Identità

Perché dopo i 25 anni è più difficile farsi degli amici?

Un professore di psicologia sociale ci ha detto che non è solo questione di tempo, ma anche di maturazione dei rapporti. E che forse è meglio così.
amicizia 25 anni
Foto di Jed Villejo su Unsplash.

Il numero di amicizie diminuisce progressivamente con l’età adulta, e alcuni studi hanno stabilito che il decremento inizia attorno ai 25 anni

Non è un caso che questo calo coincida con l’aumento delle responsabilità. Se infatti fino alla post-adolescenza si vive solitamente nel conclave della sfera scolastica, una volta fuori da quella bolla, quando comincia la vita lavorativa, diventa essenziale imparare a usare il proprio tempo in modo prolifico.

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Ciò comporta l’attuazione di una scelta inconscia ma pragmatica sul mantenimento di alcune amicizie rispetto ad altre, per esempio favorendo i rapporti con persone che abitano più vicine o restano affini a noi.

In buona sostanza, si ha meno tempo per coltivare un ampio numero di amicizie e meno interesse nel mantenere vive quelle meno salienti. Ma non è un male come sembra, anzi, è persino salutare.

Come sviluppiamo i rapporti di amicizia

Per parlare di amicizia, dobbiamo partire dal principio, ovvero dal concetto di attaccamento, che “si rifà a un sistema collegato a genetica e biologia. L’attaccamento è un sistema che ci spinge a cercare contatto sociale e che ha una funzione essenziale di sopravvivenza,” spiega Guy Bosmans, psicologo clinico e professore alla Facoltà di Psicologia e Scienze dell’Educazione alla KU Leuven.

Fondamentalmente, l’attaccamento si sviluppa nelle prime fasi dell’interazione tra caregiver e infante; il ruolo del caregiver, che può essere la madre o un’altra persona adulta, è fornire al bambino cura e supporto fin dalle prime fasi di vita. Questa prima esperienza relazionale andrà a creare un pattern per le future relazioni, e a influenzarle nell’arco della vita.

“È un assioma, nasciamo con la necessità biologica, prodotta dall’evoluzione, di ricevere cura, ma anche un bisogno di curare il prossimo. Certo, poi andando avanti con l’età, questo bisogno si stratifica, diventa più complesso—se all’inizio quello del bambino è soprattutto un bisogno di protezione da parte del genitore, anche molto fisico, andando avanti con gli anni assume una forma psicologica, una necessità di confronto e supporto.”

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Ma sta di fatto che questo sistema sviluppato durante infanzia e adolescenza articola e delinea i rapporti durante tutto il corso della vita, ripetendosi nelle relazioni future e influenzando i pattern relazionali. Ovviamente esiste la possibilità di cambiamento.

Perché diminuiscono le amicizie?

Potremmo condensare la risposta a questa domanda in due parole: si cresce. Certo, in quella fase dello sviluppo in cui si inizia a vedere la drastica diminuzione delle amicizie, in cui gli affetti si allontanano perché un’amica si trasferisce per lavoro, uno si sposa, e l’altro ha sempre improrogabili impegni, non è strano abbattersi, specie rendendosi conto di quanto diventi difficile crearne di nuove. Ma la verità è che si tratta semplicemente di un processo fisiologico che caratterizza la maturazione della persona, sia a livello emotivo che professionale. 

Anzitutto, le amicizie sono più “libere”. “L’amicizia risponde a un bisogno di attaccamento in parte diverso rispetto a quello dei genitori. Inoltre si presenta come meno esclusiva e dunque più fluida.” È il bello e il brutto dell’amicizia: si sceglie di stare insieme, senza obbligo—ma si può anche scegliere di sacrificarla per privilegiare altri impegni, o per favorire quelle relazioni più intense o per certi versi più necessarie (per esempio con partner o prole), anche perché magari ci offrono una maggiore soddisfazione psicologica e un maggior benessere.

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Questo tempo da dedicare alle relazioni viene tuttavia influenzato anche dall’attaccamento. “Il modo in cui si è appreso a relazionarsi con il prossimo influenza anche la quantità di tempo che possiamo dedicare alle relazioni,” aggiunge Bosmans. “Se crescendo non abbiamo imparato a sviluppare un approccio maturo, oppure se abbiamo sviluppato la convinzione che le nostre relazioni saranno fonte di disagio e negatività, per fidarci e instaurare una relazione solida ci vorrà più tempo perché non solo dovremo impiegarne per far crescere quella relazione, ma ancora prima di quel passaggio dovremo imparare i meccanismi che servono a instaurarla e coltivarla.” Insomma, le cicatrici del passato hanno bisogno di tempo per guarire.

L’importanza di ritagliarsi del tempo per se stessi e il partner

Inoltre, il tempo per le amicizie viene assorbito anche da altri due tipi di relazione: quelle sentimentali e quelle nei confronti di sé. Le relazioni romantiche reclamano parecchio del nostro tempo e delle nostre risorse relazionali, che—come sa bene chi prova stanchezza sociale dopo un weekend in compagnia e ha bisogno di almeno un mese di recupero—non sono nemmeno così infinite. È fisiologicamente necessario passare anche del tempo in solitudine, ritagliarsi degli spazi personali.

