Allora, com'è il nuovo album degli Sleaford Mods?

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Musica

Allora, com'è il nuovo album degli Sleaford Mods?

"English Tapas" è il disco che piazza l'asticella dell'onestà e dell'urgenza in musica per il 2017.
Giacomo Stefanini
Milan, IT

C'è un pezzo nel primo disco degli Sleaford Mods, quello omonimo del 2007, prima che Andrew Fearn entrasse nel gruppo, che si intitola "Teacher Faces Porn Charges"—un sample da due barre di "Let's Get It On" di Roni Size & Reprazent e Jason Williamson che inizia ogni strofa con questo grottesco titolo di giornale e poi procede a far diluviare sull'ascoltatore una serie di immagini di vita finita, da fallito. "Ho trentacinque anni e mia madre mi mette ancora i soldi nel conto corrente, così posso andare al negozio in infradito e pigiama a comprare una borsa di birre". È il ritratto di un uomo sconfitto, lo sfogo di un disperato, ma il tono è calmo, misurato e contrasta in maniera stupefacente con la scoppiettante base drum&bass.

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A dieci anni e nove album di distanza, arriva English Tapas, il debutto degli Sleaford Mods per Rough Trade, che tra le altre canzoni ne contiene una intitolata "Just Like We Do", in cui Williamson rivendica il successo della band e si leva la soddisfazione di scandire con tono di scherno: "Proprio come noi, proprio come noi, alla prima occasione andresti in giro con una gran faccia di cazzo proprio come noi". Se tutte le persone arroganti avessero i buoni motivi per esserlo che ha lui, questo mondo sarebbe un paradiso.

Quello che abbiamo tutti scoperto nel 2013 con Austerity Dogs, ma che Williamson ha sempre saputo, è che non c'è via d'uscita per lui. Che cosa volete che faccia, che torni al centro di collocamento? Che formi un altro gruppo rock? Che torni in ufficio? "No, finirei semplicemente per derubare il cazzo di posto. Stai lì tutto il giorno con una cassa piena di banconote da 20, è difficile che le porti in banca. Ho delle droghe da prendere e una mente da spaccare" ("Jobseeker").

Per lui non esiste l'opzione di sbattere il muso contro il muro della mediocrità giorno dopo giorno fino a farci il callo. Non è solo che ha toccato la fredda superficie del proverbiale fondo anni prima, orfano malvoluto del britpop nella zona più merdosa dell'isola, con un problema di cocaina, di soldi e di famiglia, e una serie di manie di grandezza che aveva scambiato per progetti. Non ha più voglia di mentire a sé stesso né ai suoi ascoltatori che, grazie alla sua attitudine umile e diretta e all'energia dei suoi concerti tra non-musica, hip-hop e post punk, sono diventati un pubblico numeroso e fedele.

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Austerity Dogs, in caso non ve lo ricordaste, è tra i dischi più impressionanti degli ultimi dieci anni. Immaginatevi di ascoltarlo per la prima volta dopo la sua uscita per Harbinger Sound, un'etichetta che fino a quel momento era specializzata in noise ed elettronica sperimentale: la prima reazione è quella di rimanere spiaccicati dall'aggressività di Williamson. Il minimalismo delle basi di Andrew Fearn oscilla tra l'attacco frontale di stampo anarcopunk e i pattern hip-hop da freestyle, ma è la voce che impressiona: il sottile velo di ironia che ricopre le invettive a tratti si squarcia quando Williamson sembra perdere la pazienza e il filo del discorso sforando la metrica e abbandonandosi a serie di improperi proferiti sputacchiando.

"È una cosa seria. Certo che lo è, cazzo. Pensi che io stia ignorando soldi e fama per divertimento?" ("Fizzy")

Divide and Exit ha il grande vantaggio di uscire nel momento in cui si inizia seriamente a parlare della band, ma allo stesso tempo di essere stato registrato quando ancora non se la cagava nessuno. Ad aprile 2014 il nome degli Sleaford Mods ha già cominciato a girare nei circuiti legati all'underground punk e garage, ma anche nelle riviste più grosse grazie alle controversie sollevate dai testi di Williamson.

Fortunatamente è anche forse il disco più riuscito del duo, capace di conquistare i fanatici delle cacofonie post-punk con pezzi come "Air Conditioning", "Livable Shit", "Under the Plastic and NCT" e "Middle Men", ma azzeccando anche singoli dall'incredibile potenziale radiofonico (non fosse per il linguaggio irripetibile) come "Tied Up In Nottz", "Tiswas" e "Tweet Tweet Tweet". Mettici un pezzo esclusivamente dedicato a prendere in giro il cane della regina ("The Corgi"), uno il cui ritornello è rivolto esplicitamente a Sir Paul McCartney (non in termini esattamente lusinghieri) e un paio di versi assolutamente memorabili come "Non riesco a credere che i conservatori esistano ancora, figurati che siano ancora alla guida del cazzo di Paese" e l'indimenticabile (e intraducibile) "Weetabix, England, fucking shredded wheat Kellog's cunts" che in sette parole (tre tipi di cereali da colazione, due insulti e un nome di luogo) dipinge un esilarante quanto tetro ritratto della provincia inglese, e hai il materiale perfetto per mille articoli.

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Nel frattempo, i due cominciano a esibirsi all'estero. L'intellighenzia musicale mondiale per tutta risposta alza il sopracciglio con sospetto. "È la solita storia che si ripete", si mormora su internet. "Arriva una band che sembra debba fare la rivoluzione e poi si fa comprare, vedrai, sarà come 15 Million Merits di Black Mirror". Williamson non sembra per nulla preoccupato. Concede interviste su interviste, dedicandosi anche a scrivere articoli di suo pugno in veste di commentatore politico ma anche solo di personaggio interessante, ingaggia esilarante battaglie su Twitter con gente del calibro di Arctic Monkeys, Kasabian, The Kills, Blossoms.

