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Musica

Siamo entrati in una casa stregata a tema Kurt Cobain

E non si sa come siamo riusciti pure a trovarci un senso.

Credits: Dan Ozzi

Realizzare il fatto che al mondo esiste una casa stregata a tema Kurt Cobain è un'esperienza che può variare dall'estremamente sgradevole, allo sgradevole, al ripugnante.

Quando mi hanno messo al corrente dell'evento, mi sono ritrovato a buttare giù tutta una lista di scenari che si sarebbero potuti parare davanti all'ipotetico avventore. Tra le possibilità più buie ho pensato alla scena in cui Cobain si suicida nella serra e a tanti altri magici spezzoni di Montage of Heck. Perlomeno mi auguravo che William Kaminski, l'artista concettuale dietro all'opera, abbia avuto il buonsenso di non ficcarci in mezzo niente di correlato a Dave Grohl.

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Il 2 ottobre 2015 ho assistito allo spettacolo Live Through This: Kurt Cobain Haunted Heck, in una strana area industriale di Los Angeles, una sorta di terra di mezzo tra Lincoln Heights e Cypress Park. L'evento è stato annunciato solo sui social, con la seguente descrizione:

Per ben TRE NOTTI, potrete scendere nel vivido e impenetrabile inferno grunge che elettrizzerà il complesso e difficile ruolo che il defunto Kurt Cobain riveste, e continuerà a rivestire nella coscienza pop collettiva. La struttura della casa stregata è pensata per riempire quei vuoti spettrali appartenenti a un'oscura e diabolica storia alternativa sulla tragica icona del rock. Attraverso un labirinto interattivo il pubblico rivivrà quelle raccapriccianti scene di terrore, riportate in auge da un cast di venti performer.

Non appena arrivati nel bizzarro luogo, abbiamo iniziato a interagire con un gruppo di altre quindici anime che come noi sembravano altrettanto confuse (eravamo tutti in anticipo di dieci minuti rispetto all'orario di inizio indicato sull'evento, cioè le nove di sera, perché ci aspettavamo una fila infinita). "Sembra quel tipo di casa infestata in cui entri e finisci davvero ammazzato da qualcuno," ha detto un tizio di più o meno vent'anni, mentre il resto di noi annuiva. Un furgoncino—da sempre il veicolo horror per eccellenza—era parcheggiato poco più lontano. "C'è Krist Novoselic dentro," scherza il mio amico Luke, "che sta solo aspettando di saltarci addosso."

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Il furgoncino

Una volta trovato l'ingresso giusto, ci sono stati chiesti cinque dollari e offerte lattine di Budweiser fredde. Un gruppo di ragazzi poco più avanti a noi, che per inciso sembravano a malapena diciannovenni, erano un po' troppo entusiasti di tutte quelle birre gratis.

Camminiamo e una ragazza con una tiara in testa—fine riferimento a Live Through This delle Hole—ci dà il benvenuto. Dopo un corridoio incredibilmente lungo e nero, una porta socchiusa ci rivela la prima scena: Kurt seduto sopra un cesso, incurvato in avanti, che emette suoni gutturali simili a conati. Come giriamo l'angolo, ci rendiamo conto che dobbiamo camminargli proprio di fronte—ed è stato uno dei momenti più terrificanti della serata, ancora non ci eravamo integrati bene con l'atmosfera della casa e ammetto di essermi aspettato che Kurt da un momento all'altro si alzasse, si sparasse, o ci vomitasse addosso con irruenza. Non è successo niente di tutto ciò, se ne è stato fermo nel suo angolino e noi gli siamo solo passati accanto, accedendo così a una stanza al cui interno c'era Courtney Love, nascosta in un ripostiglio. Urlava a Kurt cose tipo "Sei un drogato di merda!"

L'entrata

Dietro l'angolo, un uomo che con ogni probabilità era El Duce, puntava le ragazze nel nostro gruppo rivolgendo loro carinerie come "Ti prenderò, bella." Se siete arrivati a leggere fino a questo punto, sarete sicuramente al corrente di cosa è El Duce. Nient'altro che un personaggio chiave nella teoria cospirazionista secondo cui Courtney Love ha ammazzato Cobain: è il tipo a cui Love avrebbe offerto cinquantamila dollari per far sparire Cobain. È comparso nel documentario de 1998 di Nick Broomfield, Kurt & Courtney (che ricordo di aver visto al cinema) dove ammette di aver declinato l'offerta di Love, e di averla indirizzata al suo amico "Alan". El Duce è morto investito da un treno due giorni dopo aver girato quell'intervista con Broomfield, a Los Angeles, senza testimoni.

