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stili di gioco

I 10 migliori gol del girone di andata

Lasciatevi estasiare da prodezze che, prima di rivedermi TUTTI i gol delle prime 19 giornate, non ricordavo così belle.

Discutibile come tutte le top ten, questa è la mia. Sentitevi liberi di indignarvi perché il gol in terza posizione doveva essere in prima o perché lo splendido (sic!) doppio tap-in di Matri contro il Cagliari non c'è. O perché non c'è neanche una punizione (e se ci doveva essere, avrei messo quella di Thereau). O ancora, lasciatevi estasiare da prodezze che-prima di rivedermi TUTTI i gol delle prime 19 giornate-non ricordavo così belle. Per il 2013 auguro a tutti un girone di ritorno ricco di perle come queste.

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10) Il gol di mano di Klose

Comincio la mia classifica dei dieci gol più belli del girone di andata con un gol irregolare semplicemente perché l'imbarazzo di Klose immediatamente precedente al momento in cui ammette il tocco di mano, all'orecchio di Banti come fosse stato la sua maestra delle elementari, mi sembra una delle cose più belle viste fin qui. Per compensare questo mio slancio decoubertiano dirò che ero tra i difensori della mano di Henry e che tuttora non capisco la crocifissione di cui è stato vittima in patria (anziché ringraziarlo per il lavoro sporco senza il quale la nazionale non avrebbe disputato i mondiali sudafricani). Bellissima l'intervista di Henry nel dopopartita: "Hai pensato di dire all'arbitro che era mano?" "Sì, alla fine." "No, intendo sul momento." "Cosa? Avrei dovuto fermarmi, dire all'arbitro che era mano e poi crossare? Molto divertente. No. Sei molto divertente." Aggiungo anzi che un altro dei momenti calcistici più belli e drammatici che abbia vissuto dal vivo è il fallo di mano sulla riga di porta con cui Luis Suarez ha permesso all'Uruguay di arrivare ai rigori contro il Ghana. Tifavo Ghana e mi è dispiaciuto, ma non cambierei nulla di quella partita (e tuttora non disprezzo Suarez neanche quando simula). Klose aveva una posta in gioco minore, d'accordo, ma avrebbe potuto esultare per conto suo, senza neanche girarsi a guardare le proteste napoletane (e, per fare l'esempio di Suarez, proprio la scorsa domenica contro una squadra di quinta divisione in FA Cup ha esultato facendo finta di niente dopo un gol viziato da un tocco di mano). Un certo tipo di morale fatica ad accettare le simulazioni, i trucchi, la violenza, non vorremmo mica finire dalla parte opposta?

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9) Il tirone di Weiss

Un grande classico nella top ten di chiunque è il tiro imparabile da fuori area. Avrei potuto scegliere quello di Ljiajic contro la Lazio (molto bello, nel video linkato, anche il balletto del presidente viola Della Valle), quello di Facundo Roncaglia da lontano o uno qualsiasi di quelli segnati da Candreva (bellissimo quello contro il Palermo, bello anche quello contro il Milan sporcato però dal tentativo incompleto di parata di Amelia-e il dubbio che forse, forse, sarebbe potuto arrivarci-anche se i tifosi laziali preferirebbero senz'altro quello realizzato nel derby, nonostante l'errore fin troppo evidente di Goicoechea). Quello di Weiss (nel video al minuto 3.40: notare la classe di forzapescara.tv che pubblica le sintesi senza commento) si differenzia per un dettaglio: l'immobilità del portiere avversario. Le gambe leggermente piegate, la testa che ruota seguendo a stento la velocità della palla e il successivo rilassamento dei muscoli, fino a quel momento tesi, della schiena di Ujkani ricordano la reazione di Neuer al secondo gol di Balotelli in semifinale ai passati Europei, il ginocchio del tedesco che si posa a terra come quello dei cowboy nei duelli, mentre il braccio resta inutilmente teso verso la palla anche dopo aver realizzato che sì, è proprio gol.

