Ho cercato di infiltrarmi nei club privati più esclusivi di Londra
Tutte le foto di Chris Bethell e Bekky Lonsdale).

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Ho cercato di infiltrarmi nei club privati più esclusivi di Londra

Dei miei tre tentativi di raggirare security e receptionist, solo uno si è rivelato vincente.

È un posto strano, Londra: una città che sembra non funzionare per molte delle persone che ci vivono. Alza gli occhi sugli appartamenti di lusso, le boutique di utensili da cucina artigianali e i negozi di candele solo su appuntamento, e capirai che non fa certo per te. Guarda gli affitti salire più in fretta dei prezzi delle case, guarda l'idea di "comprare casa" diventare una di quelle cose del passato di cui si ha nostalgia e si ride un po', come i braccialetti simil-tatuaggi, o l'edilizia con l'amianto, e capirai che non fa per te.

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Ma se c'è una cosa su tutte che dovrebbe bastarti a ricordare che Londra non fa per te, è la proliferazione di club privati in città. Quei posti con luce soffusa e arredamento costosissimo che fanno da rifugio per i membri dell'élite globale. Uno spazio dove puoi finalmente sorseggiare un negroni in pace, senza il rischio di incontrare la plebe dei sobborghi che ti chiede se hai un filtro.

Il problema, ovviamente, è che io sono esattamente quella plebe dei sobborghi, quindi mi sono sempre chiesto quali lussi si nascondano dietro le porte dei club. Il problema ancora più grande è che ci sono degli ostacoli tra me e la possibilità di scoprirlo: l'accento provinciale, le scarpe da ginnastica sporche, e il fatto che non sono effettivamente membro di nessun—nessun—club privato. Ma sapete una cosa? Questo non mi fermerà. In un modo o nell'altro, riuscirò a entrare.

Primo tentativo:

FLOWER POWER

Ok, allora, entrare in un club privato è tutta questione di superare l'usciere, no? Non può essere così difficile. Ho guardato abbastanza film di James Bond per esserne certo. Perciò, il mio primo tentativo è molto semplice: fingere di essere il fattorino di un fiorista.

Un cappellino girato all'indietro, un mazzo di fiori e un paio di calzoncini, ed eccomi con un biglietto di sola andata per Shoreditch House, un club privato a East London dedicato a chi lavora nel mondo del giornalismo e dei media—e infatti vige la regola del "no tie", perché nessun giornalista porta la cravatta.

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Attraverso la lobby fischiettando tra me e me e guardando il foglio che ho in mano.

Uno "Scusi?" mi raggiunge, come una doccia fredda giù per il colletto. "Posso aiutarla?"

"Certo, ho qui dei fiori da per… Simon? Devo consegnare al bar." La faccia del tizio alla reception si incrina.

"Abbiamo molti Simon, qui. Non ha un cognome?" Scuoto la testa. "Da che fiorista arriva?" Mi strizzo le meningi.

"That's Flowers."

"'That's Flowers?' Ok perfetto. Guardo su Google." Cazzo. "Non vi trovo—strano. Magari posso parlare un attimo con il suo capo al telefono?"

"Certo, mi dia un secondo che vado a prenderlo in macchina."

Nel giro di qualche secondo sto correndo per Brick Lane. Ok fa niente—non era un'idea poi così buona. Secondo tentativo:

SE NON PUOI COMBATTERLI, UNISCITI A LORO

A chi pensano i membri dei club quando stanno decidendo che taglio di tonno aggiungere al loro piatto di sashimi? Avete capito i tipi: l'uomo che gioca a squash prima del lavoro, la donna che invita i clienti nelle pasticcerie di lusso per discutere di lavoro, il broker che ha sviluppato una dipendenza dalla cocaina per sopperire alla mancanza di personalità. E il motivo per cui i club privati stendono davanti a loro tappeti rossi è semplice: fiutano i soldi nelle loro tasche. Quello che voglio dire è che entrare dalla porta sul retro non funziona. È meglio mettersi l'abito migliore, gel nei capelli, gonfiare il portafoglio e abbattere il portone principale.

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Eccomi, con il mio outfit da ricco. Ma non sono ricco—ho 20 sterline. Come farò a dare la mancia al portiere, al manager e all'uomo alla concierge? Ho bisogno di fare soldi, in qualche modo. Ma come?

Evviva! Leggete e piangete: 7.200 fiorini ungheresi. È il momento di far conoscere il mio nome in uno dei più noti club del mondo della finanza londinese, il Devonshire Club.

Mentre mi dirigo alla porta, strizzo l'occhio a tutti i colleghi che incontro per entrare nel personaggio.

"Buonasera, signore!"

Faccio scivolare nella mano del portiere una banconota da 500 fiorini. I nostri occhi si incontrano, ci stringiamo la mano, e lui mi prende l'ombrello. Sarà una passeggiata. Vengo condotto lungo un corridoio poco illuminato, fino a una lobby dove un uomo mi offre un asciugamano caldo. Una donna mi si rivolge.

"Siamo felici di averla con noi stasera. Ci vuole lasciare la giacca?"

"Freddino, fuori, non è vero?" Cerco di imitare l'accento dei Monty Python.

"Ah, davvero! Mi dice il suo nome?"

"Richard."

"E il suo cognome? Solo per controllare sulla nostra lista."

