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reportage

Mio nonno, hipster di campagna

Viaggio a Elkin per scoprire la differenza tra Nord e Sud degli Stati Uniti.

Mio nonno vive in una piccola casetta con il tetto di lamiera appena fuori dalla cittadina di Elkin, nella parte occidentale della Carolina del Nord. Elkin è stato un vivace centro di produzione di mobili finché le fabbriche non hanno iniziato a chiudere e l'attività si è spostata in Brasile. Mio padre ha lavorato nei mobilifici, mio zio ha lavorato nei mobilifici e mio nonno ha lavorato nei mobilifici, almeno fino a quando non ha deciso di dedicarsi a una vita più legata alla terra, una vita di coltivazione diretta, grandi bevute e contrabbando di distillati.

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I giovani di Elkin tendono a spostarsi nelle vicine città che offrono maggiori attrattive, come Charlotte o Greensboro. Quelli che rimangono a Elkin trovano lavoro nelle case di riposo o nei centri per anziani, a pulire sederi, distribuire pillole e fare spugnature, oppure si dedicano alla produzione casalinga di metanfetamine o alla coltivazione di marijuana.

La contea di Wilkes conta il maggior numero di coltivatori procapite di tutta la Carolina del Nord. Ogni anno la DEA utilizza aerei dotati di radar per ispezionare le lussureggianti colline e le valli della contea e portare a termine decine di arresti. Ogni anno, i piccoli coltivatori escono su cauzione aspettando di essere nuovamente arrestati l’anno successivo. Come molte cose che hanno a che fare con la giustizia, è una grande perdita di tempo per tutti.

Oggi il centro di Elkin è solo un ammasso di vecchie insegne polverose. L’unico giornale della città, l’Elkin Tribune, è composto quasi esclusivamente da necrologi e editoriali che arrivano da altre pubblicazioni. Le strade del centro sono deserte, a parte qualche vecchietto che zoppica fino alla farmacia per ritirare le medicine. Ci sono anche un supermercato enorme e una steakhouse abbastanza decente, ma non molto altro.

Nulla a che fare con la vicina Asheville, la “Portland dell'est”, due ore di macchina più a ovest, tra i monti Blue Ridge. Se Elkin mostra qualche tratto di un’economia un po’ vacanziera un po’ hippy (due enoteche e un negozio di “fai da te”), Asheville attira gente da ogni dove. Tutti i birrifici di Asheville utilizzano prodotti naturali e locali, e i marciapiedi sono invasi da giocolieri e mangiatori di fuoco. Asheville riceve tanto di quel denaro dalle tasche dei turisti del nord che a stento si può ancora chiamare una città del sud.

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In generale, il sud agricolo ha fama di essere un’inespugnabile roccaforte di saldi valori evangelici che ruotano intorno alla famiglia. Date le origini dei miei nonni, piccoli proprietari terrieri, e la loro classe sociale, non sarebbe improprio attribuire loro lo stereotipo di campagnoli timorati di Dio. Ma se foste passati oltre le piccole chiese battiste durante le domeniche mattina degli ultimi cinquant'anni, li avreste trovati—miscredenti dalla pelle dura come il cuoio—seduti in veranda al riparo dall'orgia evangelica.

Circa un anno fa, i miei nonni hanno avuto un brutto incidente d'auto con una ragazza che stava mandando messaggini. Il mio magrissimo nonno—che assomiglia al presidente Lincoln—non si è fatto nulla, ma mia nonna ha subito danni dai quali non si è più ripresa. Sei mesi dopo è morta. Parafrasando un brano di Emerson: invecchiando, cresciamo sempre meno e sempre meno forti. Quello che una volta ci avrebbe fatto rimbalzare diventa con il tempo la goccia che può far traboccare il vaso. Ma, comunque, non le ho mai sentito pregare Dio disperata.

Mi sono sempre identificato di più con il cinismo genuino di mia nonna che non con l’allegro ottimismo di mio nonno. Quella donna dura e malinconica ha passato gli ultimi anni della sua vita piangendo il fatto che mio padre fosse morto prima di lei. Senza aver mai letto un filosofo francese, sembrava aver colto la brutalità della nostra vita su questa terra. Non sapeva leggere, quindi non poteva averlo dedotto da Sartre. Mia madre la chiamava “un peperino” e credo sia la definizione più adatta.

