Una giornata con i Coma Cose

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Musica

Una giornata con i Coma Cose

Per il secondo episodio di Unlock The City, abbiamo accompagnato i Coma Cose da casa loro a Milano Sud fino al loro nuovo studio di registrazione a Chinatown.
Giacomo Stefanini
Milan, IT

Unlock The City è un progetto realizzato da Noisey in collaborazione con Timberland per raccontare il rapporto tra la città di Milano e gli artisti che l'hanno esplorata e vissuta tramite la loro musica.

Per chi abita a Milano o frequenta la città le canzoni dei Coma Cose risultano immediatamente familiari. Il pesce fritto di piazza 24 maggio, le birrette comprate al bar/tabacchi di via Gorizia, le case di ringhiera, il tram 14 per Lorenteggio, e potrei andare avanti.

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Si dice che a Milano non ci siano più milanesi, ed è forse proprio per questo che gli schizzi di città dipinti da Fausto Lama e Francesca California sono così efficaci: il loro sguardo è quello di chi a Milano si è trasferito già adulto e rimane affascinato dalla folla sui Navigli o alle Colonne, dall'imponenza di Porta Ticinese, dai continui cambiamenti di una città sempre in evoluzione.

Siamo stati a farci un giro con loro nella Milano che conoscono meglio e in quella che stanno ancora scoprendo grazie al loro nuovo studio di registrazione, e abbiamo parlato di come la città si è insinuata nella loro poetica e nella loro vita di tutti i giorni, e di quando si sono resi conto di aver trovato una casa lungo i binari del 14.

Voi siete cresciuti in provincia. Quanto ci avete messo a capire Milano, a sentirvi parte della città e viceversa?
California: Milano è stata una vera scoperta, anche perché io non ero mai stata a Milano prima di decidere di venirci a vivere. I primi anni sono stati un po’ duri, ma ormai sono dieci anni che abito qui e avendo viaggiato molto negli ultimi tempi mi sono resa conto che questa città rappresenta ormai davvero casa per me.
Fausto Lama: Ci è voluto un po’ ad ambientarsi. Ma da quando abitiamo qua anche Milano è cambiata molto, soprattutto negli ultimi tre o quattro anni, dopo l’Expo. Soprattutto se parliamo della nostra zona, quella della Darsena, è molto migliorata, si è un po’ ripulita. E a noi il cambiamento piace, l’evoluzione è sempre una cosa positiva. Non è che ci sia un momento preciso in cui sblocchi la città, è un processo graduale: la città ti trasporta e a un certo punto sono passati dieci anni e pensi “ok, forse non sono più uno straniero”.

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La zona dei Navigli ricorre spesso nei vostri testi. Quanto ha influenzato la vostra poetica?
Fausto Lama: Il fatto è che ci abbiamo sempre abitato. E poi è una zona ricca di cose. Si passa da piazza 24 maggio, più turistica, a via Gola che invece è più “losca” e periferica. È un posto pieno di contraddizioni, forse perché nasce dalle ceneri della vecchia Milano, quindi ispira la scrittura. Noi la raccontiamo perché ci viviamo, ma ci viviamo perché dà tanti input.

La storia dei Coma Cose inizia quando voi due lavoravate insieme come commessi. Ora grazie al vostro successo non dovete più lavorare, ma quanto siete vicini a realizzare i vostri sogni?
Fausto Lama: Abbiamo lavorato come commessi fino a un anno e mezzo fa. Poi sono successe due cose: è venuto a mancare il lavoro e contemporaneamente è cresciuto l’interesse del pubblico verso la nostra musica. Così abbiamo fatto il salto nel vuoto. Prendiamo la musica molto seriamente, quindi ha bisogno di essere gestita come un lavoro vero e proprio, un impegno quotidiano, 24 ore al giorno. Abbiamo detto: “o la va o la spacca”. Per ora sta andando.

Quali sono i posti che preferite frequentare in città per la musica? Andate a molti concerti?
California: Andiamo a vedere più concerti che possiamo. Andiamo spesso all’Alcatraz, al Fabrique, al Magnolia, ma anche in posti piccoli come il Cox18.
Fausto Lama: Lo facciamo per curiosità e per vedere cosa succede. Perché noi ci sentiamo anche un po’ degli outsider e vogliamo capire come funzionano certe cose messe in pratica. Speriamo di arrivare anche noi su quei palchi un giorno.

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Guarda il video da cui è nato questo articolo:


Com’è nata l’idea di mescolare il cantautorato con il rap e quando vi siete accorti che poteva funzionare anche per il pubblico?
Fausto Lama: L’idea di mescolare il classico con il moderno è venuta semplicemente dalla voglia di sperimentare e fare ricerca. Coma Cose nasce con l’idea un po’ punk di rimescolare le cose come vogliamo noi. Penso che ormai tutto è stato fatto e siamo nell’epoca del crossover, quindi si può cercare di trovare delle miscele nuove. Non sappiamo se la nostra abbia funzionato, ma l’importante è che a noi piace così. Ci diverte ripescare idee musicali e lessicali dal passato cercando di attualizzarle con un linguaggio più moderno e una semantica quotidiana presa dalle nostre vite di tutti i giorni. Non c’è troppa pianificazione: la nostra è voglia di sporcarci con la musica, con i dischi impolverati sulle mensole ma anche con i video appena usciti su YouTube.

