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A volte mi dimentico come si vive offline

Mi è successo anche in questo momento, e sono in vacanza.

Quando avevo 12 anni ho preso in prestito la lametta da barba di mio fratello e per la prima volta mi sono depilata le gambe. Non ero una grande esperta di bellezza e cura del corpo, quindi non ho usato schiuma o acqua. Ho semplicemente passato il rasoio sulle gambe asciutte, più e più volte, ipnotizzata dal gesto morbido una volta scoperta la giusta angolatura delle lame (che ho reso praticamente inutilizzabili, per la gioia di mio fratello). Però non mi sono tagliata—passata dopo passata, le mie gambe hanno liberato pezzi di pelle secca e rugosa. Il risultato, tutto sommato, non era bellissimo. Sembrava che avessi la forfora ai polpacci.

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Ed è un po’ come mi sento nei confronti di internet ora che sono in vacanza. Tutte le volte che scivolo via dal giardino, dai bellissimi cactus, dalle risate della mia bambina per dare un’occhiata al computer, vedo quella schermata di Gmail con 27 nuovi messaggi contenenti opinioni, inviti e anteprime musicali in formato MP3. E in quel momento provo la stessa sensazione di disagio che avevo per la forfora alle gambe. Quella sensazione non dipende dal fatto che internet sia noioso, però. È perché guardo e capisco: qui è dove vivo tutto il resto del tempo quando non sono in vacanza. Lì dentro. In quell’asciutto palinsesto di cose linkate che si sovrappongono ad altre cose linkate. Tutto quel chiacchierare, commentare, rispondere, tutta quella gente una sopra l’altra, senza mai toccarsi. Twitter—un continuo di opinioni di altre persone e risposte e indignazioni e fredde battute solitarie. Tutti che si accumulano su una lista di dichiarazoini. Come lingue di cane secche che si leccano nel tentativo di trovare qualcosa di umido. Nel tentativo di bagnarsi.

La cosa che mi fa male è che lo guardo e penso, come Newman e Baddiel, "lo vedi quello? Quello sei tu, sei."

“La passione della vita può essere eliminata attraverso la cotemplazione distaccata,” sostiene Czeslaw Milosz.

Voglio essere selvaggia e bella e chiacchierina e toccare le cose.

(Noto, mentre scrivo questo, che Interflora mi ha mandato una mail offrendomi di ricreare il mio bouquet per il matrimonio. Vedete, è per questo che è bello che Facebook legga tutti i nostri messaggi e Google adatti le sue pubblicità a seconda delle ricerche e che la roba nell'account Gmail sia inoltrata ai Quartieri Generali di Google Chrome, così che possano ridere dei tuoi errori di battitura e della tua inabilità a allegare gli allegati che dici di aver già allegato. Questo servizio per fioristi avrebbe indubbiamente beneficiato di un po' di attività di spionaggio. Perché se l’avessero fatto, avrebbero saputo che non mi sono mai sposata e che non ho un bouquet da ricreare. Mi piace l’idea, però. Nel mio bouquet del matrimonio metterei un paio di vecchie scarpe da ginnastica con le stringhe legate insieme, una bottiglia di whisky, una bibbia e un cane.)

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Eppure non riesco a stare lontana da Internet. Uso l'app del mio telefono per caricare un’altra foto di mia figlia, tutti i giorni. Diventa sempre più bionda, i suoi occhi sempre più blu. Dormiamo nello stesso letto, tutte abbarbicate, sudando dal caldo, nel sonno, come in una rete piena di pesci.

A volte mi sveglio di notte e voglio svegliare anche lei, per vederla ridere ancora.

Le sue gambe sembrano un po’ asciutte, però. Altro da Sophie:

Le tacche sulla testiera non significano nulla

Il vibratore a forma di cupcake esiste, purtroppo