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L'Isola di Pasqua è ormai sovrappopolata, e i Rapa Nui ne hanno abbastanza

I membri del gruppo indigeno Napa Rui chiedono leggi sull'immigrazione più severe — e affermano che la quantità di turisti che ogni anno visitano l'isola di Pasqua non è sostenibile, né per l'isola né per le sue misteriose teste Moai.
Foto di Ian Salas/EPA

Le teste Moai, i vulcani, le spiagge e l'isolamento rendono l'isola di Pasqua una meta turistica esclusiva —tuttavia sempre più membri e rappresentanti del gruppo indigeno dell'isola, i Rapa Nui, vorrebbero fermare il flusso di turisti.

"La nostra non è paura, solo un modo pratico di affrontare un problema," spiega il governatore dell'isola, Pedro Edmunds Paoa.

L'isola di Pasqua è sei volte più piccola delle Hawaii e non può sostenere la propria economia e le sue infrastrutture senza i beni portati dai due aeroplani commerciali che ogni giorno arrivano dal Cile, che dista 3.540 chilometri. L'isola fa affidamento anche su tre navi cargo che mensilmente consegnano le provviste alla popolazione. Intanto sempre più stranieri vanno a vivere sull'isola, attratti dal clima, dal lavoro nel settore turistico e dal basso tasso di criminalità.

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Secondo gli ultimi censimenti, tra il 1992 e il 2002 la popolazione è passata da meno di 3.000 abitanti a quasi 4.000; ad oggi gli abitanti sono già più di 6.000, cifra che secondo le previsioni doveva essere raggiunta nel 2020.

Ogni anno 100.000 persone si recano sull'isola di Pasqua. L'anno scorso fonti ufficiali hanno affermato che questo è il massimo che l'isola può sostenere — anche se, stando a uno studio della Corporazione Nazionale per lo Sviluppo Indigeno, i visitatori sono destinati a triplicare nei prossimi quattro anni.

Una legge per regolare il flusso di turisti e residenti diretti verso l'isola è in discussione al Parlamento cileno dal 2000, ma il decreto non si è mai nemmeno avvicinato all'approvazione — in parte perché i Rapa Nui hanno ritenuto alcune versioni della norma non abbastanza severe.

Inoltre, un articolo della costituzione cilena - che in passato garantiva a tutti i cittadini il diritto di vivere, risiedere e viaggiare all'interno del paese a loro piacimento - è stato modificato nel 2012 in modo da considerare l'isola di Pasqua come un'eccezione.

Poi, nel 2014, la presidente Bachelet ha suggerito alla Commissione Rapa Nui per lo Sviluppo dell'isola di Pasqua (CODEIPA) di avanzare una propria proposta per regolamentare l'immigrazione. La proposta è stata approvata dalla comunità Rapa Nui a gennaio, e potrebbe presto essere presa in considerazione da un congresso cileno alla fine di questo mese.

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Una legge sull'immigrazione basata sull'attuale proposta ridurrebbe il tempo che un visitatore può trascorrere nell'isola da tre mesi a 30 giorni, o addirittura a 15 giorni qualora l'isola avesse difficoltà a offrire una sistemazione alla popolazione. Un rappresentante legale di CODEIPA ha affermato che LAN Airlines - l'unica compagnia che offre voli per l'isola di Pasqua - dovrebbe modificare la quantità di biglietti disponibili in relazione alla capacità di accoglienza dell'isola. LAN non ha risposto alle nostre richieste di commento.

Nonostante esista già una legge secondo cui solo gli indigeni Rapa Nui possono possedere legalmente terreni e proprietà sull'isola, secondo le proposte di modifica i continentali che volessero affittare una casa o lavorare sull'isola dovrebbe sottoporsi a un severissimo processo di approvazione, che innanzitutto porrebbe un limite alla durata della loro permanenza — probabilmente di tre anni.

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Paula Vega, che si è trasferita sull'isola con suo marito dieci anni fa e lavora nel settore turistico, dice che non sa che cosa farà se questi rigidi regolamenti verranno approvati.

Secondo il governatore Paoa tali proposte sono giustificate dal fatto che, se non saranno presi provvedimenti, sarà troppo tardi per affrontare la sovrappopolazione senza dover spostare i luoghi sacri dell'isola. Spiega infatti che ci sono oltre 20.000 siti sparsi nell'isola, ma che le autorità cilene tutelano solo quelli più famosi, mentre gli altri sono abbandonati a sé stessi.

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"Il Cile è un territorio immenso, con moltissimi luoghi in cui è possibile costruire", dice Paoa, "mentre qui non ce ne sono."

Julio Haoa, 41enne che lavora come guardia, afferma che in genere i turisti non danneggiano i siti, ma tendono a mancarvi di rispetto.

"Dico, 'Per favore signore, si allontani da questo sito, è sacro', e loro rispondono 'No, ho viaggiato a lungo per venire qui e ho pagato molti soldi per vedere questi luoghi," riferisce Haoa. "Credono che ciò dia loro il diritto di fare quello che vogliono."

(Foto di Max Radwin/VICE News)

Oltre ad accusare le autorità cilene di perseguire politiche che hanno portato a una crescita insostenibile della popolazione sull'isola, alcuni si lamentano del fatto che non hanno la possibilità di esprimere le proprie preoccupazioni. Al riguardo citano la violenta repressione contro una marcia anti-immigrazione nel 2011.

Incidenti del genere - così come l'astio verso i matrimoni misti e verso l'uso della spagnolo al posto del linguaggio indigeno - hanno spinto alcuni residenti verso posizioni più estreme.

Il Parlamento Rapa Nui, un gruppo di attivisti che in realtà non è affatto un parlamento, a marzo dello scorso anno ha chiuso il parco nazionale per due mesi, affermando che le autorità cilene stavano svolgendo un pessimo lavoro. "Questo significa protezione della cultura", afferma Mario Tuki, un membro del gruppo arrestato durante le proteste. "Il Cile è un paese ricco e multiculturale, ma è pieno di ladri e di bugiardi e non vogliamo questo per la nostra isola."

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Il Parlamento Rapa Nui sta inoltre intraprendendo azioni legali all'interno del sistema giudiziario cileno con l'obiettivo di ottenere maggiore autonomia e il ripristino dei territori ancestrali. Tuki ha detto che si aspetta di perdere la causa e che esporranno poi la questione nelle sedi internazionali.

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