Come mai avete deciso di procedere per singoli e piccoli passi invece di sfornare un album dopo il primo successo?
California: Volevamo un progetto che crescesse in corso d’opera. Volevamo lasciarci trasportare dal flusso del momento e curare per bene ogni uscita. Ci occupiamo anche noi stessi dei video e della comunicazione, per cui ogni singolo comporta un grosso lavoro. Lavorare così ti permette di concentrarti meglio su ogni parte.
Fausto Lama: È un’esigenza di attualità e anche di creatività. Come dicevo prima, Coma Cose vuole mantenere un’attitudine punk, fare di volta in volta quello che ci va di fare. Per questo un singolo funziona meglio, perché un album ci vuole tempo a farlo uscire e quindi si rischia di non rispecchiarsi più in quello che si è fatto mesi prima. Uno dei capisaldi di questo progetto è: non trascurare l’emotività e la trasparenza. Non faremo mai un disco perché bisogna fare il disco, né un singolo perché il mercato chiede un singolo. Cerchiamo di essere onesti con noi stessi e ci sembra che questo arrivi anche al pubblico, che fa questo viaggio insieme a noi.

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Come nascono le vostre canzoni?
Fausto Lama: Il primo spunto viene sempre dalla quotidianità. È una cosa che vedi aprendo la finestra la mattina o un’idea che spunta camminando per strada. Abbiamo un quaderno delle rime su cui appuntiamo delle immagini. Dopodiché io costruisco uno scheletro di beat, una melodia al pianoforte o alla chitarra e ci metto sopra una prima versione del testo. Poi Francesca ricanta alcune parte o le modifica. Alla fine di questo processo entra in gioco il nostro duo di produttori, i Mamakass, e con loro rifiniamo il brano nel nostro nuovo studio.

Lo studio però non si trova a Milano Sud, ma più a Nord-Ovest, Chinatown. Questo fatto influisce sul vostro processo creativo?
Fausto Lama: Penso ci abbia fatto bene uscire un po’ da Milano Sud, cambiare situazione. In realtà Paolo Sarpi è una bolla, perché è Chinatown quindi potrebbe essere ovunque. Questa cosa crea una bolla di concentrazione, perché quando esco dallo studio e vado a mangiare un baozi ai chioschetti di street food cinese mi sembra di entrare in un’altra dimensione. Non ci sembra nemmeno di essere in un’altra Milano, è proprio un altro pianeta. È perfetto per concentrarsi. E poi lo studio per me è una stanza dei giochi, ho a disposizione tutto quello che mi serve.
California: È una figata perché si trova proprio davanti a una fermata del 14, che passa anche vicino a casa nostra.

“Il 14 per Lorenteggio” che citate in “Pakistan”.
California: È proprio perfetto, è una specie di teletrasporto da casa nostra allo studio.
Fausto Lama: Questa cosa mi dà proprio la sensazione che stiamo lavorando, perché sali sul tram la mattina in periferia, passi davanti al duomo (e questa cosa mi dà proprio la sensazione di fare il pendolare a Milano) e arrivi nell’altra periferia, Chinatown, che è diversissima dal resto di Milano. Quindi in mezz’ora hai tutta una città a ispirarti semplicemente guardando fuori dal finestrino.

Come sono cambiate le cose da quando siete diventati più famosi? La gente sul 14 vi riconosce?
California: Sul tram capita abbastanza spesso che ci riconoscano, ma non ci crea problemi. Anche perché a Milano le persone sono abbastanza schive, non sono invadenti. In provincia capitano più spesso richieste di foto, domande eccetera, ma a Milano la gente è abituata a vedere persone conosciute.
Fausto Lama: Racconta la storia della ragazza con le bambine!
California: Ah, sì! Una volta stavamo tornando a casa e sentiamo correre dietro di noi e delle voci che ci chiamano “Scusate, Coma Cose!” Ci giriamo e troviamo una ragazza con tre bambine, avranno avuto dai due ai quattro anni, che dice: “Fate sentire la canzone!” E le bambine si sono messe a cantare “Post Concerto”. [ride]
Fausto Lama: Notorietà a parte, noi prendiamo la musica in maniera molto professionale. Quindi in un certo senso per noi è un lavoro come un altro e per andarci continuiamo a prendere il tram.

Il 3 ottobre i tre protagonisti di Unlock The City, Carl Brave, Rkomi e Coma Cose, saranno in concerto a Milano per un evento gratuito offerto da Timberland. Registrati sul sito per assicurarti di riuscire a entrare e ricevere in regalo una t-shirt realizzata da Timberland e Asian Fake, e se porti le scarpe giuste avrai anche la possibilità di farti un giro nel backstage.

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