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Una foto oscena non è mai sprecata

Intervista a Ando Gilardi, leggendario fotografo, autore, giornalista, editor e editorialista.

Usciamo dalla nebbia delle colline del Piemonte, in provinica di Alessandria, a 20 km da Genova, e il sole è così forte da farmi strizzare gli occhi. Siamo alla ricerca di un paese di nome Ponzone; nello specifico, alla ricerca di un uomo chiamato Ando Gilardi, un fotografo, autore, giornalista, editor, editorialista e vecchio maialone ottantanovenne. Nonché leggenda vivente. Ando è un uomo che—mi imbarazza ammettere—non conoscevo fino a qualche settimana fa, quando il nostro photo editor ha portato in redazione un paio di copie di giornali da lui curati, Fhototeca Materiali e Phototeca. Erano unici, incredibili: non avevamo mai visto niente di simile. Erano pieni zeppi di immagini forti, principalmente erotiche, raggrupate attorno a motivi iconografici precisi ma abbastanza esoterici. I layout assurdi passavano da un collage di dozzine di pompini senza bordi su pagina doppia, a fumetti erotici vittoriani o immagini sadomaso e foto di fosse comuni, con poesie e pezzetti di testo liberamente sgrammaticati, abbastanza astrusi, piazzati qua e là, quasi a caso.

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Come editor, Gilardi dev'essere stato uno dei titolatori migliori di sempre, e anche un genio nell'assegnare i temi ai suoi giornali: "La puttana artificiale", "Ladri puttane & pocodibuono", "Culocrazia", "Una donna chiamata cavallo e una pupa chiamata gallina" e "Stronzi razzisti eppezziddimmerda, stasera c'è il pogroom [sic] e non ho niente da mettermi". E questa non è che una piccola manciata di figaggine all'interno della montagna di figaggine che è stato l'output creativo di Gilardi. Infatti, Ando è anche l'autore di una dozzina di libri sulla fotografia e l'arte, ha creato uno degli archivi fotografici più grandi d'Italia (la Fototeca Storica Nazionale Ando Gilardi), dal 1960 al 1962 ha diviso la responsabilità delle pagine editoriali del fantastico periodico comunista Vie Nuovecon un certo Pier Paolo Pasolini e nel dopoguerra è stato co-curatore della documentazione fotografica utilizzata per provare l'esistenza dell'Olocausto al Processo di Norimberga. Più di così. Insomma, eravamo sempre più convinti di volerlo intervistare. Così ci siamo messi in contatto con lui e siamo andati a trovarlo nella sua casa di Ponzone. Abbiamo parlato di fotografia erotica, di come facevano i partigiani a cagare nei boschi e del perché Ando è convinto che le donne odino scopare.

VICE: Non siamo riusciti a trovare poi così tante informazioni sui suoi fantastici giornali. Ce ne sono davvero moltissimi. Se dovessi sceglierne uno preferito, penso che sarebbe Fhototeca Materiali. Quindi mi dica, chi ha avuto le palle per pubblicare un periodico del genere?
Ando Gilardi: L'editore era un produttore e distributore di film porno. Ah. Capito. Come avete iniziato a collaborare?
Io e Patrizia avevamo fatto una rivista qualche anno prima di Fhototeca Materiali che si chiamava Phototeca, con la P. Era una rivista molto importante, e ogni numero era incentrato su un tema specifico. Trovavamo immagini legate a un argomento—sia vecchie che nuove, ma soprattutto vecchie—e le mettevamo tutte assieme. Phototeca era finanziata da un editore che aveva un sacco di soldi, che lo faceva principalmente per vanità. La mia rovina, e la mia fortuna, è stata che questo qui è riuscito a convincermi che sapevo scrivere. Quanto vorrei non aver mai scritto! Mi avevano già cacciato dal Partito e da L'Unità perché erano riusciti a convincermi che sapevo scrivere bene. E alla fine, quest'editore ci fece chiudere i battenti. Disse, "Ooooh, Gilardi! Dobbiamo liberarci di quel Gilardi! Ed è pure un ebreo!" Ha venduto la testata a un altro editore, che poi ha cambiato il titolo. E lì divenne Fhototeca, con la "F"?
Patrizia Piccini: Sì. L'editore di cui sta parlando Ando—quello che si liberò di Phototeca—era anche l'editore di Photo Italia, la famosa rivista. E il nuovo editore ci tolse la "P" e mise la "F".
Ando: E poi chiuse la baracca anche lui.
Patrizia: Non gli interessava distribuirla per bene. Per qualche ragione, voleva solo stamparla. Iniziò a tagliare tutti i costi, liberandosi dei redattori e dell'art director, finché alla fine rimanemmo solo io e Ando.
Ando: Ma ci piaceva così tanto farla che ce ne fregavamo. E poi, alla fine di tutto, pubblicammo ancora un'altra rivista, quella di cui parli—Fhototeca Materiali. Era molto simile, ma con più immagini erotiche. E poi Fhototeca Index: Storia Infame della Fotografia Pornografica.

