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reportage

Resoconto di una corrida messicana

L'antica pratica della corrida de toros sta lentamente scomparendo, soffocata dalle critiche e dal disinteresse dei giovani.

(Rafael Ortega)

Come tutti sappiamo, gli spagnoli, in sella ai loro cavalli, conquistarono più o meno qualsiasi cosa dal Messico in giù, e nel nuovo continente, insieme a vaiolo e Cattolicesimo, portarono un'antica tradizione: la corrida de toros. Il fenomeno si diffuse in tutto l’impero spagnolo, ed ebbe il suo apice in Messico. Al giorno d’oggi, il Paese può contare su circa 220 arene per corride di varia misura e tipologia. La più grande al mondo è la Plaza del Toros a Città del Messico, in grado di contenere 42.000 spettatori. Desideroso di un'esperienza più intima, ho tuttavia optato per Merida, nella penisola dello Yucatan.

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Lo spettacolo dell’ultima domenica di febbraio ha fatto il tutto esaurito e, pur di entrare, sono costretto a ricorrere ai bagarini e pagare il doppio per un biglietto—800 pesos, circa 50 euro. Come accade spesso, il modo più facile per far esaurire rapidamente i biglietti è inserire nell’evento il nome di un famoso torero spagnolo. Sembra che il Messico fornisca le infrastrutture e la Spagna le stelle. Oggi il nome in cartellone è quello di Pablo Hermoso de Mendoza, che ha l'aspetto di una stella del cinema ed è considerato il più grande rejonador al mondo. Un rejonador è un torero che combatte in sella a un cavallo. Rafael Ortega e altre celebrità locali completano la scaletta dell’evento.

(Pablo Hermoso de Mendoza)

Il caldo del pomeriggio è ancora opprimente mentre mi faccio strada verso il mio posto. Una banda militare attacca a suonare svogliatamente, e pochi secondi dopo un toro di circa mezza tonnellata fa il suo ingresso attraversando i cancelli. Nel corso delle successive tre ore, cinque tori combattono e muoiono nell’arena. Mendoza stupisce il pubblico guidando il cavallo con mosse degne della grazia di una ballerina, anche se, per i miei gusti, tutto il suo sorridere e ammiccare alla folla fanno un po’ troppo Las Vegas. Tuttavia è proprio lui a offrire lo spettacolo più suggestivo. Durante tutto il secondo combattimento rimane a pochi passi dal toro, facendo piroette e danzando con l’arroganza, la grazia e il coraggio tipici di un torero. Spesso dà le spalle al toro ricevendo gli applausi del pubblico scatenato. Infine la sua spada trafigge il collo dell’animale, che cade a terra morto. Coperto di sangue e senza vita, il corpo del toro è trascinato fuori dall’arena da una coppia di cavalli.

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Non c’è da meravigliarsi che sia animalisti che separatisti catalani si oppongano alla corrida, considerata dai primi un passatempo barbaro e senza senso, e dai secondi un retaggio coloniale che vorrebbero dimenticare al più presto. “Uccideranno il povero toro?” è il commento che si sente più spesso, anche tra il pubblico più aperto. La risposta è sì—il toro viene ucciso, anche se raramente capita che venga graziato.

È strano che gli americani, abituati a ingozzarsi di carne di manzo prodotta in serie, diventino improvvisamente tristi e arrabbiati perché dei tori sono consegnati a una morte prematura (Tra l’altro, la carne dei tori uccisi nelle corride viene donata alle mense dei poveri). Anche se spesso il pubblico delle corride è cittadino—si vedano Madrid o Città del Messico—, nella maggior parte dei casi rimane uno spettacolo rurale, seguito dagli uomini e le donne che lavorano nelle fattorie e sono impegnati attivamente nella produzione di cibo, persone che hanno una visione più chiara del naturale ciclo della vita e non sono impressionate dalla morte di un animale. Quando mangiate un hamburger non vedete la mucca che viene uccisa con un colpo alla testa, ma ciò non vuol dire che non sia accaduto.

Per la felicità dei suoi detrattori, la corrida è stata di recente vietata in Catalogna e Ecuador. Tuttavia è più probabile che questo spettacolo trovi la sua fine non tanto per le critiche, ma piuttosto a causa dell’indifferenza della gente. L’età media degli spettatori è sempre più alta, i giovani messicani hanno altri interessi e il pubblico è in diminuzione in tutto il Paese. In un mondo in cui si vuole appianare ogni cosa non c’è spazio per uno spettacolo così rurale e sanguinario, nemmeno se si tratta della componente violenta propria dello sport. Ernest Hemingway e Teddy Roosevelt ne sarebbero dispiaciuti.

Segui Andrew su Twitter: @AndyPry