Inoltre Vladimir Weiss, figlio di Vladimir Weiss (ex calciatore e allenatore della nazionale slovacca), nipote di Vladimir Weiss (ex calciatore della nazionale cecoslovacca), cresciuto nelle giovanili del Manchester City e prestato poi in giro (Bolton e Rangers Glasgow, di cui è ancora tifoso), twitta spesso e volentieri cose interessanti. Come: "…still not lovin police": commento ad una foto caricata su Instagram in cui mi sembra di capire che due agenti stiano facendo un controllo stradale. Oppure: "I love that ass :))", su un'altra foto in cui lo si vede, con una camicia di jeans con inserti mimetici abbinati ai pantaloni, toccare il culo di una modella davanti a dei cartelloni pubblicitari. Il Robben di Bratislava si trovava a un evento che, se non ho capito male, era organizzato dalla sua marca di abbigliamento WTF, e mentre con la mano sinistra accarezza le curve della modella @janamutnaska, in faccia ha una smorfia disgustata e un tatuaggio rosso indecifrabile che spunta dalla manica arrotolata. Sempre meglio della faccia che fa sul tweet "#1": un autoscatto dove con gli occhi mezzi chiusi e le labbra in fuori alza il dito indice.

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8) Il cucchiaio di Osvaldo

La stagione 2012-2013 della Roma è iniziata in bilico tra sogno e incubo. L'incubo di perdere in casa contro il Catania, un sogno fatto di gol in rovesciata ed esaltanti vittorie a Milano contro l'Inter. La profezia boema di un calcio spettacolo che abolisse una volta per tutte il passaggio orizzontale (e che si distinguesse così dal finto profeta Luis Enrique) era ancora lontana dall'avverarsi (e chissà se si avvererà mai), ma se nessuno a Roma si aspettava sarebbe stato facile era comunque complicato trovare qualcuno disposto ad esporre nuovamente lo striscione Mai schiavi del risultato. Una vittoria a San Siro in bello stile sembrava il giusto biglietto da visita di Zeman. Nella partita successiva la Roma avrebbe perso in casa contro il Bologna, facendosi rimontare un vantaggio di due gol, e in generale il girone di andata si è rivelato inferiore alle aspettative (per gioco e risultati), ma poco importa: la verticalizzazione di Totti ha trasformato la cruna di un ago nel lussuoso corridoio dell'Excelsior di Via Veneto, una moquette verde di erba mista a sintetico su cui Osvaldo rallenta un attimo prima di scavalcare il portiere col più morbido dei tocchi sotto. Soluzioni diverse da quella si sarebbero rilevate altrettanto se non più complicate. Osvaldo avrebbe potuto calciare vigliaccamente sotto le gambe di Castellazzi, o cercare di dribblarlo. Avrebbe potuto controllare e cercare un angolo libero sul primo palo, tutto sommato però l'impressione è che quella scelta da lui fosse la soluzione migliore. Il cucchiaio di Osvaldo è al tempo stesso bello ed efficace, spavaldo e ragionevole, unisce o sembra unire azzardo e necessità.

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Segnalo velocemente altri due cucchiai: quello di Cuadrado contro il Cagliari (bello l'angolo e la spontaneità del gesto, ma l'azione è da museo degli orrori: Cuadrado prima aveva regalato palla al Cagliari con un pallonetto orribile che voleva essere un tentativo di servire El Hamdaoui, poi Agazzi sbaglia il rilancio con le mani e Cuadrado si ritrova la palla tra i piedi nuovamente); e quello su rigore di Di Natale, a due minuti dal termine di un'altra partita che la Roma è riuscita a perdere partendo da un vantaggio di 2-0: perché abbia un senso il cucchiaio su rigore deve avere il sapore della fredda superiorità, deve essere umiliante, quasi un insulto. Proprio come questo.

7) Il palleggio di Marekiaro nell'area del Pescara

Insigne entra in area e calcia di punta, il pallone si alza e atterra tra Hamsik e Bocchetti, il difensore pescarese interviene in gamba tesa, così scoordinato che brilla per contrasto il sangue freddo con cui lo slovacco finta il tiro allargando le braccia e colpisce la palla di collo, facendosela passare dietro la schiena. Poi Hamsik vince una specie di contrasto e schiaccia in malo modo la palla incrociando il tiro sul secondo palo. Ruvido ed elegantissimo, a suo agio negli spazi stretti e capace di pericolose progressioni quando riceve palla tra le linee, Hamsik a 25 anni è il centrocampista più completo della Serie A. In miglioramento sotto tutti i punti di vista rispetto alla scorsa stagione, in 19 partite ha già realizzato sette gol e sette assist, con una media di 52.3 passaggi a partita (quanti Vidal e Inler, per fare due esempi). E tutto questo nonostante una delle capigliature più brutte del torneo, in contrasto col suo gioco metodico, con gli occhiali seri e l'aria riflessiva che assume fuori dal campo.