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In senso orario: "Alza la foglia," Fhototeca n° 40, maggio/giugno 1988; "Diversi, Gayesbornie & Coppie imbarazzanti," Phototeca n° 6, primavera 1982; "La puttana artificiale," Fhototeca N° 41, luglio/agosto 1989; doppia da "Giochi innocenti e peccaminosi trastulli," Phototeca n° 16, inverno 1984; "Culocrazia 2," Fhototeca n° 39, marzo/aprile 1989

Ok, fatemi capire. Prima di Phototeca, Fhototeca, e Fhototeca Materiali, facevate Photo 13. E dopo queste quattro, avete fondato Index: Storia Infame della Fotografia Pornografica?
Patrizia: Sì, è così. Le fondò tutte Ando. Una cosa che si nota in tutte—o quasi tutte—le riviste, è un disclaimer in copertina con scritto "Per adulti colti".
Sì. Dovevamo scrivere "per adulti" per forza, ma non ci piaceva, ci sembrava così basso. Così ci abbiamo aggiunto il nostro tocco. E le immagini sono tutte vostre?
Ando: Abbiamo una ventina di armadi pieni di negativi e diapositive.
Patrizia: Giravamo e rovistavamo tra le collezioni, e riproducevamo le immagini che ci piacevano. Non sono originali.
Ando: Patrizia! Morirai senza aver imparato niente. Devi dire, "Sì, abbiamo tutte le immagini originali."
Patrizia: In effetti è vero. Abbiamo tantissime immagini originali nel nostro archivio storico a Milano. Cosa vi spinse a fare una rivista così particolare, con così poco testo, e così tante immagini erotiche?
Ando: È una buona domanda, ma anche una domanda molto stupida. La nostra rivista era normale, erano le altre ad essere dei pezzi di merda. Ottimo. Ma cosa l'avvicinò alla fotografia?
Oh, è una storia vecchia! Dopo la guerra—sono stato partigiano, sai—ho iniziato a collaborare con questo capitano americano, ebreo anche lui. Mi dava da mangiare alla loro mensa in cambio dei miei servizi. Stavano cercando dei fotografi capaci di riprodurre immagini della Shoah, e che potessero stamparle. Era per il Processo di Norimberga, e c'era da guadagnarci, in ogni caso. Ho iniziato a riprodurre e stampare le immagini che trovavamo nascoste dagli ebrei, o cose così. E lì ho capito una cosa importante: che le parole servono per nascondere le cose—per mentire—mentre le fotografie invece servono per mostrarle.

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Doppia da "Catastrofi, batoste, maledetta sfiga & soluzioni finali," Phototeca n° 5, inverno 1981

