L'improbabile hit dei New Radicals che ci ha insegnato a vivere meglio

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Musica

L'improbabile hit dei New Radicals che ci ha insegnato a vivere meglio

"You Get What You Give" è uscita nel 1998, ma a vent'anni di distanza il suo significato ci appare più vero e importante che mai.
Ryan Bassil
London, GB
Giacomo Stefanini
traduzione di Giacomo Stefanini
Milan, IT

Solitamente, le canzoni migliori e più importanti sono quelle che vincono premi, si raccolgono in cofanetti o spingono verso un movimento che illumina la nostra visione del mondo e di chi lo abita. Viene immediatamente da citare tracce come "Heroes" di David Bowie, "Strange Fruit" di Billie Holiday o "God Save the Queen" dei Sex Pistols. Ma se non siamo altro che un contenitore che si riempie lentamente di esperienze finché il ticchettio del nostro cuore non si ferma, c'è un altro tipo di canzone che è altrettanto degno di esistere di tutte le 500 Migliori Canzoni di Tutti i Tempi di Rolling Stone.

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Queste sono le tracce che ci accompagnano per la vita. Popolano i ricordi d'infanzia dei viaggi con i genitori, ma sono ancora lì quando le cantiamo a squarciagola in un karaoke, venticinquenni e sull'orlo di una crisi esistenziale. Naturalmente non c'è alcun motivo per cui queste canzoni non dovrebbero essere, per esempio, "What's Going On" di Marvin Gaye o "Blowin' in the Wind" di Bob Dylan. Ma, spesso, quelle che hanno l'impatto più forte sono quelle che sei costretto ad ascoltare per legge da bambino. Tipo i New Radicals con la loro incantevole hit, nonché monumento agli anni Novanta, "You Get What You Give".

Come molti ricordi formativi, la mia prima esperienza con questo pezzo è avvenuta nella sala comunale, con un bicchiere di limonata Calypso in mano, alla ricerca del mio paradiso privato o della mia Las Vegas. A quell'età non si pensa molto a cosa succederà dopo. Nella tua mente non ancora sviluppata, non farai altro che scivolare con le ginocchia su pavimenti impolverati per il resto della tua vita. Ma avvicinandomi all'età adulta mi sono trovato spesso a pensare a "You Get What You Give", a che cosa significa per me e soprattutto a come ci aiuta a trovare la strada per il futuro.

Quando i New Radicals hanno pubblicato la canzone nel 1998, è improbabile che pensassero che sarebbe rimasta sul radar di ogni stazione radio locale per vent'anni. Come altri singoli che sono rimasti in rotazione dal passato al futuro – Kim Carnes con "Bette Davis Eyes", i Police con "Every Breath You Take", ogni canzone anni Novanta che riempie i buchi nelle playlist di Heart FM – parte della sua resistenza si può ricondurre alla natura eterna del songwriting. Gregg Alexander, frontman e autore principale dei New Radicals, si trova dietro ad altre hit immortali di Ronan Keating ("Life Is A Rollercoaster"), Texas ("Inner Smile") e Sophie Ellis-Bextor ("Murder On The Dancefloor"). Ognuna delle canzoni di Alexander usa una struttura che – grazie a quella speciale connessione tra suono e corpo che si traduce in emozione – evoca un tipo specifico di sentimentalità, che si può individuare a metà tra le Greatest Hits dei Savage Garden e "Steal My Sunshine" di Len.