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Courtney

La stanza successiva era una bieca interpretazione di una scena di Montage of Heck in cui Cobain perde la sua verginità con una ragazza "illetterata"—tutto l'arredamento della stanza era fedele a quella che era la reale cameretta di Kurt da ragazzino (senza considerare l'errore madornale di fondo, cioè che l'episodio è avvenuto a casa di lei e non di lui), con tanto di Hi, How Are You di Daniel Johnston, e mossette impacciate di Kurt a letto con la tipa. Da notare come questa scena in particolare sia stata una di quelle che King Buzzo dei Melvins ha recentemente smerdato nell'estratto di Heck, specificando che “non ne avevo mai sentito parlare prima di allora, e la cosa mi suona pressoché impossibile." Ci stava anche, ma riprendendo le parole di Kaminski, Live Through This era "un vivido e impenetrabile inferno grunge che elettrizzerà il complesso e difficile ruolo che il defunto Kurt Cobain riveste, e continuerà a rivestire nella coscienza pop collettiva."

La stanza successiva era argentata e al suo interno c'erano Kurt e Courtney che ballavano ubriachi qualche pezzo dance scrauso. Come entriamo, si girano, ci guardano e dicono, "Volete tenerlo voi?" Anche qui un blando rimando a Montage of Heck, e alle sue scomode scene in cui Kurt e Courtney sono troppo fatti per prendersi cura del loro bambino.

Kurt?

La stanza successiva era una delle più geniali, perché da come allestita sarebbe potuta benissimo essere l'incubo ricorrente di Cobain dopo la morte. In mezzo alla stanza, illuminata da luci rossastre, c'era un letto con su sdraiata una Courtney molto seducente, con addosso solo una vestaglia, e tre simil-Bily Corgan (con tanto di magliette ZERO-T) che le ruotavano intorno, minacciosamente. L'ultima stanza ritraeva quello che possibilmente sarebbe stato il peggior incubo post-mortem di Kurt, ma prima ancora bisognava passare da un altro spazio ancora più metafisico. In questo spazio, Kurt era seduto su una sedia con diversi uomini vestiti di nero, che gli ronzavano attorno dicendo "Uccidi quel tossico" e avvicinandosi a noi avventori a suon di "Non conti un cazzo" sibilati in faccia. Nell'ultima stanza c'era Frances Bean Cobain vestita da Iggy Azalea ("Mio padre era nei Nirvana") che se ne andava in giro con uno strano personaggio dalla faccia pitturata.

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Lo strano soggetto.

Nella casa fantasma non c'era la minima traccia della musica dei Nirvana (o delle Hole, o dei Foo Fighters, tanto per chiarirsi) e per certi versi ho sentito come la mancanza di certi elementi, come il piccolo Babbo Natale del video di “Heart-Shaped Box”, le cheerleader anarchiche di “Smells Like Teen Spirit”, i feti dell'artwork di In Utero art, Gus Van Sant in generale, chitarre distrutte, uomini eleganti, o il numero 27.

Ancora più incredibile, totalmente assenti riferimenti alla scena del suicidio nella serra—ma anche ci fosse stata sarebbe stata di cattivo gusto. Invece il tema centrale era il ruolo mitologico rivestito da Cobain nella cultura pop, e posso ben immaginare che lo spettacolo potrebbe essere replicato in tutto il paese senza mai avere gli stessi effetti sui visitatori. Le case dell'orrore vanno un sacco di moda a sud della California, perciò comprenderete il mio stupore nello scoprire che non ci sono testimonianze di altre attrazioni a tema Nirvana prima d'ora. Ovviamente questo non vuol dire che a nessun altro oltre a Kaminski è mai venuta in menteo una trovata del genere, bensì che anche se fosse, non ha lasciato tracce. Ora i giochi sono aperti, e non fatico a immaginarmi un mondo infestate di case fantasma di questo tipo, a meno che gli avvocati di Courtney non decidano di prendere provvedimenti.

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