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La strana storia del termine 'Big Bang'

Paradossalmente, lo scienziato che ha coniato l'espressione era il primo a dubitare della teoria.
Immagine: english.cam.ac.uk

Fred Hoyle è stato il classico bastian contrario dell'astronomia. Cervello dietro la teoria della nucleosintesi—il processo attraverso cui gli elementi vengono creati all'interno delle stelle con la fusione nucleare—e autore di classici della fantascienza come La Nuvola Nera, era anche brutalmente testardo e fece molti gravi errori. Hoyle fu anche un precursore dei moderni programmi di diffusione scientifica, tenendo una serie di famosi discorsi per la BBC tra gli anni '40 e gli anni '50, tra cui uno il 18 marzo 1949 in cui rifiutò la nozione di un "Big Bang" come origine dell'universo, coniandone il termine.

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Le parole esatte di Hoyle furono queste: "Quelle teorie sono state basate sull'ipotesi che tutta la materia dell'universo sia stata creata in un "big bang" in un momento particolare di un passato remoto." Ora sappiamo che il Big Bang è una nozione scientifica accertata, ma nel 1949 a Hoyle non sembrava affatto plausibile. Se tutto era arrivato all'esistenza in un'eruzione cosmica in un dato momento, questo significa che c'era qualcosa "prima della scienza." Un pensiero poco rassicurante.

"Quelle teorie sono  basate sull'ipotesi che tutta la materia dell'universo sia stata creata in un 'big bang' in un particolare momento del passato remoto."

Hoyle sosteneva piuttosto una teoria dello stato stazionario per l'universo. Era un'idea assurda, per lo più, ma al tempo lo scienziato la prese molto seriamente. Spiegava che l'universo attuale è sempre stato e sempre sarà, sostenendo che un'espansione dell'universo avrebbe portato a una creazione di materia perpetua nello spazio che separa le stelle.

È un po' come dire che invece il Big Bang non è accaduto una volta ma è un processo continuo che accade da sempre, che non ha avuto inizio e continuerà per sempre. Senza una fine. Nonostante non fosse accolta del tutto favorevolmente, l'idea dello stato stazionario non venne confutata completamente fino alla maturazione della radioastronomia un po' di anni dopo.

"Il Big Bang e i modelli dello stato stazionario hanno fatto predizioni molto differenti sull'universo," ha scritto l'astrofisico Mario Livio nel suo bestseller Brilliant Blunders. "Quando osserviamo galassie che sono a miliardi di anni luce di distanza, abbiamo un'immagine di queste galassie come erano miliardi di anni fa. In un universo in continua evoluzione (il modello del Big Bang) questo significa che osserviamo questa particolare parte dell'universo quando era più giovane e quindi differente."

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"Nel modello dello stato stazionario," ha continuato Livio, "d'altra parte, l'universo è sempre esistito nel medesimo stato. Di conseguenza le parti remote dell'universo ci si aspetterebbe avessero lo stesso preciso aspetto dell'ambiente circostante."

La teoria dello stato stazionario, dunque, era chiaramente confutabile e la sua erroneità sarebbe stata confermata dalla radioastronomia e dal fisico di Cambridge Martin Ryle. Ryle iniziò a catalogare le fonti di rumore radio (allora definiti ambiguamente come stelle oscure o galassie radio) oltre il nostro sistema solare, notando che variavano di intensità. Trasse così una semplice e intuitiva conclusione: più il segnale era debole, più lontano si trovava la fonte (e quindi, più antica era la fonte): questo portò all'osservazione che c'erano molti più segnali deboli rispetto a quelli potenti. Questo significava (o si pensava significasse) che in passato la densità dell'universo era molto più alta.

Queste osservazioni non erano compatibili con un universo stazionario, a una teoria che quindi implicava un'uniformità nel tempo, ma erano perfette per la teoria del Big Bang. Nel 1961, con una mossa sospetta, Ryle invitò Hoyle a partecipare a una conferenza stampa sulle sue nuove scoperte, che risultarono essere un'ulteriore confutazione della teoria dello stato stazionario, e quindi delle teorie di Hoyle. C'è da dire che Hoyle fece praticamente la stessa cosa nei confronti di Ryle dieci anni prima, quando con la sua teoria dello stato stazionario attaccò l'emergente cosmologia basata sul Big Bang; come risultato Hoyle venne praticamente costretto a non apparire in pubblico per varie settimane.

Due anni dopo il destino della teoria dello stato stazionario venne definitivamente segnato. Gli astronomi scoprirono i quasar—prima 3C 273, poi molti altri, dei nuclei galattici attivi estremamente luminosi che emettono potenti sorgenti radio. Questo permise di fare osservazioni e inferenze sulla distanza e l'età di questi oggetti, e, grazie alla legge di Hubble, si poté determinare che questi nuovi oggetti erano molto, molto lontani dalla terra e molto, molto luminosi. Quelle che sembravano stelle vicine erano in realtà galassie superluminose molto distanti.

Questo segnò la fine della teoria dello stato stazionario di Hoyle, anche se l'astrofisico non rinunciò mai del tutto alla sua ipotesi, neanche quando morì nel 2001. Come notava un necrologio sul New York Times, Hoyle passò gli ultimi anni della sua vita a occuparsi di "malattie provenienti dallo spazio". Credeva fermamente che la vita avesse avuto origine dallo spazio, e che una genesi con base terrestre sarebbe stata impossibile, il che lo portò a concludere che molte delle epidemie in Gran Bretagna avrebbero potuto essere attribuite a "nuvole viventi" e "forze vitali cosmiche".

Nonostante tutte le vicende, Hoyle non intese il suo termine "big bang" come derisorio. L'astronomo voleva semplicemente un buon termine, comprensibile per il pubblico della radio. E ora sappiamo che quello era il termine migliore.