FYI.

This story is over 5 years old.

Tecnologia

Se vogliamo trovare gli alieni, dobbiamo cercare quelli che cercano noi

Uno studio pubblicato su Astrobiology espone una nuova strategia per cercare vita aliena intelligente.
Una stella in formazione battezzata HBC 1, ripresa dal telescopio Hubble. Immagine: ESA/Hubble & NASA, Acknowledgement: Judy Schmidt

Una coppia di astrofisici ha proposto una nuova strategia per la ricerca di vita extraterrestre intelligente: puntare i telescopi nella direzione in cui, possibilmente, ci sia già qualcun altro che sta cercando noi.

"Ci interessa rispondere alla domanda: in quale direzione cercare?" ha dichiarato René Heller, astrofisico presso il Max Planck Institute for Solar System Research a Göttingen, in Germania, nonché co-autore di un paper che descrive la strategia pubblicato da Astrobiology.

Pubblicità

Una della tecniche migliori per trovare pianeti simili alla Terra è la cosiddetta osservazione del transito. In pratica si registra ogni singola diminuzione di luminosità dovuta al passaggio di un pianeta davanti a una stella per calcolarne le dimensioni e ipotizzare il tipo di atmosfera da cui può essere circondato. Questo metodo ha condotto alla scoperta di migliaia di esopianeti, tanto che Heller e Ralph Pudritz, autori dello studio, hanno pensato che potremmo non essere gli unici ad averne sviluppato uno simile.

Heller e Pudritz hanno calcolato in quale zona dell'universo è possibile rilevare il transito della Terra davanti al Sole, battezzando questa zona "Earth transit zone" o ETZ. La coppia di scienziati ha quindi proposto di fare del reverse engineering sulla tecnica di osservazione del transito per iniziare la nostra ricerca di forme di vita extraterrestre intelligenti concentrandosi sulle stelle che occupano la ETZ. L'idea è che se altre civiltà riescono a rilevare la nostra presenza possedendo un livello tecnologico pari o superiore al nostro, queste staranno tentando di inviarci qualche segnale.

"Chi è nella posizione adatta a rilevare il nostro transito di fronte al sole ha una maggiore probabilità di scoprire che la Terra è un pianeta abitabile o addirittura di capire che è abitato," mi ha detto al telefono Heller. "Se c'è qualcuno là fuori, le civiltà che vivono all'interno della ETZ dovrebbero avere una maggiore probabilità di rilevare la nostra presenza e di cercarci."

Pubblicità

La Ricerca di vita extraterrestre (o SETI) esiste dagli anni Sessanta, ma c'è un nuovo progetto in porto chiamato Breakthrough Initiative. Uno sforzo promosso da Stephen Hawking e sostenuto dal miliardario russo Yuri Milner, che utilizzerà radiotelescopi posizionati sul nostro pianeta per "ascoltare" i segnali di vita intelligente provenienti dall'universo.

"Se non dovessimo essere in grado di trovare alcuna prova, sarebbe più semplice supporre direttamente che là fuori non c'è nessuno."

Il fatto è che l'universo è vastissimo, quindi dobbiamo riflettere attentamente su dove iniziare la nostra ricerca. Heller e Pudritz credono che la loro strategia possa rappresentare un ottimo approccio alla risoluzione del dilemma. Come punto di partenza, nel loro studio hanno anche incluso una lista delle 82 stelle comprese nella ETZ attorno a cui potrebbero gravitare pianeti abitabili. Ci sono molti tipi di segnali che possiamo studiare—dagli impulsi laser a delle ipotetiche megastrutture.

Alcune delle stelle che Heller e Pudritz hanno segnalato come ottimi candidati per avviare la ricerca. Immagine: Astrobiology

Naturalmente, ogni volta che si tratta la ricerca di di cercare vita extraterrestre intelligente emerge il solito problema: il cosiddetto paradosso di Fermi, ovvero la discrepanza tra le nostre stime sul numero di pianeti abitabili che possono occupare l'universo e l'evidenza dei fatti di non avere ancora trovato alcun indizio di vita aliena. Secondo Heller, ci sono vari motivi che giustificano l'assenza di un primo contatto.

Heller cita anche una teoria secondo cui siamo circondati dalla vita aliena che però non riusciamo a rilevare.

"Se non dovessimo essere in grado di trovare alcuna prova, sarebbe più semplice supporre direttamente che là fuori non c'è nessuno. Ad ogni modo, un ragionamento del genere evoca troppe variabili," ha tagliato corto Heller.

E qui si sfiora un altro aspetto del problema. Se prendiamo per buone le stime della probabilità di vita aliena nell'universo, dobbiamo anche accettare il fatto che questa possa manifestarsi sotto una varietà quasi infinita di forme che potremmo non essere in grado di riconoscere o di percepire. La nostra ricerca e comprensione della vita nell'universo è limitata solamente alla nostra esperienza di essa, proprio per questo motivo, il tentativo di reverse-engineering sull'osservazione del transito è una buona idea. Probabilmente gli alieni non prenderebbero mai in considerazione di cercarci nel modo in cui noi cerchiamo loro, ma questo è il metodo di ricerca di cui disponiamo noi umani ed è pur sempre un punto di partenza.

Ad ogni modo, presto inizieremo una nuova ricerca di segnali di vita intelligente provenienti da molto lontano e questa è la nostra prima tabella di marcia consigliata.