Immagine: Ines Njers/Flickr
Nei nostri telefoni sono contenute un gran numero di informazioni che parlano di noi molto di più di quanto possiamo immaginare. Alcuni componenti spesso non considerati come l'accellerometro e i sensori luminosi possono essere usati per rivelare la tua identità, per esempio. Alcuni ricercatori del Dartmouth College hanno trovato il modo di usare i sensori dello smartphone per rivelare l'umore del'utente, il che può essere utile per identificare i sintomi di una depressione.Lo scopo dell'esperimento, descritto in un paper presentato recentemente alla conferenza Ubicomp 2014, era di vedere se collezioni autonome di dati potessero aiutare a rivelare tracce di depressione, solitudine e stress nella vita degli studenti del college.I ricercatori hanno consegnato a 75 studenti degli smartphone con un'applicazione da loro progettata, StudentLife, e hanno controllato i loro accellerometri, microfoni, sensori luminosi e dati del GPS nel corso di 10 settimane. La collezione di dati non offriva alcun feedback agli studenti; gli smartphone hanno funzionato come delle scatole nere silenziose, che assorbivano dati e calcolavano risultati.Considerando le ore di sonno dei soggetti, il numero di ore di conversazione (rilevate grazie all'attività del microfono) e la quantità di movimenti nel corso della giornata, i ricercatori hanno scoperto una correlazione significativa tra i risultati dei dati collezionati e i questionari di autovalutazione sulla salute mentale sottoposti agli studenti."Abbiamo rilevato un forte collegamento tra i dati rilevati automaticamente e alcuni parametri riconosciuti di benessere mentale, che riguardavano la depressione, lo stress percepito, il benessere e la solitudine," scrivono gli autori. "I risultati hanno mostrato che le conversazioni, le attività, la mobilità e le ore di sonno registrate erano correlate in modo significativo con il benessere mentale del soggetto."Il campus del college era il perfetto laboratorio vivente per l'esperimento, hanno scritto i ricercatori, perché il periodo universitario a volte è davvero una merda.Vi ricordate i primi giorni di lezione ogni settembre? Sempre pieni di belle intenzioni e speranze. Forse vi prefissavate di prendere davvero tutti gli appunti questa volta, o forse davvero pianificavate di comprare quei libri necessari per la lezione invece di sperperare i vostri soldi in birre per dimenticarvi che forse la facoltà che avete scelto non era quella giusta.E un mese dopo vi ritrovavate attaccati a una bottiglia di pessimo whisky a cercare di abbordare qualcuno in biblioteca invece di studiare. A quel punto gli appunti erano già un ricordo lontano e le mattine una lunga maratona di caffè per tentare di recuperare il tempo perso.I risultati dello studio supportano questa visione del graduale degrado della vita dello studente: se molti soggetti all'inizio dell'esperimento riportavano pochi sintomi depressivi, alla fine dell'esperimento dormivano poco, erano meno sociali e si muovevano molto meno. E, dato rilevante, si sentivano più stressati, più soli e depressi: come potrete immaginare questi cambiamenti nell'umore erano per lo più concentrati nei periodi di esami.Se da una parte questi risultati sono un memento del fatto che i servizi psicologici nei campus sono molto importanti, la ricerca porta l'attenzione sulla nostra esistenza, sempre più connessa e quantificabile: i nostri dispositivi sono un'estensione di noi stessi, in tutto e per tutto. I nostri comportamenti e il loro hardware sono uniti in una peculiare e bizzarra simbiosi organico-digitale.Hackerare il giroscopio dell'iPhone per trarne informazioni personali non è una pratica comune per ora, e i dati rilevati dai sensori sono spesso un'area sottovalutata nelle questioni sulla privacy. È importante ricordarsi che nonostante le informazioni sulla localizzazione e sulle comunicazioni spesso attirino l'attenzione nei dibattiti sulla privacy, sono i componenti invisibili e spesso ignorati dei nostri smartphone ciò che riflette in modo più accurato l'andamento della nostra vita.
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