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Foto dei "villaggi del cancro" cinesi

"In questi villaggi in una casa sì e una no c'è qualcuno che sta per morire di cancro o di qualche malattia respiratoria," ci ha raccontato il fotoreporter Souvid Datta.

Update: This article has been updated to remove photographs by Souvid Datta, who told Time in 2017 that he materially altered photos taken between 2013-2017. As such, the photos do not meet our editorial standards. VICE regrets the error.

Sin da giovane, il fotoreporter inglese Souvid Datta si è interessato alla questione dell'inquinamento in Cina. Quando era al college, il fratello sedicenne di un suo amico era morto di tumore ai polmoni. La sua famiglia era cinese, e il dottore che lo aveva in cura sosteneva che a essere responsabile della sua morte fosse un particolato noto come PM2,5 (ossia, particelle di dimensioni pari o inferiori a 2,5 nanometri). Se inalate, queste piccole e spesso tossiche particelle filtrano attraverso la membrana polmonare ed entrano nel flusso sanguigno. Anche se non causano sempre il cancro, le particelle sono un onnipresente sottoprodotto della combustione del carbone. E in molti centri cinesi, sono entrate a far parte della vita quotidiana.

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A distanza di anni, quando ha cominciato a documentare il problema, Souvid si è imbattuto in un altro termine: villaggi del cancro. Souvid ha girato per mesi per queste zone di morte ed è tornato con queste immagini. Abbiamo parlato con lui di inquinamento, cancro e speranza.

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VICE: Potresti spiegarci cos'è un "villaggio del cancro"?
Souvid Datta: I villaggi del cancro sono circondati da stabilimenti chimici o centrali alimentate a carbone; di conseguenza il suolo e l'acqua sono contaminati, nella maggior parte dei casi da metalli pesanti. In questi villaggi in una casa sì e una no c'è qualcuno che sta per morire di cancro o di qualche malattia respiratoria.

Come hai trovato questi luoghi?
Ho fatto parecchie ricerche tramite ONG, altri posti li ho trovati leggendo la stampa locale, sui social media e su Google Maps, ma appena sono arrivato sul posto il mio piano è cambiato. Molte persone e ONG si sono chiamate fuori e ho capito quanto far sentire la propria voce fosse difficile, ma importante.

Fuori Xintai, un uomo piange il fratello morto

Cosa hai fatto a quel punto?
Per prima cosa mi sono recato a Xingtai (nel nord est), la città più inquinata della Cina nel 2013. Non avevo nessun aggancio né un interprete. C'era solo una ragazza dell'hotel che sapeva parlare inglese, e ha acconsentito a farmi da guida nella zona. Quando siamo arrivati in periferia abbiamo incontrato un ragazzo, Zhang Wei, inginocchiato sulla tomba del fratello morto di cancro e avvelenamento da cromo. Parlare con lui e ascoltare la sua storia mi ha fatto capire perché mi trovavo lì. Sentivo che avevo qualcosa di molto importante di cui informare il mondo.

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Sei stato male a causa dell'inquinamento?
Di solito d'estate mi viene il raffreddore da fieno, ma dopo qualche giorno che stavo a Xingtai ho iniziato a tossire e espellere catarro. Esaminando quello che sputavo, ho notato che c'erano delle striature marroni. Posso soltanto immaginare cosa voglia dire vivere lì.

Cosa dicevano gli abitanti? Erano disposti a parlare?
Sì, molti di loro sono arrabbiati e vogliono far conoscere le loro storie. Il che mi ha sorpreso, perché prima di partire mi era stato detto che i residenti non avrebbero voluto parlarmi. Ma quando sono arrivato nelle aree rurali, ossia dove si concentrano questi problemi, mi sono accorto che la gente è furiosa. Tutti conoscono almeno una persona malata.

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Chi parla deve affrontare spiacevoli conseguenze?
Vengono intimiditi o si trovano completamente emarginati, che è stato esattamente come il governo cinese ha affrontato il problema negli ultimi 15 anni.

Ci sono stati anche interventi diretti delle autorità?
Stavo lavorando con Wei Dongying, una donna che da 17 anni guida una campagna contro lo scarico di rifiuti nelle acque del piccolo centro in cui risiede. Ha tenuto nota dei malati di cancro, di dove vivono, e di dove le compagnie riversino i loro rifiuti. Ha le prove—foto e bottigliette d'acqua che sono sconcertanti. L'acqua è blu o verde. Mentre andavo a incontrarla mi sono perso e sono andato a chiedere informazioni a una caserma dei vigili del fuoco, pensando che mi avrebbero aiutato. E all'inizio l'hanno fatto, ma quando ho pronunciato il nome della donna sono andati a chiamare un loro superiore che mi ha detto che era morta. Mi hanno invitato ad andarmene e avvisato che se mi avessero scoperto a contattarla ci sarebbero state conseguenze serie. Più tardi però ho trovato la sua casa. Ero là da cinque minuti quando la polizia è arrivata e ha confiscato la mia attrezzatura.

Parliamo delle foto. Ciò che le rende uniche è il fatto che ti sei concentrato più sulle persone che sui paesaggi inquinati. Per quale motivo?
Mi sono focalizzato sugli individui perché penso che pochissimi alla mia età siano veramente sensibili al problema dell'inquinamento. Credo sia dovuto al fatto che siamo bombardati da immagini di disastri naturali—bambini che indossano mascherine, nubi di smog, e così via—che in qualche modo ci distanziano dalla realtà dei fatti. Ciò che ha spinto me ad andare è stata l'esperienza personale di quello che era successo al mio amico. Per questo sono stato più portato a fotografare la condizione delle persone. Era ciò che mi importava di più.

Come hanno reagito le persone che hanno visto le tue foto?
Credo che la reazione più diffusa sia stata la rabbia, il che mi ha sollevato un po'. È proprio questo che devono suscitare. Quando vedi queste persone combattere contro le forze astratte del governo e dei poteri economici, forze che le privano del diritto fondamentale di avere accesso ad acqua pulita, tutto quello che dovresti sentire è rabbia.

E il tuo amico che ha perso il fratello, come ha reagito?
Lo ha trovato di conforto. Al momento vive a Pechino ed è rimasto molto colpito dalle foto, ma non può fare molto. Inoltre lui proviene dalle aree benestanti della Cina dove le persone vivono in belle case dotate di filtri per l'aria. Non hanno ragione di interessarsi di quello che succede nei piccoli centri. È stato contento del fatto che avessi portato il problema agli occhi del pubblico.

Intervista di Julian Morgans. Seguilo su Twitter