"Vede," e qui mi avvicino a lei, piegato sul bancone, "non pensavo sarebbe stato necessario." Gli occhi della donna mi trapassano, ma io continuo. "Non sono un membro, vorrei solo prendere un drink mentre aspetto di andare a una cena di gala, qui vicino—che ne dice di 500?"

Guarda la banconota, poi me, poi di nuovo la banconota. Alzo le sopracciglia.

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Non accetta la banconota. Dico che "sistemerò tutto" e fingo di parlare al telefono per almeno dieci minuti. Sudando, a corto di idee, batto in ritirata.

Ed eccoci all'ultimo tentativo, quello che deve funzionare per forza:

HUGH GRANT + IO = OBIETTIVO RAGGIUNTO

Vagando per il centro con l'amaro del fallimento ancora in bocca, rimugino. Che tipo di clientela vogliono questi club? Che tipo di persona non potrebbero mai rifiutare all'ingresso? Eureka! I famosi! Ma certo! La fama era l'unico ostacolo tra me e il successo. La trovo tre quarti d'ora più tardi, alla modica cifra di 300 sterline. Eccola, la mia chiave per il successo:

HUGH GRANT! Cioè, Simon. Simon è un sosia di Hugh Grant che come Hugh se la passava molto bene negli anni Novanta, ma che da allora non ha più combinato granché in quanto suo sosia. Almeno fino a stasera.

Il piano è semplice: proveremo a convincere il club più esclusivo di Soho, The Groucho, che Hugh Grant (Simon) e il suo PR (il sottoscritto) vogliono farsi una bevuta tranquilla. L'unico problema è che Simon ha un fortissimo accento dell'Essex, quindi dovrò essere io a parlare. Per massimizzare la trovata, il nostro fotografo, Chris, fingerà di essere un paparazzo alla disperata ricerca di una foto dell'attore di Love Actually.

Indossati gli occhiali da sole e sistemato Chris dietro l'angolo, è ora di entrare in scena. Ci buttiamo su Dean Street sotto la pioggia di flash. Chris si butta su di noi, e io faccio scudo per proteggere il mio cliente.

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La signora alla porta apre per lasciarci entrare.

"Posso aiutarvi?" chiedono alla reception.

"Sì, vorremmo un tavolo."

"Può darmi un nome?" La guardo scioccato.

"Sono con Hugh," dico lanciando un'occhiata alle mie spalle. Simon è lì, e sembra infuriato. "Hugh Grant."

La receptionist spalanca gli occhi. Poco dopo veniamo fatti accomodare in sala. Ordino una birra per me e un gin tonic per Hugh. Prendono la mia carta di credito e lasciano sul tavolo dei salatini. Bene. Ce l'abbiamo fatta. Ma non è abbastanza, ora voglio vedere quanto può reggere questa farsa. Dico a Simon di farsi vedere scocciato.

"Il signor Grant preferirebbe una stanza un po' più tranquilla. Possiamo spostarci?"

"Certo signore."

Ci accompagna su per le scale, e apre una porticina nascosta.

Simon e io balliamo e brindiamo nella nostra stanza privata. Per un po'. Poi ci annoiamo. I club non sono poi così divertenti. A quanto vedo, sono solo pub ben arredati che ti costringono a sganciare un sacco di soldi ogni anno per entrare. Ok, sono stufo—tempo di andarmene. Chiedo il conto.

"Oh, ve ne andate?" chiede l'uomo. "È successo qualcosa? Perché se è qualcosa che ha a che fare con noi, faremo di tutto per sistemarlo."

"Be', forse…" sento un fulmine attraversarmi la mente. "Magari due bicchieri di champagne?"

"Ma certo!" si ferma. "Ma posso venire con lei? Vorrei offrire io." Sento un groppo in gola.

Mi chiedo se mi sia spinto troppo in là. Mentre riaffronto le scale, so che è così, che mi sono spinto troppo in là.

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Lo spiego a Simon, che entra immediatamente nel panico. Ci scambiamo di posto, così che lui abbia le spalle alla porta, e incrociamo le dita. L'uomo torna. Noi siamo in silenzio. Posando i bicchieri, si rivolge a Simon. "Hugh," sorride. "Spero che la sua serata stia andando nel migliore dei modi."

Molto contrito per quello che ho fatto, penso che sia il momento di andarcene. Beviamo, e mando un messaggio a Chris perché si tenga pronto.

Quando usciamo, i flash ci colpiscono, più potenti del solito. Quasi urlo contro Chris, gli dico di smetterla. Ma questo non è Chris. È un uomo con una macchina fotografica grossa come un'arma, che ci spara flash della potenza del sole negli occhi.

"Partitina a tennis stamattina, eh, Hugh?" chiede sogghignando. Continuiamo a camminare. "Ehi, Hugh!" continua lui. "Abbiamo bevuto un po' stasera?"

Mentre entriamo in un locale a caso e prendiamo posto cerco di capire cosa è appena successo. È forse questo il prezzo da pagare per chi entra in un club esclusivo e chiede champagne? È per colpa di cose del genere che Hugh ha sempre quell'espressione abbattuta? Simon e io ci guardiamo negli occhi e scoppiamo a ridere. Gli do una pacca sulla spalla. Lui mi guarda, ancora sorridente, e chiede: "Ora posso andarmene?"

Gli do la somma pattuita e lo lascio andare.

La giornata di oggi mi è costata 361 sterline, 11 in più della tessera annuale under 30 per il Groucho Club.

Fottiti Simon. E fottiti pure tu, Londra.

@Oobahs / @CBethell_photo