Crescendo, come conferma Bosmans, proprio quel bisogno di socialità e appartenenza a cui le amicizie spesso rispondono muta. Non vuol dire che smettiamo di avere bisogno di socializzare, anzi, la ricerca di contatto umano caratterizza tutte le fasi della vita. L’amicizia, però, trova la propria matrice nel confronto e nella validazione, nel trovare conforto in un altro da te che confermerà la tua importanza, la tua giustezza, in modo disinteressato—no, i membri della tua famiglia non lo sono. Crescendo, questo bisogno di validazione diminuisce, anche grazie al formarsi di un’identità più solida e compatta. Quando il locus della propria sicurezza si sposta da fuori a dentro, è normale che si andrà meno a cercare input esterni. Questo anche perché avviene un cambio di ruolo: “Dalla ricerca di affetto e cura, si passa a diventare coloro che forniscono ad altri quell’affetto e quella cura,” spiega Bosmans. 

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Meno amicizie vuol dire meno soddisfazione sociale?

Come probabilmente si sarà intuito a questo punto, non è necessariamente vero che una diminuzione delle relazioni significative sia correlata a una minore soddisfazione nella sfera sociale. In uno studio del 2019, infatti, è emerso come dopo i 25 anni diminuisca il numero di amici, ma che la soddisfazione sociale non dipende da questo, quanto dalla qualità delle relazioni di amicizia rimaste. 

Oltretutto, la diminuzione dei rapporti più stretti non corrisponde necessariamente a una diminuzione dei rapporti in toto. Le amicizie in età avanzata si possono sostanzialmente dividere in tre categorie, spiega un articolo su Atlantic: amicizie attive, amicizie dormienti, amicizie commemorative. Nella prima ricadono quelle persone su cui sappiamo di poter contare per supporto emotivo, che contattiamo in caso di necessità e viceversa; tra le amicizie dormienti ricadono quelle persone con le quali non ci si sente frequentemente, ma che se i pianeti si allineano ci fa piacere rivedere; della categoria delle amicizie commemorative fanno parte quelle persone con le quali si sono persi ormai i contatti ma con cui si aveva un rapporto intenso in passato, al punto che le si reputa ancora amiche. Le amicizie si possono spostare da una all’altra di queste categorie a seconda delle circostanze, rimanendo comunque nel network delle relazioni. Quindi, ripensandoci, la nostra bolla sociale potrebbe essere più estesa di quanto riteniamo. Cambia solo l’intensità dei rapporti.

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La narrazione mainstream sulle amicizie sostiene l’idea che si mantengano per tutta la vita. Ma la verità è che le persone fanno amicizia in modi diversi a seconda del carattere, delle circostanze e del proprio stile relazionale. Stile che, nonostante il menzionato imprinting dei primi anni di vita, matura nel tempo, si modifica e non rimane costante. “Le situazioni relazionali cambiano nel tempo: magari si può partire da una famiglia poco affettuosa e imparare che le relazioni saranno fonte di disagio, ma se nel corso del tempo si incontrano situazioni più favorevoli, si sviluppa un’attitudine diversa; il nostro cervello non dimentica ciò che ha appreso in ambito sociale, ma se riceve nuove nozioni può sovrascriverle e cambiare la risposta che diamo.” 

Infine, si è visto come le amicizie che hanno più probabilità di sopravvivere siano quelle che hanno sviluppato un linguaggio comune, favorendo un senso di condivisione e appartenenza. Questo si sviluppa nel corso della relazione, ed emerge appunto da esperienze passate condivise. Permette una maggiore facilità nel capirsi, nel confrontarsi e di conseguenza una minor perdita di tempo nel dover comprendere il linguaggio dell’altro. Sta un po’ alla base di quella piacevole sensazione di agio che si prova quando si parla con una persona che riesce a capirti quasi senza che tu debba aprire bocca. Tutto questo rende l’interazione non solo più semplice, ma anche più piacevole. 

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Questa condivisione è un elemento fondante per la stabilità dell’amicizia e si lega anche alla sicurezza identitaria: so chi sono e so come e con chi voglio comunicare. E alla fine la riduzione delle amicizie è molto legata alla sicurezza identitaria. Nasce dal conoscersi e sapere con chi si riesce a stare bene, con chi si passa del tempo di qualità, chi si vuole portare con sé quando abbiamo meno tempo a disposizione. Infatti crescendo e maturando come persone, non serve più circondarsi di persone che gravitano nella nostra sfera al solo scopo di nutrirci l’ego e l’identità.

Insomma, quando abbiamo imparato a conoscerci e a capire di cosa abbiamo bisogno, riusciamo anche a riconoscere le persone con le quali stiamo bene.

Perché dopo i 25 è difficile farsi nuovi amici

Al netto del luogo comune per cui i trenta sarebbero i nuovi venti eccetera eccetera, nel calderone della vita dopo i 25 avviene un cambiamento di proporzioni tra il tempo che è possibile investire in hobby e socializzazione, e quello che viene impegnato in obblighi e lavoro. 

Poi, generalmente, a 25 anni le amicizie di molte persone sono consolidate, e si tende ad uscire con persone che già si conosce e che si è frequentato da tempo. Quindi per chi si ritrova in ambienti completamente nuovi, diventa chiaramente difficile inserirsi, anche se si incontrano persone che hanno tendenzialmente interessi molto simili ai nostri.

Insomma, a un certo punto della vita bisogna attivamente ritagliarsi tempo e una certa dose di volontà di lavoro d’introspezione per farsi nuove amicizie. Un po’ impegnativo, ma trovare un tesoro lo è.