Prima parlava di quando ha lavorato per L'Unità nel dopoguerra.
Ci ho lavorato così tanto! Mi hanno cacciato da L'Unità perché, come ti dicevo, non gli piaceva proprio che sapessi scrivere così bene. Ma non mi cacciarono dal Partito. In quel periodo, vedi, facevano questi processi interni, non processi civili, ma processi politici. Ti processavano per ragioni politiche, culturali. Pensavano di non potersi fidare di me, non perché ero un disonesto, no, ma solo perché ero colto e leggevo tanti libri ed ero intelligente. Non pensavano che avessi fatto qualcosa di sbagliato, ma che, forse, in futuro, messo nella situazione di poter fare qualcosa di sbagliato, l'avrei potuto fare, perché ero così intelligente. E in quel periodo, per punire un compagno, cosa facevano? Ti mandavano al sindacato. Ma non ho mai lasciato il Partito, anzi, è stato il Partito a lasciare me! Sono rimasto lì fino alla fine, finché non è morto. Mi è spiaciuto così tanto. E cosa le è successo al sindacato?
Molto sfortunatamente, anche loro si resero conto che sapevo scrivere e che facevo parte di una razza inferiore. Quindi mi mandarono al Lavoro, che era un quotidiano del sindacato, e che avevano deciso di trasformare in un settimanale. Ho lavorato col grande poeta Gianni Toti e con una donna fantastica di nome Lietta Tornabuoni, che poi è diventata una giornalista molto famosa. Anche lei era stata punita e cacciata daNoiDonne, la storica rivista delle femministe di sinistra, perché—e so che dicendo questo le sto facendo un complimento che apprezzerà moltissimo—era una gran scopatrice e amava scopare. E si scopava tutti gli uomini che trovava nel raggio di miglia. E tutte le altre femministe la odiavano, ovviamente. E insomma, facevamo questo giornale settimanale. Ma ho presto capito che un giornale così non avrebbe mai potuto funzionare. Perché?
Per due ragioni. Primo, perché un giornale non può funzionare senza pubblicità. Ma le compagnie mica si sarebbero messe a fare pubblicità sul giornale del sindacato. Sarebbe stato come dare dei soldi alla stessa gente che organizzava gli scioperi nelle loro fabbriche. Chiaro. E la seconda ragione?
Perché non ci sono teste di cazzo più grandi che quelle di sinistra. Intendo dire che non hanno l'abilità di ragionare logicamente. Pensaci: tu lavori in una fabbrica o nei campi per due lire e ti spezzi la schiena tutti i giorni. Anzi, ti svegli tutti i giorni e in pratica vai a prenderlo nel culo. E mentre lavori lo sai, lo senti, che lo stai prendendo in culo per due lire. E dopo una giornata intera a prenderlo nel culo vai a casa, e cosa fai? Secondo loro, dovresti leggerti un giornale che dice esattamente tutti i modi in cui l'hai preso in culo! Un giornale che dice, "Pensavi di prenderlo in culo, compagno? Nooo, lascia che te lo dica io, analfabeta, stupido compagno analfabeta, lascia che ti spieghi esattamente tutti gli altri modi in cui l'hai preso in culo, modi che nemmeno sapevi esistessero! Pensavi di prenderlo in culo fino allo stomaco, compagno, ma no, lo stai prendendo fino alla gola!" In teoria uno dovrebbe tornare a casa e leggersi una cosa così! Non ha senso! E, come ciliegina, questi giornali dovevamo distribuirli internamente. Sai cosa vuol dire? Vuol dire che gli stessi operai che lo stavano prendendo in culo tutti i giorni, in teoria, dovevano tornare in fabbrica nei giorni in cui non lavoravano, e questo è già assurdo, e infilarsi le copie del giornale dentro il cappotto o nella tuta, e—rischiando una multa, o perfino il posto di lavoro—distribuire ad altri operai il giornale per informare i loro compagni di quanto lo stanno prendendo in culo! In effetti se la mette così… Ma comunque, immagino che lei sia divertito in quegli anni?
Lo amavo! Sono stato il primo a pubblicare una foto a colori di Sophia Loren. Era meravigliosa. L'ho messa in copertina su Lavoro per uno speciale sul primo maggio.