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Come Max Martin, che ha scritto alcune delle maggiori hit del Ventunesimo secolo – Backstreet Boys e 'NSync; Britney Spears e Katy Perry; Taylor Swift e quella canzone di Weeknd che parla di sniffare decisamente troppa cocaina – il tipo dei New Radicals ha costruito un suo particolare stile di songwriting. Da bambini, e anche da adulti, magari non siamo in grado di capire la meccanica di come vengono create queste canzoni, come gli accordi si fondano insieme per comunicare con parti inspiegabili dell'anima, ma siamo in grado di capire il sentimento. Nel caso di Martin, questo processo è il motivo per cui le bambine di sette anni apprezzano le sue canzoni tanto quanto gli uomini di trentacinque. Ma per quanto il lavoro di Martin sia tanto immortale quanto quello di Alexander, c'è qualcosa che li differenzia – a parte il fatto che uno è tra gli autori di canzoni più conosciuti del pianeta e l'altro è un nome che molto probabilmente hai appena letto per la prima volta.

Tolta quella sulla cocaina, la maggior parte dei bambini può capire di cosa parlano le canzoni di Martin: cotte, amore, divertimento, quel tipo di cose che si capiscono anche quando alla festa d'istituto vai avanti a caramelle gommose e Sprite liscia. Ma nel caso di Alexander e "You Get What You Give", mano a mano che cresci il testo assume un significato e un'importanza diversi. A differenza delle migliori canzoni di Martin, "You Get What You Give" cresce con l'ascoltatore. O almeno è quello che è successo a me quando ho sentito il pezzo per l'ultima volta, alla fine di un weekend lungo, sul punto di annegare in una pozza di ansia per il vicolo cieco a cui la mia vita sta andando incontro, pensando a cosa succederà o non succederà.

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Di tutte le leggi del mondo – antinfortunistica; proprietà intellettuale; il pugno dopo "ci hai guardato" – ce n'è una meno conosciuta ma non meno importante chiamata Legge dell'Attrazione. Si basa sul concetto che l'energia che immettiamo nel mondo ci viene restituita, è un po' come il karma ma per accademici del Nuovo Pensiero e seguaci della letteratura di auto-aiuto. Per esempio: se ti concentri sull'avere successo e trovare soddisfazione, hai buone probabilità di farcela, in qualche momento. Allo stesso modo, se passi il presente a lamentarti delle tue finanze e di quanto ti senta male, è probabile che continuerai a sentirti come una sacca per colostomia abbandonata per strada sotto la pioggia.

È questo messaggio, attirare ciò che si desidera, che sta alla base di "You Get What You Give". Anzi, è proprio il titolo della canzone. Ma non è tutto, il resto della canzone ruota attorno all'idea che è possibile vivere bene se ci si mette dentro ciò che si spera di tirarne fuori, e di conseguenza c'è un motivo per vivere e per non arrendersi. "Non mollare / hai la musica in te", canta Alexander. "Un'ultimo ballo / Il mondo ce la farà".

Uno non pensa alla morte da bambino finché, a un certo punto, è il momento di pulire la gabbia del criceto e questo sembra incapace di muoversi, immortalato nella triste postura in cui ha esalato l'ultimo respiro. Da adulto, però, l'idea che la vita abbia fine penetra in quasi ogni cosa che facciamo. È una cosa che ci fa paura, che ci motiva o, per alcuni, è la via di fuga definitiva. Se scorriamo i commenti di YouTube su "You Get What You Give" però, scopriamo che questa canzonetta innocente della nostra giovinezza è diventata un faro di speranza per molti. Un commento dice: "Quante persone sono state salvate grazie a questa canzone?"

In superficie, "You Get What You Give" rientra nella stessa categoria di "How Bizarre" degli OMC o di "Two Princes" di Spin Doctor. Scavando più a fondo, però, è più come "Dreams" di Gabrielle, un'altra canzone pop dello stesso periodo con un messaggio simile. È difficile o quasi impossibile sostenere che "You Get What You Give" sia sullo stesso livello di altre canzoni più largamente riconosciute come capolavori. Ma considerata indipendentemente, nella mia vita e forse anche nella tua, un brano come questo è speciale. È immortale come i migliori. "You Get What You Give" era lì, anche quando il mio cervello non aveva iniziato a tenere traccia dei ricordi. E resterà con me finché sarò in grado di trattenerla.

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