta bene, è ancora fidanzato e lei è all'oscuro di tutto. Almeno finché non leggerà questa storia. Buona fortuna Luuk!

Continua nella pagina successiva.

TEMPO PER RIFLETTERE

Tutti hanno dei problemi. C'è chi lascia che si manifestino come complessi sfociando lentamente in insicurezze, e chi beve infusi psicoattivi di sciamani amazzoni nella speranza di esorcizzare il tutto. Io faccio parte di questa seconda categoria.

Era la mia quarta notte di assunzione di ayahuasca, e invece delle solite visioni caleidoscopiche, dei traumi infantili repressi e di incontri coi miei antenati, sentii un grande freddo. L'aria aveva lasciato i polmoni, e l'anima era svolazzata fuori dal corpo in una di quelle esperienze extra corporee che si vedono nei cartoni quando uno viene colpito alla testa da una mazza. Sentivo i battiti rallentare, finché non fu tutto nero. Credevo mi sarei soffocato con la mia stessa lingua, e non vedevo altro che un piccolo tunnel con una luce gialla nella distanza. Ero convinto sarei morto, e non riuscivo a ignorare i dispiaceri che avrei provocato a mia madre.

Dopo due ore in bilico tra coscienza e perdita di coscienza ero sicuro di aver distrutto il mio cervello, per sempre afflitto da un profondo trauma psicologico, e mi misi a singhiozzare. Non avevo mai avuto così paura.

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Questo è successo due mesi fa, e nei prossimi giorni ho in programma di ripetere l'esperienza.

TACCHI THAI

Tutti hanno un amico un po' strano. Il mio, invece di iscriversi all'università o cercarsi un lavoro normale come il resto del gruppo, si è trasferito in Thailandia per aprire un bar, svagarsi e conoscere un sacco di donne (leggi prostitute). Era lì già da qualche anno quando ho messo insieme abbastanza soldi da raggiungerlo. Si era già sposato con una delle donne che un tempo pagava in cambio di sesso, e aveva una casa piuttosto carina nella zona più animata di Patong.

I primi due giorni sono trascorsi in totale relax, stesi sulla spiaggia a guardarci intorno e tracannare birre. La terza sera, un venerdì, abbiamo deciso di alzare la posta e vivere appieno la vita notturna di Patong. In una pausa dal lavoro, il mio amico mi aveva dato appuntamento in un bar.

Mentre mi avvicinavo al luogo prestabilito mi vedo sbucare fuori dal bar il mio amico, già piuttosto carico, e in compagnia di due prostitute, una per parte. Ho accennato un sorriso in sua direzione e ho continuato a camminare, per poi sentirmi spingere di lato e vedere la moglie dirigersi a grandi passi in sua direzione, urlando, con una scarpa in mano. Quando mancavano pochi metri ha preso la rincorsa tenendo la scarpa bel sollevata sopra la testa, e con un colpo di braccio gli ha infilzato l'occhio col tacco.

Tutti i passanti si sono bloccati ed è sceso il silenzio, interrotto soltanto dai singhiozzi di dolore provenienti dal volto insanguinato del mio amico. Mi ha guardato per un istante, poi ha perso conoscenza cadendo a faccia in giù sul marciapiede, rapidamente circondato dalla folla. Alla fine l'ambulanza è arrivata a prelevarlo, e il giorno dopo abbiamo scoperto che se il tacco fosse sprofondato un centimetro di più avrebbe potuto danneggiare il cervello e ucciderlo.

Da quell'occhio è rimasto cieco, ma la cosa sembra non disturbarlo più di tanto, dal momento che si bulla con la sua benda sull'occhio. Stranamente non ha denunciato la moglie né lei è incorsa in particolari problemi, e oggi i due sono ancora insieme, nella loro distruttiva vita di coppia a Patong.

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