Nel 2015 arriva l'attesissimo Key Markets. È il disco che esce nell'anno di Glastonbury (dove Williamson non riuscirà a trattenere il proprio disprezzo per il pubblico del megafestival, come racconta nella nostra intervista), in un momento di grande attenzione nei loro confronti. Certo, sarebbe una bugia dire che non risenta del solito problema dell'album che segue un capolavoro, ma il mordente è ancora tutto lì. Anche perché la formula non vuole cambiare.

Gli Sleaford Mods non hanno paura di niente. "Sei in trappola? Anch'io. Alienazione, non frega niente a nessuno" sputa Williamson in "No One's Bothered", mandando un messaggio molto preciso al suo pubblico: il tuo status di freak non riguarda altri che te—abbraccia la tua vera natura e, se devi, esprimila. Lui ha cominciato a sputacchiare in un microfono, perché altrimenti sarebbe probabilmente morto. Ma siamo chiari su questo punto: non basta che sia voglia, deve essere bisogno.

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È ottobre 2016 e arriva il debutto su Rough Trade, l'EP T.C.R.: 18 minuti di vetriolo, disarmante onestà e sarcasmo. T.C.R., la pista di macchinine telecomandate, è la trappola dei meccanismi sociali, "spero che tutto si apra e si spinga al limite, che si apra fino a rompersi" ("I Can Tell"), come dire che nell'epoca della filter bubble la battaglia più dura è quella dell'autodeterminazione. Ma gli Sleaford Mods non dimenticano che il metodo più efficace per far passare un messaggio è: a) sbattersene del messaggio; b) prendere in giro il messaggero. E allora ci sono i grandi momenti di humour auto- ed etero-riferito di "Dad's Corner" e "You're a Nottzhead" (quest'ultima con una irresistibile base minimale dai suoni quasi jungle).

Arriviamo a oggi, esce English Tapas, quarto LP per la coppia Williamson/Fearn. Il titolo è un'idea di Andrew, ispirato dal menù di un pub in cui si pubblicizzavano queste tapas all'inglese: mezzo scotch egg, una coppetta di patatine, un cetriolino sottaceto e un mini-tortino di maiale. In un Regno Unito post-Brexit, la giustapposizione tra l'esuberanza del nome e lo squallore del piatto si può senza dubbio rappresentare con un diagramma a forma di Sleaford Mods.

Allora, com'è? È esattamente il disco di cui avevamo bisogno. Tanto per cominciare togliamo subito di torno una domanda scema: no, non è un disco sulla Brexit. Il futuro del Paese viene descritto come "una bandiera pisciata e un pacchetto gigante di patatine al formaggio", ma ci sono anche dei momenti di pessimismo.

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Appena premo play "Army Nights" mi fa saltare sulla sedia con la sua batteria tu-pa-tu-pa che sembra uscita da un disco Crass Records. "Mop Top" prende in giro il loro bersaglio preferito, Boris Johnson, e le band afflitte dalla sindrome della reunion. Nel lento incedere di "Time Sands" la vita è sabbia nella clessidra, ogni volta che si raggiunge il fondo qualcuno la rigira e ricomincia la caduta; in "Drayton Manor" gli esseri umani sono descritti come "linee adiacenti, come la mappa della metropolitana o qualcosa del genere, ogni tanto si incrociano ma non si dicono mai niente, mai".

In generale, la maggior differenza rispetto agli altri album è una maggiore concentrazione sulle canzoni, meno sbavature, meno "fuck off" fuori campo. Ciò è probabilmente da imputare alla presenza, per la prima volta, di un vero produttore (Steve Mackey dei Pulp) che, con la sua mera presenza, deve aver mitigato lo spirito clownesco di Williamson che in passato si esprimeva con pernacchie, rutti e una generale attitudine irrispettosa verso il suo ennesimo datore di lavoro, il signor Microfono. A parte per questo e, forse, per qualche voce doppiata in più, il produttore è praticamente inesistente—Williamson e Fearn sono difficili da infiocchettare.

Ci sono vari motivi per cui questo disco è uno dei migliori che sentiremo quest'anno: è esaltante da ascoltare, i suoi ritornelli ti rimangono in testa e le basi ti fanno ballare o pogare o scapocciare con la birra in una mano e la svapa nell'altra; i testi sono acuti come la miglior stand up comedy e disordinatamente poetici come i flussi di coscienza di Mark E. Smith; ma, soprattutto, è un disco solido, concepito da una band che prende davvero sul serio quello che sta facendo.

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Jason Williamson, per tornare al paragone con la stand up comedy, ricorda personaggi come Dave Attell o Doug Stanhope: la sua arte e la sua vita sono perfettamente sovrapposte, e per questo la sua forza è assolutamente unica. Il che non significa che gli viene tutto naturale, deve lavorarci: ma lavorare per diventare se stessi dà risultati molto diversi da lavorare per diventare qualcun altro. Pensateci, la prossima volta che decidete di buttarvi nella musica.

Ordina English Tapas sul sito Rough Trade o cercalo al tuo negozio di dischi di fiducia.

Gli Sleaford Mods saranno in Italia in maggio per quattro date:
sab 27 maggio @ Santeria Social Club, Milano
dom 28 maggio @ Spazio 2011, Torino
mar 30 maggio @ Locomotiv Club, Bologna
mer 31 maggio @ Monk Club, Roma

Giacomo è su Twitter: @generic_giacomo.

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