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Tecnologia

Non possiamo più ignorare il peccato originale del Bitcoin

Per la prima volta una mining pool è riuscita a guadagnare il 51 percento, mettendo in pericolo il sistema stesso su cui si basa la criptovaluta.
Immagine: Shutterstock/Julia Zakharova

Il Bitcoin non è più decentralizzato, e, se vuole sopravvivere, deve risolvere il problema. È questo l’allarme lanciato da alcuni studiosi della criptomoneta da quando, durante lo scorso fine settimana, una piccola mining pool conosciuta come GHash è riuscita a raggiungere il 51 percento della capacità di mining totale.

Anche se il suo monopolio è stato breve, questa non è una buona notizia per chi si è avvicinato al Bitcoin attratto dalla sua concezione diffusa, decentralizzata, volta a impedire a chicchessia di controllare il sistema. GHash, avendo detenuto stabilmente la maggioranza del mercato per un breve lasso di tempo, ha dimostrato di poter agire come una banca centrale del Bitcoin. Se volesse.

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Questo potere è possibile perché i Bitcoin miner votano per verificare ogni transazione prima che sia aggiunta alla catena che registra ogni trasferimento. Ma quando c’è un miner principale, può manipolare i voti e decidere di proibire o negare qualsiasi transazione.

Questo significa che può spendere denaro non suo o buttare fuori dal gioco altri miner, impedendo loro i trasferimenti o intasando le loro reti con false transazioni che portino a interruzioni del servizio. Possono anche ricattare gli utenti rendendo i loro indirizzi—detti anche portafogli—inutilizzabili finché non accettano di pagare abbastanza.

“Se l’FBI volesse chiudere il successore di Silk Road, non sarebbe costretta a bloccare o arrestare il capo dei pirati; gli basterebbe ottenere un ordine del tribunale che convincesse il consorzio di miner principale, che potremmo vedere come una specie di Banca Centrale, a invalidare i loro Bitcoin”

Gli esperti fanno notare che, al momento, il futuro della moneta virtuale dipende da GHash, che è gestito da un gruppo anonimo chiamato CEX.io che finora ha agito in maniera responsabile. Se avessero portato fino in fondo il così detto “attacco del 51 percento” avrebbero potuto indebolire la criptovaluta, far precipitare il cambio e minare le fondamenta del modello stesso. Ancora non è successo nulla di male, ma considerando l’opacità dell’operazione, nessuno può dire di conoscerne le motivazioni. I membri più paranoici della comunità temono il “Bit-terrorismo” e la minaccia all’esistenza stessa della criptovaluta.

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Quando, a gennaio, gli utenti hanno cominciato a preoccuparsi per il dominio del mining da parte di GHash, mentre la sua quota saliva lentamente verso la temuta soglia, i miner di Ghash hanno dichiarato di “non avere nessuna intenzione di portare un attacco del genere, che sapevano avrebbe danneggiato l’intera comunità.” Hanno anche detto che “avrebbero preso tutte le contromisure necessarie a evitare di raggiungere la soglia, in modo da non creare squilibri nella rete.” Infine hanno fatto notare che se avessero portato un attacco del genere avrebbero inevitabilmente messo a repentaglio l’intero progetto della criptovaluta e che quindi “non vedevano alcun vantaggio nel detenere il 51 percento della capacità complessiva di mining della rete.”

Fatto sta che è proprio quello che è successo, e può essere accaduto in due soli modi: o GHash ha consapevolmente aumentato la propria capacità di calcolo, oppure si è verificata una riduzione della capacità complessiva al di fuori di GHash. Si ricordi che, in quanto mining pool, GHash è parzialmente controllata dai suoi singoli partecipanti, che scelgono di mettere la propria capacità di calcolo in comune per completare le procedure di decrittazione che generano nuova moneta. GHash detiene una grossa fetta della capacità totale di mining del sistema, ma non è detto che i suoi amministratori siano stati i principali protagonisti della sua acquisizione.

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Un portavoce di GHash ha dichiarato a MOTHERBOARD che “non c’è mai stata nessuna intenzione di danneggiare il sistema Bitcoin attraverso il presidio della capacità di calcolo del sistema.”

“Bisogna capire che la concorrenza tra mining pool è assolutamente naturale, e sta agli utenti scegliere quella che preferiscono,” ha sostenuto il portavoce in una dichiarazione diramata via email. “Oltretutto, la quota del 51 percento non è stata raggiunta direttamente da GHash.IO. È una cifra cumulativa, in realtà, distribuita su diversi utenti che fanno mining all’interno di GHash.IO.”

“In ultimo vorremmo aggiungere che abbiamo lavorato duro sin da febbraio per favorire la diffusione del mining. E pensiamo che la minaccia del 51 percento sia stata una grande spinta in questo senso.”

Ma rimane il fatto che GHash ha, volutamente o meno, passato il Rubicone, forse segnando la fine di quella che è stata definita come “la proposizione del Bitcoin e la sua principale narrativa” da Emin Gün Sirer, il professore della Cornell University che insieme al collega Ittay Eyal ha lanciato l’allarme riguardante il nuovo potere di questa mining pool.

“Il Bitcoin è attraente e diverso proprio perché non richiede piena fiducia in nessuna entità,” ha detto Sirer. “Se gli utenti dovranno fidarsi di una singola entità, potremo lasciar perdere l’intero protocollo, risparmiare l’energia necessaria per il mining e tenere tutti gli account su un database gestito da GHash. Sarebbe più economico, più veloce e più conveniente per tutti, ma GHash sarebbe esattamente quello che è una vecchia banca, e tutte le caratteristiche uniche del Bitcoin sarebbero perse.”

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Indipendentemente dalle intenzioni di GHash, il permettere a un singolo protagonista di controllare il sistema avrebbe altre ripercussioni potenzialmente dannose. “Un altro aspetto è che oggi il Bitcoin è aperto alla coercizione legale. Se l’FBI volesse chiudere il successore di Silk Road, non sarebbe costretta a bloccare o arrestare il capo dei pirati; gli basterebbe ottenere un ordine del tribunale che convincesse il consorzio di miner principale, che potremmo vedere come una specie di Banca Centrale, a invalidare i loro Bitcoin,” ha dichiarato il professore Ross Anderson del Computer Laboratory dell’università di Cambridge.

Oggi la quota di GHash è di nuovo scesa sotto al 50 percento.

Sirer e Eyal vorrebbero introdurre lievi modifiche al protocollo per impedire monopoli e disincentivare le mining pool. “Modifiche minime ma essenziali delle tecniche crittografiche utilizzate nel mining possono risolvere questi problemi rendendo poco attraenti gli agglomerati di miner,” ha detto Sirer.

GHash si augura che questo non comporterà l’alterazione della sua quota. “La diminuzione artificiale della nostra fetta di mercato non sarebbe una soluzione, nella misura in cui qualsiasi altra mining pool potrebbe un domani prendere il nostro posto,” ha dichiarato il suo portavoce.

Ma se non verranno apportati cambiamenti, i possessori di Bitcoin potrebbero essere costretti a scegliere se fidarsi di GHash o di qualche altra grossa mining pool, senza le garanzie tecniche a cui erano abituati.