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Doppia da "Gente comune," Phototeca n° 10, primavera 1983

E poi chiuse anche Lavoro. E se non sbaglio lei andò a lavorare al leggendario periodico del Partito Comunista, Vie Nuove.
Da Vie Nuove scrivevo editoriali di fotografia. L'unico altro editorialista in quel periodo era Pier Paolo Pasolini. E Pasolini, sai, era Pasolini, anche se io non lo amavo come lo amavano tutti, è sempre Pasolini. Volete sentire una storia su Pasolini? Assolutamente.
Ovviamente a quei tempi non c'era internet, quindi c'era questo fattorino, da Vie Nuove, che andava a casa di Pasolini a prendere la copia dell'editoriale che aveva scritto. E un giorno questo ragazzino ritornò dalla casa di Pasolini tutto rosso e senza fiato. E cominciò a dire, "Quel frociooo! Mi ha toccato il culo! Voleva che gli facessi un pompino!" E sai cos'hanno fatto? A questa merda, questo stronzo, questo nessuno che doveva solo essere onorato di succhiare il cazzo di Pasolini, non gli hanno fatto niente, ma hanno cacciato Pasolini dal giornale! E poi dall'intero Partito! Vorrei scrivere un libro intitolato Storia della stupidità della sinistra. Ahah. Ma mentre faceva tutto questo, aveva già iniziato a costruire il suo archivio fotografico nazionale?
Sì. Non ho mai smesso. Ho rovistato tra le collezioni e i musei per tutta la vita. Trovavo cose che mi piacevano e le riproducevo, come avevo imparato a fare dopo la guerra. Ho perfezionato alcune tecniche di riproduzione immediata, che mi permettessero di farlo senza esser notato. E in quel periodo non c'erano i flash. Ho inventato questi macchinari, che stanno dentro una valigia, per nascondere tutti i materiali e gli equipaggiamenti che mi servivano. E portavo queste valigie sempre con me. Ci sarà stata almeno una volta in cui ha pagato per una foto. No?
Cosa? Ma mi hai ascoltato per queste due ore? Sembri quel ragazzo di Vie Nuove. Ma sei scemo?! Pensi che Ando Gilardi avrebbe mai pagato per una fotografia? A volte, ma molto, molto raramente, chiedevo al direttore del museo se voleva una copia dell'immagine riprodotta. Ma solo se mi rimborsava i costi del rullino e dello sviluppo. Non ho mai comprato niente. Inizio a capire perché noi ebrei alla fine l'abbiamo sempre vinta… Ok, capito. È un talento davvero utile. Ma immagino che tutti questi macchinari pesassero qualcosa. Come lo faceva giorno dopo giorno?
Sembri un ragazzo intelligente, ma non posso rivelare tutti i miei segreti, caro. Pensa che ho sofferto di poliomelite da bambino, e da allora una delle mie gambe è paralizzata. Ciò mi ha ovviamente instaurato un fortissimo senso di vanità. Ero un partigiano con una gamba sola. Ora tu potresti pensare che ci voglia un certo coraggio e un certo ignegno per combattere da partigiano con una gamba sola. Ma non è così! La cosa veramente difficile era cagare. Mi segui? I partigiani cagano nei boschi. E per cagare nei boschi, devi abbassarti ma non puoi sederti. Ora, prova a immaginare cosa vuol dire cagare nei boschi con una gamba sola. Ho dovuto usare il mio ingegno anche lì. Be', come faceva?
Una delle prime armi che mi diedero era una Sterling inglese. Io l'adattai in una specie di cruccio, e la usavo per abbassarmi e appogiarmici quando dovevo cagare nei boschi. Quella sì che era una grande invenzione!

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Phototeca n° 9, inverno 1982; "Ladri, puttane & pocodibuono," Phototeca n° 1, novembre 1979