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Notevole, sempre per via del controllo, anche il gol del diciottenne Nico Lopéz all'esordio assoluto in serie A con la maglia della Roma. Strappato tra le polemiche al Nacional di Montevideo, dopo sei mesi con la primavera, Il Coniglio, come lo chiamavano in Uruguay per via dei denti sporgenti (e poi si lamentano se uno lascia il Paese alla prima occasione), ha risparmiato a Zeman il primo bagno di umiltà della stagione (troppi ce ne sarebbero stati) nei minuti finali della partita col Catania in casa. Lancio di Bradley di 30 metri, controllo al volo, sombrero sul difensore del Catania sopraggiunto (che forse non gli lasciava altra possibilità) e, prima che la palla tocchi nuovamente terra, tiro secco sul primo palo. All'Olimpico come se fosse stato per strada, non un pensiero, non un calcolo, istinto puro. Poi non ha praticamente più giocato in campionato. Adesso è con la nazionale uruguayana per le qualificazione al Campionato Mondiale U-20 che si terrà in Turchia a giugno.

6) Il Gila perché è il Gila

Nel gol in questione (il primo gol del video, dopo 15 secondi) Gilardino colpisce la palla "rimbalzella", come si dice a Roma, dopo un controllo difficile. Il passaggio di Morleo viene deviato e arriva a Gilardino quando questo ha già iniziato il movimento in diagonale. La palla è leggermente all'indietro e il Gila controlla come può, sbilanciato, con l'uomo addosso, di esterno collo. La palla prende l'effetto desiderato e il Gila non ci pensa un secondo di più e calcia un attimo prima che la palla tocchi terra per la seconda volta. Il tiro a incrociare è così perfetto che persino il timido tuffo di Ujkani (sempre lui) sembra un omaggio alla bellezza di quella parabola (simile ma meno bello, sempre con la palla "rimbalzella", il gol di Jankovic contro il Chievo). Approfitto dell'occasione per confessare un passato amore mai veramente sopito per Alberto Gilardino: un giocatore incredibile a inizio anni Duemila, diciamo dal momento della sua prima apparizione in A col Piacenza fino ai tempi del Parma (nei video linkati fate caso alla rapidità con cui si coordina per il tiro: cosa può essere successo nella sua testa quando ha vestito la maglia del Milan?). Scampato a un incidente automobilistico in cui la sua auto è finita in un fiume, tutto lasciava pensare a un nuovo Inzaghi (la Gazzetta fece un titolo che diceva più o meno: "Gilardino, il terzo fratello Inzaghi") più fisico e più dotato tecnicamente: il centravanti italiano perfetto, insomma. E invece la profonda involuzione del Gila è cominciata quando aveva appena 23-34 anni. Oggi è con malinconia che questo trentenne stempiato con una carriera da giocatore di provincia (non così meglio di Matri e Pazzini, che avevano meno talento di lui, parecchi gradini sotto la gloria di provincia di gente come Di Vaio) si gira in un fazzoletto e manda la palla sotto l'incrocio. Gilardino Sig. Alberto, Cavaliere Ordine al merito della Repubblica italiana era un giovane bello e antipatico che ha vinto da capocannoniere un Europeo Under 21 nel 2004 (e una Champions League col Milan quando ormai era iniziato il declino), di cui resta ormai solo l'abitudine di esultare mimando un violino. Si inginocchia ancora dopo prodezze come questa, con fatica, un ricordo di se stesso, simulando una musica che esce sempre più raramente dal suo strumento stanco.

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5) Improvvisamente El Shaarawy

Sotto 2-0 al San Paolo il Milan sembrava finito. Poi, dal nulla, un giocatore classe '92 (fine ottobre, per la precisione) si carica sulle spalle la squadra più titolata al mondo e rende possibile una rimonta impensabile fino a un minuto prima. Nessun altro al posto suo avrebbe calciato in quel modo, in quel momento. Con la palla che arriva da destra di solito è meglio tirare di sinistro o, in caso, mirare al primo palo; EL92 invece sceglie la soluzione a giro su quello più lontano. Il Milan ha perso Ibrahimovic, Thiago Silva e adesso anche Pato, ma nel silenzio più totale o quasi ha acquistato il migliore attaccante italiano dei prossimi dieci anni. Ci vuole qualcosa di più di una cresta asimmetrica per pensare una cosa del genere. Commovente contro la Juve, quando ripiegava fino a diventare quasi terzino, Allegri lo utilizza per lo più da esterno sinistro proprio per la sua pericolosità quando si accentra velocissimo palla al piede, anche se El Shaarawy può fare benissimo da prima punta (probabilmente, se avesse due El Shaarawy, Allegri li fare giocare entrambi). Quattordici gol in 19 partite (molto bello anche il primo stagionale contro l'Udinese), Cavani con la tripletta di domenica sera lo ha superato in classifica capocannonieri, ma di 16 gol non ne ha fatto neanche uno bello (almeno non dal punto di vista della finalizzazione).

