Musica

Canzoni per ricordarci che il rap è musica di protesta

Questa raccolta è un ritratto musicale di quello che il rap ha in corpo—dolore, rabbia, voglia di ritratto e riprendersi la vita.
Pig Feet Video

Il 25 maggio, a Minneapolis, quattro agenti di polizia procedono all'arresto di George Floyd. L'uomo ha 46 anni e l'intervento del 911 è stato richiesto dall'impiegato di un negozio, che lo accusa di aver acquistato delle sigarette con una banconota falsa da 20$. Meno di venti minuti dopo, Floyd è a terra e non dà più segni di vita. Nei giorni successivi scontri, proteste e manifestazioni si diffondono in massa negli USA, presto seguiti da ulteriori dimostrazioni di solidarietà, sdegno e vicinanza in tutto il mondo, Italia compresa.

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La morte di George Floyd ha scosso l'opinione pubblica, ma è solo l'ultimo episodio di una serie interminabile di abusi operati dalle forze dell'ordine nei confronti delle minoranze.

L'episodio scuote la cosiddetta opinione pubblica nel profondo, benché purtroppo sia solo l'ultimo di una serie interminabile di angherie e abusi di potere operati dalle forze dell'ordine, in special modo—ma non solo—nei confronti delle minoranze. Occasioni in cui la violenza viene esercitata ben oltre il consentito e il ragionevole, al di là dei limiti etici nell'esercizio del proprio ruolo e quello morale di rispetto delle vite degli altri.

George Floyd in vita era stato un collaboratore di una leggenda dell'hip hop, Dj Screw, colui che aveva stabilito le regole d'ingaggio dello stile chopped & screwed. La vita l'aveva poi condotto altrove, lontano dalla scena musicale, ma quella stessa scena l'ha riconosciuto e riaccolto in fretta in questi giorni, quando si è presentato il momento di rielaborare il lutto, personale e collettivo.

Persino questo processo di accoglienza funerea è però solo l'ultimo di una serie interminabile. Le canzoni dedicate alle violenze poliziesche, al razzismo, agli abusi di potere e alle proteste sono decine, probabilmente centinaia, e di centinaia è colma anche la matassa di corpi che è quasi impossibile sbrogliare.

Un'affermazione famosa, solitamente attribuita a Chuck D, cioè una delle voci principali della leggenda Public Enemy, recita: "Il rap è la CNN del ghetto". Perché il rap, e l'hip hop, sono questione di cronaca di tutti giorni, un linguaggio e una cassa di risonanza per fatti che accadono sulle strade a una minoranza specifica, quella degli afroamericani.

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Troppo spesso lo dimentichiamo, anche qui in Italia. Soprattutto qui in Italia, quando riutilizziamo un linguaggio e lo facciamo del tutto nostro, scordandoci comodamente di ragionare e mettere in discussione i principi, come ad esempio l'utilizzo di un termine al posto di un altro: una bi**h o un n**ga scambiati come moneta corrente in un gioco serissimo di discriminazione e sopravvivenza che non ci appartiene.

Per questo abbiamo qui voluto raccogliere alcune tracce recenti o che stanno uscendo proprio in questi giorni, a mo' di monito, memoria e indice di consultazione per tutte queste giornate storte, vissute troppe volte. Per mostrare almeno un poco del debito culturale e di riconoscenza che dobbiamo a chi questi suoni, queste rime e cronache, li vive ogni giorno sulla propria pelle.

Run The Jewels - Walking In The Snow

Di tutta attualità, quasi una cronaca, la canzone è in realtà stata composta più di un anno fa benché sia uscita ora. Un dato significativo che sottolinea quanto razzismo e violenza siano sistemici e strutturati negli apparati polizieschi. Il celebre "Non respiro" citato in questa canzone è tanto di George Floyd quanto di Eric Garner, un'altra morte che nel 2014 ha segnato la comunità afroamericana e quella internazionale.

Lo scrittore Ta-Nehisi Coates descrive così l'evento nella lettera al figlio quindicenne, Samori, contenuta in quel libro straordinario che è Tra me e il mondo: "Ti scrivo perché questo è l'anno in cui hai visto Eric Garner morire soffocato per aver venduto delle sigarette; perché ora sai che Renisha McBride è stata colpita da un proiettile mentre chiedeva aiuto, che a John Crawford hanno sparato perché dava un'occhiatata agli scaffali del supermercato. Hai visto uomini in uniforme sparare dall'auto e uccidere Tamir Rice. Un ragazzino di dodici anni che erano tenuti, sotto giuramento, a proteggere. E hai visto uomini con le stesse uniformi picchiare a sangue Marlene Pinnock, una nonna, sul bordo di una strada". Il pezzo dei RTJ riprende quel sentimento e lo mette in musica.

