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Tecnologia

Perché questa startup vuole pagare i vostri selfie? Per venderli, ovviamente

Grandi aziende, selfie ed enormi problemi di privacy. Tutto in una sola app.
Immagine: Flickr/Ellen De Vos

Se vi piacciono i soldi, il dentifricio e il vostro stesso riflesso, una nuova startup—chiamata Pay Your Selfie—è il posto ideale dove far confluire i vostri interessi.

L'azienda, con sede a Chicago, si basa su una semplice rete di benefici mutuali: i giovani amano i soldi, e i selfie. I brand amano i giovani, ma solo perché rappresentano la fascia demografica di consumatori più importante. I giovani non amano necessariamente i brand, ma se i brand offrono loro dei soldi per scattarsi dei selfie, ecco che assistiamo alla nascita di una splendida amicizia. Cosa potrebbe mai andare storto?

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Certi aspetti del modello di business della startup, comunque, sembrano indicare un vantaggio sproporzionato per le aziende rispetto agli utenti privati. Ciò che si presenta come una dinamica quid pro quo tra millennial e brand, è in realtà un altare su cui gli utenti sacrificano i propri dati e la propria privacy per le aziende che dovrebbero pagare molti più soldi per le informazioni da cui, fondamentalmente, trarranno ulteriori profitti.

Immagine: Pay Your Selfie

La startup sostiene che le persone saranno pagate in modo appropriato per i loro selfie, ma sappiate che in realtà gli utenti vedono pochi spiccioli. Le missioni fotografiche possono essere quotate fino a un massimo di 1 dollaro e gli utenti possono convertire i soldi virtuali in reali solo dopo aver scattato un numero di foto che equivale a 20 dollari. Mettiamo che una persona scatti cinque foto alla settimana: significa aver bisogno di oltre un mese di selfie prima di vedere i soldi. E questa cifra non tiene conto dei prodotti che le persone devono comprare per partecipare.

Chi ha parlato della giovane startup, finora, lo ha fatto in modo adulatorio. Adweek ha dichiarato che l'azienda è utile perché ti paga per "fare semplicemente quello che fai già tutto il giorno." In un articolo uscito sul New York Times, qualcuno ha suggerito che le norme sulla privacy apparentemente meticolose della app siano garanzia di autenticità. E Yahoo Finance ha scritto che Pay Your Selfie "offre agli utenti l'opportunità di guadagnare soldi dalle loro stesse abitudini consumiste."

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Pay Your Selfie non è una piattaforma privata. Anzi, in un'intervista con il New York Times, il capo di un'agenzia pubblicitaria non affiliata alla app ha fatto riferimento alla stessa come un "voyeurismo automatizzato."

Stando al FAQ dell'azienda, molte delle missioni fotografiche richiedono di attivare il GPS per confermare che chi sta scattando la foto si trovi effettivamente dove dovrebbe; questa cosa permette ai clienti di vedere dove si concentrano i propri consumatori, o a quale negozio si recano le persone per comprare i loro prodotti. Il problema è che i dati sulla posizione possono esporre gli utenti ad attacchi hacker.

Un rappresentante dell'azienda mi ha detto che i fondatori di Pay Your Selfie sono "ben consapevoli dei rischi e hanno messo in atto diverse pratiche di sicurezza."

Il fatto che gli inserzionisti analizzino le foto alla ricerca di informazioni sui consumatori non è una novità. Stando a un report del Wall Street Journal, piattaforme come Pinterest, Flickr e Instagram vengono spesso utilizzate da chi si occupa di ricerche di mercato, per raccogliere informazioni sui comportamenti delle persone—una pratica che alcuni esperti di sicurezza considerano predatoria.

La ricerca di mercato di tipo tradizionale—i cui i partecipanti, in genere, ricevono un compenso—può costare ai brand centinaia di migliaia di dollari. Ed è giusto così. Se un'azienda vuole imparare di più su di noi per venderci ancora più prodotti, non dovrebbe ricompensarci a dovere?

Quando ho chiesto quanto i brand pagassero per queste informazioni, mi hanno risposto soltanto che Pay Your Selfie personalizza i costi di campagna a seconda degli obiettivi di marketing di ogni cliente.

La startup non ha rivelato la lista completa dei brand con cui lavora al momento, ma ha nominato i prodotti Crest della Procter and Gamble, la Red Frog, e la Chicago's Goose Island Brewery.