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4) La bicicletta di Maresca

A confronto con le acrobazie pazzesche che abbiamo visto quest'anno (Ibrahimovic, Mexes) la rovesciata di Maresca è forse la meno spettacolare. Resta comunque un gesto di straordinaria bellezza eseguito alla perfezione, con la palla che entra in rete sul palo più lontano dopo aver percorso la traiettoria più lunga possibile. Prototipo del centrocampista italiano di corsa e grinta, con piedi meno ruvidi di molti, Maresca corona così il ritorno in patria dopo una carriera passata lontano dall'Italia. A 32 anni (qui il derby con la maglia della Juve in cui, a 21, esulta  mimando le corna di un toro) il più grande rammarico è non averlo visto con la maglia azzurra nella spedizione tedesca del 2006, lui che non aveva niente in meno di gente come Perrotta o Simone Barone (campione del mondo) e che proprio quella stagione col Siviglia aveva vinto la sua prima Coppa Uefa (l'anno successivo una seconda) segnando una doppietta in finale. Grazie, Lippi.

3) Il colpo da beach-soccer di Panagiotis Kone

Il Bologna non si aspettava molto da Kone, se a giugno ha rinunciato all'opzione di riscatto rimandandolo a Brescia a titolo teoricamente definitivo. Poi però è stato ceduto Ramirez al Southampton e Pioli ha deciso di richiamarlo all'ultimo giorno di mercato. Centrocampista offensivo (perfetto per uno qualsiasi dei tre ruoli di trequarti del 4-2-3-1, meno come numero 10 classico), nato in Albania e naturalizzato greco, Kone ha segnato un gol a stagione nelle due precedenti col Bologna e col Brescia (62 partite, due gol). Quest'anno siamo già a due gol in campionato e uno in Coppa Italia (sempre contro il Napoli, sempre bello, al quarto minuto di recupero). Potrà una sforbiciata da spiaggia dare abbastanza sicurezza a Kone per trasformarlo, da giocatore talentuoso nella media quale era, nella reincarnazione del suo idolo: Seedorf? O è stato solo uno splendido momento, nato da un cross ambiguo di Garics che non si capisce per chi era veramente? Un ricordo che, grazie a youtube si presuppone, Kone farà vedere ai propri nipotini quando dovrà convincerli di essere stato davvero un calciatore professionista, tanto tempo prima? Tutti i bambini si allenano per gol simili, in piedi sul letto con un paio di calzini arrotolati, e magari qualcuno di noi lo ha persino realizzato davvero: in spiaggia, con dei remi piantati come pali. Al San Paolo, credo, lo ha fatto solo Kone.

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Nella prima parte di stagione ci sono state altre rovesciate o mezze rovesciate degne, più o meno, di nota. Quella di Osvaldo già citata contro il Catania (un gesto bello quasi come quello di Kone) e almeno un paio di Quagliarella: una contro il Pescara e, meno bella, una contro il Chievo. A cui bisogna aggiungere quella di Asamoah da distanza ravvicinata (sempre a Pescara) e, se proprio si vuole, una specie di girata di Gabbiadini contro l'Atalanta.

2) La classe infinita di Klose

Ok, nella posizione numero dieci ho scherzato (fino a un certo punto), premiando Klose per un'espressione del viso e non per il fatto che, semplicemente, è il più grande centravanti che abbia il campionato italiano. Adesso, i tifosi laziali non amano che si parli della Lazio neanche in termini positivi. Preferiscono pensare di essere contro tutti e tutti, e sospetto che persino l'hype di cui gode Petkovic in fondo non gli faccia piacere. Domenica, anziché pensare al secondo posto in classifica parlavano ancora della partita vinta a Cagliari a tavolino dalla squadra di Zeman. Quando si parla di Klose, poi, lo chiamano con sarcasmo "Il Vecchio", come se qualcuno ancora oggi dubitasse del valore dell'attaccante tedesco nato in Polonia. Ma, al di là del fatto che 34 anni non sono pochi, dobbiamo forse sentirci degli stupidi per non aver preso sul serio Lotito quando lo ha annunciato due estati fa insieme a Djibril Cissé? La verità è che una stagione e mezza dopo Klose è un giocatore così incredibile che persino se sei della Roma e segna un gol al derby non riesci ad avercela con lui. Klose è il bello del calcio super partes. Il gol che ho scelto rappresenta al meglio la naturalezza con cui è in grado di fare cose eccezionali. Klose è un giocatore intelligente che sa fare tutto ma che meglio di tutti si sa muovere, capace di segnare un gol stoppando alla perfezione la palla di petto. I difensori vicini a lui (era successo anche ad Alessandro Nesta nella prima partita di Klose in Serie A, alla difesa della Roma nel derby di quest'anno e in quello dell'anno passato vinto all'ultimo minuto, o ancora poco tempo fa a Ranocchia) sembrano immobili come le statue di pietra della Medusa, paralizzati e impotenti prima ancora che Klose abbia calciato in porta. Quasi non ci sarebbe bisogno che concludesse sul serio l'azione, tanto era stato bello lo stop di petto.