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Ora che mia nonna non c’è più, mio nonno abita da solo nella casa con il tetto di lamiera, dove hanno vissuto insieme per cinquant'anni. Soffre la solitudine. Dice che lei gli manca.

Tutte le mattine si alza alle quattro, e la sera va a dormire alle otto. Vive per lo più di rape bollite e cavoli. Si rifiuta di accettare l’aiuto delle organizzazioni assistenziali, ma quando vado a fargli visita e porto con me un grosso cesto di pollo fritto di KFC, lo divora con tanta voracità da sembrare un alpinista perso nelle Ande e costretto al cannibalismo.

Il nonno dedica le sue giornate alla più importante e sottovalutata tre le abilità—passare il tempo. Accende la TV e guarda le gare di rally. Poi esce in veranda e controlla il tempo. Spara a casaccio sulle marmotte che gli rosicchiano il prato. Ha 91 anni, eppure nel frigo tiene una confezione da sei birre. Per lo più, però, guarda fuori dalla finestra. L’arrivo del postino è tra i dieci secondi più movimentati della sua giornata.

Questa è la camera di mio nonno. Osservate la trapunta logora, il vecchio telefono e l'ordinato guardaroba di flanella. L'estetica hipster è chiaramente rubata agli anziani delle campagne. Questa è la camera da letto di qualcuno che ha sempre vissuto lasciando la finestra spalancata e riscaldandosi con la stufa a cherosene, qualcuno che non ha mai sentito il monotono fruscio dell’impianto di condizionamento centralizzato. È la camera da letto di un uomo che non ha mai toccato un computer e non si è mai connesso a internet. A meno che qualcuno non ne stampi una copia e gliela porti, non leggerà mai quest’articolo.

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Mio nonno tiene questo revolver di porcellana sul piano della cucina, proprio accanto agli strofinacci e ai coltelli arrugginiti. Gliel'ha dato mio zio in caso qualcuno tentasse di introdursi in casa. Ovviamente non ha mai dovuto utilizzarla—in campagna tutti dormono con la porta di casa aperta.

Sopra la porta della sua stanza conserva un antico fucile che gli è stato tramandato da suo nonno e che quindi ha più di 100 anni. I due grilletti neri sono riccamente decorati, come quelli del periodo della Guerra Civile. Lo prendiamo, andiamo nel campo di terra rossa vicino a casa e ci mettiamo a sparare alle lattine. Il suo cortile sembra una fotografia di Walker Evans, una di quelle scattate negli anni della Grande Depressione—capanni decadenti, baracche, panni stesi, bidoni. Mi porta in uno dei capanni più grandi, dove il pavimento è tutto buche. “Maledette marmotte. Ho quasi finito i colpi a forza di sparargli addosso.”

Inserisce le cartucce, poi carica il grilletto e spara due colpi. Fa cilecca. I cani abbaiano in lontananza. Ora tocca a te, mi dice. Imbraccio il fucile ben saldo contro la spalla. Mi fa sentire bene. Premo il grilletto. Fuoco. Mancato. Fuoco. BANG. Una lattina cade.

In gennaio ho scritto un breve pezzo per VICE su una piccola comunità chiamata Oniontown, nella parte settentrionale dello stato di New York. Dopo la pubblicazione dell’articolo, ho ricevuto una raffica di mail di protesta da parte degli abitanti delle città intorno a Oniontown, per niente contenti che un "giornalista di Williamsburg" fosse andato a rinvangare vecchi razzismi e sgradevoli classismi. A nessuno piace sbandierare vecchie faide, e a nessuno piace che a farlo sia uno che vive a New York.

Ma c’era un curioso corollario tra i pregiudizi che la gente di campagna ha nei riguardi di New York e viceversa. Se vivi in campagna, sei un buzzurro. Se vivi a Brooklyn sei un hipster. La verità è che la gente si trova a vivere a New York o nelle zone rurali per un milione di motivi diversi. Questo mondo è un folle mischione di persone che vivono vite diverse e fanno cose diverse.

Ma la differenza tra nord e sud è che nel nord i rimorchi sfasciati, i cani ringhianti e i rifiuti che bruciano riescono ad attrarre l'attenzione, ad affascinare, mentre nel sud il paesaggio povero è talmente comune che non provoca niente più di alzata di spalle.