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Musica

Andare in tour fa proprio schifo

Sono stato un po' in giro coi Growlers e ho capito che, anche se spacchi, andare in tour è sempre un dito nel culo
Ryan Bassil
London, GB

C’è una minuscola fialetta sul tavolo. “Prendi”, mi dice il tipo davanti a me, porgendomi una specie di bottiglia trasparente di deodorante piena di un liquido trasparente. “Strofinatelo sulle tempie” spiega “è acido!”

Il tipo che mi sta offrendo allucinogeni si chiama Matt ed è un membro dei Growlers, un quintetto californiano che, nonostante ieri sera abbia perso due membri, una carta di credito e una patente di guida, sembra collettivamente molto di buonumore. E anche sbronzo, direi: indossano canotte tagliate col logo della band, bevono tequila dalla bottiglia e ancora non hanno nemmeno fatto colazione che subito si mettono a spruzzare acqua sui passanti con un pesce di plastica. Siamo diretti a Bristol, dove la band suonerà coi Fat White Family e i Wytches. Vanno spessisimo in tour e dal 2006 a oggi hanno fatto uscire già cinque dischi e questa è la seconda data di un tour inglese che nasce come appendice di un tour europeo in cui hanno toccato Francia, Germania, Belgio, Spagna e Svezia, ma torneranno anche a novembre per poi fare qualche data in America.

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La band mi ha invitato a partecipare, suggerendomi di fare un articolo su che degenero sia andare in tour e usare per sei mesi all’anno solo cessi di stazioni di servizio e locali senza un lucchetto alla porta. In questo momento, però, non riesco a pensare ad altro che al fatto che potrei avere involontariamente preso dell’acido. Tanto. Così mi siedo e aspetto.

E aspetto.

E poi mi rendo conto di essere un cretino per avere pensato di potermi sballare dandomi della crema per i punti neri sulla pelle.

In tour si fanno sempre un sacco di scherzi scemi. Basta distrarsi un attimo e ti ritrovi con una bottiglia d’acqua rovesciata in testa e ti hanno strizzato fortissimo i capezzoli (oppure ti chiedi perché l’autostrada non sia piena di pterodattili, dato che sei convinto di essere in acido). Succede quando passi un numero incredibile di ore con le stesse cinque persone seduto nella stessa scomoda posizione, e per un po’ sembra anche divertente, ma c’è anche un rovescio della medaglia dell’essere una band che gira in furgone, e sta tutto nel discrimine tra il farlo perché ami suonare e mangiare merda o se lo fai per i soldi, come fosse un lavoro. “Io guadagno molto più di loro” mi dice il loro tour manager Dr. Kiko, un ex-farmacista che da un po’ di tempo scarrozza band in giro per l’Europa, è apparso in ben due pezzi dei Mogwai ed è un gran fan di tutte le band che hanno suonato al’All Tomorrow’s Parties. Due membri dei Growlers si sono tatuati il suo nome su un braccio e lui, per ricambiarli, si è fatto scrivere “Los Growlers” su qualche parte del corpo. È un entità affascinante, ma fa un po’ tristezza pensare che le band siano con le pezze al culo e chi lavora per loro guadagni di più.

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A parte tirare su qualche canna a casa di amici, i Growlers perlopiù non lavorano: soltanto Scott, il batterista, fa il montatore e operatore video, ma mentre facciamo colazione sembrano tutti dell’idea di mandare un po’ di CV in giro una volta tornati a casa. Quando però chiedo al frontman Brooks Nielson se analizzeranno attentamente le risposte che riceveranno, mi dice “Nah. Non ci piglierà nessuno” e niente, si va avanti col tour. Prima che finisca quest’anno, la band avrà già fatto centinaia di concerti, sopravvivendo a forza di internet su cellulare a tariffe ridotte, sconti 2x1 sui pasti in autostrada e le richieste che includono nel rider. Fanno sempre così per un po’ di mesi, poi passano un po’ di settimane a casa e si preparano a ricominciare daccapo, ed è già parecchio che vanno avanti così, poco dopo essersi formati a Dana Point, California, otto anni fa.

Quando arriviamo a bristol, con un mal di testa intinto nell’acido finto, arriva il rovescio della medaglia di cui parlavo sopra: non hai la minima opportunità di visitare la città in cui suoni, di base è tanto de riesci a capire bene com’è fatto il locale che ospita il tuo live. Arrivi per il soundcheck, speri che ci sia qualcosa di decente da mangiare tra il cibo che ti hanno portato, suoni e poi te ne torni in hotel o nel tour-bus verso la prossima tappa. Non ti capita né di assaporare la cultura del luogo né di tirare soldi dal balcone come in un video hair metal, ti trovi solo tra mura di backstage tutte uguali a mangiare patatine fritte mentre hai a che fare con fonici che sembrano clonati tutti dallo stesso roncioso con la barba e la maglietta dei Tool.

Sono sicuro che a questo punto voi lettori direte “fanculo, le band viaggiano gratis in tutto il mondo a godersela e spaccarsi sul palco mentre io me ne sto qui in mutande a pulire la cucina” ma sappiate che è solo una mezza verità: può capitare anche di suonare live assai deprimenti che non ti godi per niente. Quando lasciamo Bristol il giorno dopo, i Growlers sono in hangover peso e per niente soddisfatti di come è andato l’ultimo show, per cui immaginatevi com’ è messo il morale della compagnia. Brooks ha dormito sul pavimento del van per tutto il viaggio e nessuno di loro è sbronzo, anzi sembrano tutti molto tristi. Per pranzo c’è solo quello che si può racimolare da un benzinaio di Merseyside. Certo, è molto meglio di certi lavori, ma c’è un continuo fondo di malessere dato dall’assenza di uno stipendio di alcun tipo, le tensioni e i problemi che si creano durante un tour non sono qualcosa da cui puoi staccare a fine giornata.

Ci guardiamo il concerto dei Wytches, il cui sound nevrotico, fuzzato e mezzo grunge massaggia i timpani di tutti i presenti, e poi è il turno dei Growlers. Molte live band sono decisamente monotone e suonano i pezzi esattamente come li hanno registrati, ma non è assolutamente il caso dei Growlers, che sono anzi una band da vedere assolutamente dal vivo. Non solo spaccano, ma Brooks dovrebbe avere un programma TV tutto suo: le sue battute e cazzate sono decisamente di un livello superiore alla roba che si vede di solito in televisione.

Sono una grande band, hanno fatto dei grandi dischi e sono pure delle belle persone, ma andare in tour con loro mi ha fatto capire che non importa quanto sei bravo, andare in tour è una merda se non hai una lira. Certo, è molto divertente, ma è anche davvero sfiancante, due giorni mi hanno demolito più di qualsiasi festival. Dovremmo veramente toglierci il cappello davanti a tutte le band che ancora si sbattono a portare musica nei locali rimettendoci soldi, pasti e la possibilità di cacare in una tazza pulita, facendolo solo perché sono gente nata per stare in una band.