1) Pallone D'Oro a Miccoli

Dopo un punto nelle prime tre partite, Gasperini decide di giocare con un solo attaccante e due trequartisti di movimento. Miccoli va in panchina contro l'Atalanta (1-0 per i bergamaschi) e contro il Pescara (un'altra sconfitta per 1-0), poi forse Gasperini capisce che il problema non era lui e lo schiera nuovamente nell'undici titolare contro il Chievo. Miccoli porta in vantaggio il Palermo con una punizione ma il Chievo pareggia poco dopo con un calcio d'angolo di Rigoni che finisce fortunosamente in porta senza che nessuno lo tocchi. Nel secondo tempo ci pensa sempre Miccoli, con una serpentina al limite dell'area, a portare in vantaggio il Palermo. Poco dopo sulla linea di fondo, all'altezza della bandierina del calcio d'angolo, salta Dramé e attira su di sé mezza difesa del Chievo prima di calciare da posizione quasi impossibile. Giorgi raccoglie la ribattuta e trasforma in rete, Miccoli esausto si lascia cadere a terra. Potrebbe finire qui, Miccoli si è già riconquistato, per l'ennesima volta, un posto in prima squadra, ha allungato di un pezzettino la sua carriera; ma, a otto minuti dalla fine, senza un'apparente ragione, dopo un rimbalzo di testa a metà campo tira in porta da 40 metri, al volo, e la palla scavalca Sorrentino leggermente fuori dai pali.

Il gol di Miccoli si inserisce, rinnovandola, nella tradizione del pallonetto da metà campo: ricordo Recoba con la maglia dell'Inter (palla rasoterra, il tempo di guardare), Stankovic contro il Genoa (il portiere molto fuori porta, la palla che entra piano), Maradona in Argentina (lui se la alza addirittura su calcio d'inizio), persino un gol di Marcolini del Chievo. Oltre a Miccoli, quest'anno anche Pjanic su punizione e Rami del Valencia hanno aggiornato la lista (sicuramente più lunga di quella che ho fatto io adesso). Fondamentalmente si tratta di un gol che viene provato su ogni campo da calcetto, calcio a sette o calciotto del mondo, almeno una volta all'ora. Da difensore presuntuoso quale sono anche io alzo spesso la testa per controllare se il portiere è avanzato di qualche passo. Miccoli però ha fatto una cosa che è sì un pallonetto da metà campo, ma anche un colpo degno di Shaolin Soccer. La follia gli ha permesso di immaginarlo, ma la tecnica lavorata nel corso degli anni ha fatto sì che ci fosse la precisione necessaria perché la palla entrasse: in una frazione di secondo Miccoli è riuscito a vedere il portiere fuori dai pali, calcolare la posizione della palla e coordinarsi per colpire la palla di taglio e darle la sola traiettoria con la quale sarebbe potuta entrare. Amato ovunque sia stato, e nemico di Moggi che lo ricattò, pare, per fargli cambiare procura e lo costrinse a togliersi gli orecchini e farsi ricrescere le sopracciglia. Quale forza oscura sente il bisogno di togliere gli orecchini al Maradona del Salento? A uno che nel febbraio del 2010 ha acquistato all'asta per interposta persona l'orecchino di diamante che la Finanza aveva sequestrato al Maradona originale, con l'intenzione di restituirglielo in cambio di una foto ricordo? Chissà se Miccoli ha mai incontrato Maradona, alla fine. Dato che il Pallone d'Oro l'hanno dato per la quarta volta di seguito a Messi, che sia almeno una foto abbracciato a Maradona.

Segui Daniele su Twitter: @Dmanusia