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A Bangkok si continua a protestare

Mentre l'opposizione ha dichiarato che cercherà in tutti i modi di sabotare lo svolgimento delle elezioni e i gruppi filo-governativi sono tornati all'attacco, il clima in Thailandia si fa sempre più teso.

Un ciclista si muove tra le barricate a Bangkok.

Mentre le proteste contro il governo continuano a paralizzare la città, il clima a Bangkok si fa sempre più teso. I presidi dei dissidenti sono stati più volte attaccati e alcuni attivisti sono stati uccisi a colpi d'arma da fuoco davanti alla folla. Nemmeno la proclamazione dello stato di emergenza, la scorsa settimana, è bastata a calmare le cose, e l'opposizione ha dichiarato che cercherà in tutti i modi di sabotare lo svolgimento delle elezioni previste per il 2 febbraio.

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La scintilla scatenante è stata il cosiddetto "decreto di amnistia", che avrebbe consentito al controverso ex primo ministro Thaksin Shinawatra di rientrare in patria dall'esilio. Ma la protesta si è presto trasformata in qualcosa di molto più grande, perché le "camicie gialle"—come vengono chiamati i sostenitori del Movimento Civile per la Democrazia, una forza di ispirazione monarchica che contesta il risultato di tutte le elezioni che non si concludono a suo favore—stanno chiedendo l'estromissione dalla politica della famiglia Shinawatra nonché vaste e non meglio precisate riforme, affidate a un "Consiglio del Popolo" di natura non elettiva i cui membri siano scelti all'interno della loro cerchia.

Membri del servizio d'ordine dell'opposizione cercano un sospetto subito dopo una sparatoria.

Il cosiddetto "Shoutdown di Bangkok", che consiste nell'innalzamento di barricate e nel blocco delle principali arterie stradali, trasformate in accampamenti di protesta, va avanti ormai da due settimane. Ma sembrerebbe che i capi della protesta stiano iniziando a sentirsi sempre meno al sicuro nel cuore della città: varie manifestazioni dirette verso i palazzi del governo sono state cancellate a causa di "rischi per la sicurezza" e il leader dell'opposizione Suthep Thaugsuban ha temporaneamente sospeso le marce di raccolta fondi.

I loro presidi sono stati oggetto di attacchi fin dall'inizio delle proteste. La scorsa notte uno di essi è stato bersaglio di colpi d'arma da fuoco, mentre un altro è stato colpito da una granata M79 lanciata dalla superstrada che lo sovrasta. La notte precedente, una troupe di VICE News era sul posto, nel centro storico della città, quando una folla di manifestanti, principalmente uomini e donne di una certa età, ha subito un attacco simile a base di bombe "da ping pong"—piccoli ordigni fatti in casa con polvere da sparo e una breve miccia—e, a quanto sembra, colpi di arma da fuoco. C'era un piccolo rifugio lì vicino e gli uomini del servizio d'ordine, presi dal panico, hanno fatto sdraiare a terra i dimostranti che si trovavano al suo interno, mentre passavano al setaccio tutti gli edifici della zona. Secondo una testimonianza, le forze di sicurezza dell'opposizione hanno anche inviato un drone a ispezionare la zona mentre, sul palco, uno dei leader ha annunciato, in modo piuttosto colorato, che "i lupi sono usciti dalle tane e noi stiamo per metterci sulle loro tracce."

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Alla fine non sono riusciti a catturare nessun "lupo", ed è improbabile che ci riescano in futuro. Non è chiara nemmeno la matrice politica degli attacchi: accuse e controaccuse supportate da motivazioni politiche si rincorrono ogni volta tra le varie fazioni. Una possibilità è che gli attentatori fossero appartenenti o affiliati alle "camicie rosse", un gruppo estremista vicino al movimento a favore del governo. Ma, onestamente, non sono in grado di affermare una cosa del genere, né pare ci sia qualcuno in grado di farlo. La situazione in Thailandia, al momento, è confusa e incasinata.

Sostenitori dell'opposizione fuori dal Royal Thai Army Club.

Il caos va avanti da [martedì](http:// http://thainews.prd.go.th/centerweb/newsen/NewsDetail?NT01_NewsID=WNPOL5701280010007), quando, durante una manifestazione all'esterno del Royal Thai Army Club, un poliziotto in borghese avrebbe sparato a un manifestante e sarebbe per questo stato aggredito dalla folla prima che entrambi venissero portati via in ambulanza. A meno di 100 metri di distanza, il primo ministro Yingluck Shinawatra si riuniva con i membri del Comitato Elettorale per decidere se le tanto contestate elezioni dovessero tenersi o meno: alla fine il governo ha deciso che si terranno domenica 2 febbraio, com'era stato già stabilito.

La decisione non ha fatto altro che alimentare la rabbia dell'opposizione, che considera le elezioni come una sfida alla sua richiesta di "riforme prima di tutto."

Quella stessa notte, in uno dei sui discorsi, Suthep ha minacciato di bloccare Bangkok e di imporre la chiusura dei seggi nel giorno delle elezioni. "Svuoteremo tutte le strade di Bangkok finché non sarà possibile pranzare al centro della strada, e sarà esattamente quello che faremo," ha detto.

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I paramedici soccorrono le vittime di un attacco con bombe "da ping pong".

La settimana scorsa, in un giorno di voto anticipato, abbiamo assistito allo scenario che potrebbe verificarsi nel caso queste minacce si traducessero in azioni. In tutta la capitale, gruppi di manifestanti dell'opposizione hanno impedito agli elettori di votare, e anche quel giorno, come molti altri ultimamente, si è concluso con una sparatoria. Il leader delle camicie gialle Suthin Taratin è stato assassinato davanti a tutti, mentre parlava a una folla di sostenitori.

Se Suthep e i suoi seguaci dovessero venir meno alla loro parola una seconda volta, durante la tornata elettorale di domenica potrebbe scatenarsi nuovamente la violenza. Alcuni rappresentanti delle camicie rosse hanno annunciato l'intenzione di inviare i loro uomini a proteggere le sedi di voto, ma è improbabile che una cosa del genere possa avvenire senza provocare scontri che autorizzerebbero l'intervento dell'esercito, una circostanza che le camicie rosse vorrebbero evitare.

Il leader dell'opposizione Suthep Thausuban durante un comizio a Bangkok.

Per ora, i vertici militari sono rimasti apparentemente neutrali, agendo spesso da mediatori tra i manifestanti e la polizia. Ma l'esercito resta sempre pronto a intervenire e a prendere il controllo e, se i generali dovessero temere una degerazione, la loro mobilitazione è certa. Ciò che si chiedono tutti è cosa accadrebbe allora.

Riassumendo: le proteste continuano, il governo persiste nel suo atteggiamento sprezzante, e l'esercito è pronto. Ci sono poche possibilità che la situazione si risolva in modo positivo. Se l'opposizione non avrà ciò che vuole continuerà a protestare, via via con sempre più frustrazione. Se otterrà quanto richiesto, le camicie rosse filogovernative risponderanno, forse con la violenza. E anche se durante questa tornata elettorale dovesse filare tutto liscio, ed è un "se" molto grosso, è improbabile che le cose cambino. Probabilmente le camicie gialle non accetterebbero il risultato e occuperebbero nuovamene le piazze e le strade della città. È improbabile che l'esercito abbia intenzione di impedirglielo, e la polizia non sembra essere in grado di farlo. Insomma, una soluzione è ancora lontana. A Bangkok regna il caos.

Segui George su Twitter: @georgehenton