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A8N2: Il sesto numero di vice dedicato alla moda

Dire l’indicibile in Arabia Saudita

L'applicazione della Sharia in Arabia Saudita ha gli effetti più strani. Non per niente, i religiosi sono ancora convinti che la presenza di commesse donne nei negozi di biancheria intima sia un crimine.

Le leggi saudite si basano sui rigorosi principi della Sharia, che richiede a entrambi i sessi riservatezza e proibisce alle donne di guidare, viaggiare da sole ed equipararsi professionalmente agli uomini. In un contesto del genere i diritti civili se ne vanno a quel paese, eppure, le norme più imbarazzante sono probabilmente quelle che hanno a che fare con la lingerie. Stranamente, la maggior parte dei sauditi che commerciano in biancheria intima femminile è di sesso maschile. E in un Paese in cui un uomo che balla con una donna è l’equivalente occidentale del “fare sesso anale in un vivaio”, molte signore si trovano a disagio a parlare di mutandine e reggiseni con un tizio qualsiasi. Le donne saudite hanno manifestato contro questa situazione per anni, e tempo fa la stessa attivista Reem Assad si mise a capo di una campagna di boicottaggio dei negozi di lingerie gestiti da soli uomini. Lo scorso luglio, le loro richieste sono state finalmente prese in considerazione, e re Abdullah ha dato ai commericanti un ultimatum di sei mesi per licenziare i dipendenti uomini (il decreto del Re si estende anche ai negozi di cosmetici). Non è la prima volta che i funzionari di Stato cercano di vietare agli uomini di vendere indumenti intimi femminili. Il Ministero del Lavoro aveva avanzato l’idea già tre anni fa, ma per futili motivi l’iniziativa era stata contrastata dai più alti vertici religiosi del Paese, che arrivarono al punto di emettere una fatwa contro le donne che vendevano reggiseni e rossetti. Le saudite contestarono tale decisione, finché una donna di nome Fatima Garoub lanciò una campagna su Facebook chiamata “Ne ho abbastanza dell’imbarazzo.” Anche se i capi religiosi restano contrari all’idea, Abdullah si è tenuto stretto la sua decisione e il Ministero del Lavoro ha recentemente assunto 400 nuovi ispettori per assicurarsi che i venditori di lingerie siano conformi alla nuova legge. Nonostante le donne saudite abbiano conquistato solo di recente la possibilità di votare e di candidarsi alle elezioni (non fino al 2015), ignorando la questione professionale che le relega a gradi nettamente inferiori rispetto agli uomini, questa piccola vittoria nella lotta per sentirsi a proprio agio sotto l’abaya è certamente un primo passo nella giusta direzione.