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Terrace Martin feat Denzel Curry, Daylyt, Kamasi Washington, & G Perico - Pig Feet

Altro pezzo incendiario, questo è stato però prodotto proprio in questi giorni ed è una purissima traccia di protesta creata da Martin, uno che è stato nominato più volte ai Grammy e che produce Kendrick Lamar. Il risultato è un pugno in pieno volto, con un rap fotonico serrato e fraseggi jazz impazziti a firma di Kamasi Washington, quasi a saldare una volta in più la continuità tra queste forme e questi linguaggi, uniti nella lotta e nella rivendicazione.

"Il video sta succedendo in diretta fuori dalla vostra finestra," ci dicono, e non potrebbe essere più vero. "La polizia? / La polizia l'ha ucciso?", urla l'interludio, mentre l'artista ribadisce la sua rabbia e cerca di far sentire la sua voce, tra spari, sirene e la volontà di cambiare concretamente la situazione. Denzel Curry, che partecipa alla traccia, ha perso il fratello dopo che questi è stato colpito ripetutamente col taser e con lo spray al peperoncino, sempre dalla polizia.

Nasty C feat Ti - They Don’t

"Non vogliono io vinca, non vogliono io mangi / Non vogliono vedere un giovane nero avere successo / Non vogliono io porti via i miei fratelli dalle strade" e ancora "Quando perdi i tuoi cari per colpa della fottuta polizia, lo senti nel profondo" e ancora "Diventa così difficile, non possiamo fuggire l'oscurità" e ancora "Fare il mio meglio per aiutare la tua famiglia, perché è anche la mia".

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E potremmo andare avanti a lungo, in un pezzo anche in questo caso nato in questi giorni, che però si affida al tono morbido e spirituale della voce di Nasty C per affidare il suo messaggio contro le discriminazioni razziali, almeno prima che T.I. arrivi sulla traccia più dritto al punto, in stile e nei concetti: "A dirla tutta, se devo essere sincero / La miglior cosa che abbia mai visto è quella stazione di polizia ridotta in cenere".

YG - FTP

Sono praticamente 50, sì, 50 le volte in cui YG declama apertamente il suo pensiero. Lo fa senza giri di parole e particolari ritrosie: "Fanculo la polizia", dice puntando ancora più in alto, "È la Ku Klux polizia, in missione / È la Ku Klux polizia, hanno un piano / È la verità e io non mi fermerò / Il caso è aperto, la polizia già mi odia, perché no".

D'altronde, Young Gangster è lo stesso che ha inciso "FDT (Fuck Donald Trump)" e la verve decisamente non manca a questa traccia molto old school, ritmo, insistenza, loop di piano ed incedere riottoso.

Dame D.O.L.L.A. - Blacklist

Tra le canzoni del lotto, è quella più particolare. Nei fatti, nient'altro che uno spoken word con un sottofondo strumentale pseudo orchestrale e in crescendo. "Da fratello di buon cuore, ti dico di fotterti se sei razzista", dichiara Damian Lillard in apertura, cestista professionista di Portland tornato al suo alter ego rap. La traccia è quasi un editoriale sul momento storico e su quel che succede, una disamina sentita ma inquietantemente calma, tra "La pandemia razziale è anni in anticipo rispetto al virus" e "Perché i bravi poliziotti non denunciano le mele marce? / Il Presidente è andato in TV bello tranquillo, del tipo 'Se saccheggi, ti spariamo', come se fosse un gioco".

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E ancora, "La nostra bella cultura, messa a ferro e fuoco, ne abbiamo abbastanza / O cambia qualcosa o le cose si faranno brutte / Punto". Sottile e diretto, minaccioso ma placido, "Blacklist" è un pezzo che ti s'infila sotto la pelle, un brano dove la catarsi melodica, il crescendo musicale e la risoluzione finale non arrivano mai. Giustamente.

Jay Electronica - Ghost of Soulja Slim

Dopo decenni, e un'attesa spasmodica da parte di una ristretta cerchia di fedeli, Jay Electronica droppa la sua bomba a 43 anni. A Written Testimony, uscito sotto l'ala protettrice di JAY-Z, è un mastodontico e poderoso disco, fortemente politico e spirituale, intriso di militanza e influssi dalla Nation of Islam.

In questa straordinaria canzone, in particolare, tra debiti all'hip hop classico e valanghe di beat accompagnati da rime incredibili e una produzione al top, si sprecano i riferimenti all'Islam e all'Africa, tutto in funzione di un singolo scopo: dare forza e consapevolezza alla comunità nera. Ricordando quanto, prima delle videocamere sui cellulari e prima dei social network, moltissimi crimini razziali rimanessero impuniti.

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