Ahah. Torniamo ai suoi archivi. Ha riprodotto decine di migliaia di fotografie di cui non possiede i diritti. Immagino che non sia un grande sostenitore del copyright?
Non riconosco i diritti di proprietà su un'immagine. Ho una posizione morale molto profonda su questo. Penso che le immagini siano di proprietà di chi le guarda. Vedere un'immagine vuol dire possederla, possederne la memoria. Mettiamola così: Tu fai un quadro e lo mostri in una galleria. Io vengo alla galleria e faccio foto al tuo dipinto con la macchina digitale. Non è un crimine. Poi vado a casa, la stampo, la appendo in salotto, la guardo, ci gioco, la elaboro, ci dipingo sopra un baffo come Duchamp—quelli sono affari miei. Capisco. Penso sia il caso di passare alla roba erotica. D'altronde, è la ragione principale per la quale le volevo parlare.
Sono sicuramente uno dei più grandi esperti di pornografia al mondo. C'è una frase che si può leggere verso la fine di tutti i numeri di Fhototeca: "Una fotografia oscena non è mai una fotografia sprecata."
Sì, l'ho scritto io. È vero! Be', mi ha fatto pensare al fatto che nel suo lavoro, sembra sempre interessato alle immagini che hanno una funzione—che siano documenti storici o censimenti o foto segnaletiche o pornografia—e non ad immagini belle create apposta per essere belle da un punto di vista artistico o estetico. O almeno non come loro funzione principale. Le immagini erotiche hanno ovviamente una funzione, uno scopo. Oltre al fatto che guardare foto di persone nude è un gran modo di passare il tempo, c'è qualcos'altro che la attrae di queste immagini?
Ho scritto un libro intitolato Storia infame della fotografia pornografica perché penso che l'immagine pornografica, non necessariamente fotografica—le foto sono solo il modo più recente di rendere quell'immagine—abbiano un significato fondamentale. Pensa solo alle caverne nei Pirenei; una delle immagini tipiche dell'uomo preistorico, dell'Homo Sapiens paleolitico, è l'immagine della vagina. La vagina è stata una delle prima cose a diventare un simbolo puro: una semplice V, o una V con una riga in mezzo. È estremamente interessante vedere come questo simbolo si è evoluto col tempo. Lo sviluppo più recente in questo campo è l'arrivo della figa rasata. Solo recentemente è diventata di moda. Ma è fantastico. Se ci pensi, i peli pubici avevano ragione d'esistere solo quando l'uomo camminava a quattro zampe, come una scimmia, e il pelo era una forma di protezione verso il fango e l'erba e altre cose così. Ma una volta che l'uomo ha iniziato a camminare su due zampe, ha perso la sua utilità. Penso che radersi la vagina sia molto interessante, perché solo ora è potuta tornare l'immagine assolutamente chiara, a livello iconografico, della vagina. Amo molto questi fotografi amatoriali che cercano di catturare sia la vagina che il viso della donna, tenendo entrambe le cose a fuoco. Vorrei scrivere un libro della storia della fotografia pornografica digitale. Quindi è un fan di siti tipo YouPorn o PornoTube?
Il mio preferito è xnxx.com. Mi piace andare sulla pagina delle tag e vedere quali cose diventano più o meno popolari col tempo. È un fenomeno di massa che solo gli stupidi possono permettersi di non prendere sul serio. Pensa che questi siti renderanno il suo tipo lavoro iconografico obsoleto?
Per niente! Penso che abbiano portato alla luce il principale desiderio degli umani: il voyeurismo. Se guardi bene dentro le persone, con onestà, noterai che la maggior parte di noi non ama scopare quanto ama guardare altri mentre scopano. Perché dice questo?
Be', scopare è noioso, e puzzolente, e pieno di falsità, e stancante, e ridicolo. Tutti quegli urletti, "Uuuuh" e "Aaaah"! Non ha senso. E mentre lo si fa, l'unica cosa a cui si pensa è la speranza che finisca presto per poter fare una pisciata. Questo è particolarmente vero per le donne. Le donne odiano scopare. Scusi?
Non dirmi che non te ne sei mai accorto! Vedi, ora ti insegno una cosa. Milioni di anni fa, c'erano due specie di scimmie. In una di queste specie, morirono tutti gli uomini, mentre nell'altra morirono tutte le donne. E così, nei milioni di anni, gli uomini di una specie si sono dovuti riprodurre con le femmine di un'altra. E le femmine odiano scopare con i maschi che non sono della stessa specie. Ma ce ne saranno almento un paio a cui piace.
No. Non penso proprio. Tutte le donne odiano scopare. Fidati di me.

Doppia da "Fruste, chiapperosse & dolenti orgasmi," Phototeca n° 9, inverno 1982