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Le dita mozzate degli elettori afghani

In una delle corsie dell'ospedale di Herat, 11 uomini giacciono sui letti con le mani avvolte da spesse bende. I talebani li hanno sorpresi dopo che avevano votato, e hanno deciso di punirli amputando loro le dita.

Foto di Frederick Paxton.

In una delle corsie dell'ospedale centrale di Herat, nell'ovest dell'Afghanistan, 11 uomini giacciono sui letti, con le mani avvolte da spesse bende. Sono contadini del villaggio di Rabat Sangi. Erano consapevoli di rischiare grosso, quando hanno deciso andare a votare. E sapevano anche quali sarebbero state le conseguenze, quando i talebani li hanno fermati al posto di blocco fuori dal loro villaggio.

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“Hanno fermato la macchina,” racconta Kamaluddin, un anziano. “Quando hanno visto che avevamo l'inchiostro sul dito, ci hanno detto che avendo noi votato avrebbero dovuto tagliarci le dita. Ci hanno portati in una stanza. Poi mi hanno fatto mettere la mano su un pezzo di legno, e mi hanno mozzato il dito con un coltello.” Kamaluddin sottolinea la frase mostrando le bende insanguinate.

“Ma dobbiamo votare. Dobbiamo. Senza il voto siamo del tutto impotenti.”

Un’altra vittima, un ragazzo di poco più di vent'anni, si copre la faccia prima di farsi fotografare. Teme altre punizioni da parte dei talebani. “Ci hanno trattenuto per tre o quattro ore. Hanno detto che stavano aspettando che i loro comandanti decidessero cosa fare di noi. Ci hanno detto che forse ci avrebbero uccisi, o forse ci avrebbero solo tagliato le dita. Poi, dopo un po’, ci hanno detto che i loro comandanti avevano deciso di tagliarci le dita, perché erano segnate dall’inchiostro del voto. Ci hanno portati in una stanza e lo hanno fatto.”

“Nel nostro villaggio non ci sono talebani, ma fuori sono dappertutto,” ha detto Abdul Rahman, che quel giorno era alla guida. “E se fai qualcosa che non gli sta bene non hanno difficoltà a trovarti. Ma io non mi pento di aver votato, perché quello che deve accadere accade comunque. Ogni giorno c'è qualcuno che muore e qualcuno che nasce, in questo mondo."

Nella stanza accanto, Mir Ahmed, un contadino del piccolo borgo di Dehlika, mi mostra due bambini: i piccoli corpi sono pieni di frammenti di proiettile e ricoperti di sangue ormai secco. Nell'esplosione la bambina, di sei anni, ha anche perso due dita della mano destra. Ascoltano inespressivi mentre lo zio racconta.

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“I combattimenti sono iniziati alle 6.30 del mattino, quando un razzo ha colpito un tuk tuk. Non so se arrivasse dai talebani o dal governo, fatto sta che ha colpito il tuk tuk, e quattro membri della mia famiglia sono morti e altri quattro sono rimasti feriti."

"Stavamo uscendo per andare a votare, la nostra casa è vicino al seggio. Abbiamo portato via i corpi e i feriti, è stato difficile, non avevamo idea di cosa dovessimo fare,” dice Ahmed.

“I talebani sono contro le elezioni, non vogliono che si vada a votare. Quel giorno hanno bruciato il raccolto, abbiamo perso tutto. Per prima cosa abbiamo portato i bambini a Shindand, poi con l’aiuto di alcune persone li abbiamo fatti venire qui a Herat. Appena sono arrivato ho sentito dire che nel nostro villaggio erano ripresi gli scontri. Se ne sono andati tutti, le donne e i bambini sono scappati e si sono nascosti nel deserto. Questi bambini sono i figli di mio fratello, lui è rimasto indietro per seppellire loro madre, la loro nonna e altri due della famiglia. I bambini non sanno ancora che sono morti,” prosegue Ahmed.

Mentre scrivevo questo articolo, a VICE News è giunta la notizia che le truppe afghane avevano ucciso Mullah Shir Agha, il capo dei talebani responsabile della mutilazione degli 11 uomini.

“Sono molto contento di sentirlo,” ha detto uno di loro, “è davvero un'ottima notizia.”

La maggior parte delle vittime era troppo spaventata per parlare con noi, ma quelli che l'hanno fatto erano coscienti del pericolo.

“Continuerei a votare, dovessi perdere tutte e dieci le dita delle mani,” ha detto un contadino di 60 anni dal volto consumato “Perché è un nostro diritto.”