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Serrabyte, la rubrica un tempo conosciuta come 'Videogames killed the radio stars'

La nostra rubrica sui videogiochi si sposta online, perché pensare di parlare di videogame sulla carta è come pensare di tenersi informati guardando il TG1.

Una volta su VICE c'era una rubrica che si chiamava Videogames killed the radio star. Era nota per contenere recensioni di videogame usciti più o meno un mese prima: tempi della stampa, spiacenti. Oggi diventa una rubrica online, perché pensare di parlare di videogiochi sulla carta è come pensare di tenersi informati guardando il TG1. Comunque continueremo a parlare di giochi usciti uno, due, tre mesi fa, se ci va: questa non è The Games Machine (e, speriamo, neanche K). Cominciamo con Dead Island, survival horror della Techland.

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La settimana scorsa parlavo con Robert Bowling, un tipo americano che di mestiere fa il creative strategist di Call of Duty. In pratica, il ragazzo gioca a nastro 24 ore su 24 e twitta pesantemente con giocatori di tutto il mondo per tirare fuori idee capaci di migliorare il videogame più venduto della storia recente (si parla di cifre che superano il miliardo di dollari a episodio, roba che James Cameron gli fa una ricca sega). Robert è simpatico, e molto meno alienato di quello che ti aspetteresti. Nel corso di una breve chiacchierata―tornerà utile quando sarà il momento di parlare di Modern Warfare 3, fra un mese o poco più―gli ho chiesto fra l'altro se non gli sembrava che il successo degli shooter stesse fagocitando gli altri generi: ha risposto in modo vagamente fatalista, che si trattava di una fase di mercato, e non sarebbe durata per sempre. Difficile dargli torto, ma difficile pure non notare che un sacco di giochi oggi sembrano "avvicinarsi" agli sparatutto in prima persona. Succede soprattutto quando un genere entra in una mezza crisi. Esempi: qualche anno fa, i giochi di ruolo sembravano diventati meno interessanti, e allora ecco Fallout che si dà una verniciata di FPS. Risultato: giocone e guadagni milionari. Oggi la crisi ha colpito il survival horror, ed ecco Dead Island. (Lo so, in mezzo ci sono altri eventi e altri giochi, ma è per farla breve).

Dead Island, dicevamo. Gioco bello―forse più divertente che bello, ma questa non è altro che un ulteriore nota positiva―che ti fa scannare gli zombi (senza rimorso, sono zombi) con visuale in prima persona e atmosfera da survival horror pieno.
Che però è in crisi. È un argomento già oggetto di ampia discussione, da un paio d'anni a questa parte. La gallina dalle uova d'oro di metà Novanta, dal primo Resident Evil di Shinji Mikami, sembrava ormai destinata a non fare manco più brodino decente. Pur se continuano a uscire giochi di alto livello tecnico, la paura se n'è andata da un pezzo. L'apice, Resident Evil 5: c'erano gli zombi, e pure in orde che sembravano infinite. Ma questo non fa un survival horror: se manca la paranoia, manca tutto. La tensione è diversa: Ju-On non è Commando, per quanto tu possa voler bene a entrambi. Dead Island invece offre la tensione giusta, e forse proprio in virtù dell'adozione della visuale in prima persona. Facile capire che sia la più adatta al genere, non solo perché aumenta l'identificazione da parte del giocatore―una banalità per di più difficilmente verificabile―ma soprattutto perché limita il tuo campo visivo. Il trucco fondamentale è questa cazzata qua, inutile girarci intorno: non sapere cosa ti aspetta (o, in questo caso, cos'hai dietro le spalle e intorno) è peggio di qualsiasi mostruosità; sempre, anche se ti chiami William Friedkin, suggerire è meglio che mostrare.

Alla fine Dead Island fa un po' paura, ma solo a tratti. Rimane lontano da un―che so―Silent Hill qualsiasi. Quella era la forma più pura del survival horror: camminare nella nebbia, senza armi (o al massimo con roba che non sembrava granché utile), ascoltare rumori inquietanti, aspettare creature orribili che due volte su tre non si presentavano; scappare dai nemici, invece che ucciderli. Quello sì che fa paura, perché rischi che prima o poi ti ribecchino, come i tabbozzi alla fermata del tram da piccolo. Dead Island invece ha: zombi stupidi (non come quelli di Dead Rising, ma quasi), che tutto sommato si lasciano ammazzare, armi minacciose e customizzabili. E poi c'è la faccenda della cooperazione con altri giocatori: se c'è qualcuno online che si trova più o meno nella vostra stessa area di gioco, parte l'evento cooperativo. Con i suoi pro e contro. Tipo che non serve a molto, ma è figo. Oppure che è figo, ma toglie un po' di paura: non sei più Solo nel Buio.

Riassumendo: Dead Island è un gran remix di survival horror. Ma la vera rinascita del genere, nella sua forma più pura, sembra ancora lontana.