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Donald Trump

Perché le cose potrebbero mettersi davvero male per Trump

Perché la giornata di martedì 21 agosto è da considerarsi una batosta così grande per la sua presidenza?

Di fatto è dal suo insediamento che il presidente Donald Trump sembra muoversi su un crinale scivoloso. Dagli affari privati della Trump Organization alle relazioni con la Russia, dalla sua complicata relazione con i concetti di “verità” e “fake” ai tradimenti di alcuni fedelissimi come Omarosa Manigault, le situazioni potenzialmente critiche sono parecchie. Cosa c’è di diverso questa volta? Perché la giornata di martedì 21 agosto è da considerarsi una batosta così grande?

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Il Black Tuesday di Trump
Innanzitutto, si è trattato di ben due goal segnati contro Trump indipendentemente e in contemporanea. New York. Michael Cohen, ex avvocato di Trump e suo faccendiere personale (una sorta di Mr. Wolf meno discreto) si dichiara colpevole di violazioni delle leggi sui finanziamenti elettorali, facendo però anche un’ammissione eclatante, di aver agito cioè “in coordinamento e su istruzione del candidato” (Trump) comprando il silenzio di due donne, l’ex modella di Playboy Karen McDougal e la pornostar Stormy Daniels “con l’obiettivo principale di influenzare le elezioni” del 2016. Un duro colpo al cuore per Trump, considerata la fedeltà assoluta di cui pensava di godere da parte di chi, tempo prima, si sarebbe “fatto sparare per lui.”

Nelle stesse ore, in Virginia, Paul Manafort, ex manager della campagna repubblicana 2016, è giudicato colpevole di otto reati nell’ambito della truffa e dell’evasione fiscale (mentre sugli altri 10 capi d’accusa pendenti la giuria non riesce a pronunciarsi). Ad attendere Manafort ci sarà inoltre un altro processo che il mese prossimo, a Washington, lo vedrà imputato per ostacolo alle indagini, riciclaggio di denaro e spionaggio.

L’esito del processo a Manafort non prende in causa il presidente, perché allora tanto scalpore? Cos’hanno davvero in comune il caso Cohen e quello Manafort? In due parole: Robert Mueller, procuratore speciale ed ex agente dell’FBI a capo dell’indagine sul Russiagate. Pur non coinvolgendo direttamente la presidenza, il caso Manafort è la dimostrazione ulteriore della scarsa affidabilità dell’inner circle trumpiano. Non solo: le accuse sono emerse proprio nell’ambito delle indagini sul Russiagate, il che comporta un decisivo rafforzamento della posizione di Mueller. “Il caso Manafort”, scrive il New York Times, è “il primo test in tribunale per il procuratore speciale, che ha dimostrato di poter incriminare qualcuno con successo nonostante le continue critiche del presidente e dei suoi alleati.” Da qui il dibattito sulle possibili conseguenze legali e politiche per il presidente degli Stati Uniti.

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Cosa potrebbe succedere ora?
Anche se entrambe le sentenze non prendono in causa i nodi principali del Russiagate—operazione denigratoria nei confronti di Hilary Clinton con la complicità della Russia e ostruzione alla giustizia tramite licenziamento del capo della CIA—contribuiscono in modo netto a demolire la campagna diffamatoria imbastita dal presidente nei confronti dell’indagine di Mueller, definita in modo alterno“caccia alle streghe” o “fake news”.

Al momento, per i legali di Trump, le preoccupazioni principali sono due. La prima è che Cohen accetti di collaborare con Mueller sul Russiagate in cambio uno sconto di pena – e rischiando diversi decenni di carcere, gli farebbe di sicuro comodo.

La seconda – e più grave – riguarda il momento in cui Mueller interrogherà di persona Trump. Non sono certo diplomazia, aplomb e decisioni ponderate a caratterizzare l’eloquio presidenziale e l’interrogatorio sarà certamente un percorso pieno di trappole per un uomo che ama contraddire anche se stesso.

Conseguenze giudiziarie per Trump
In breve, finché sarà presidente: nessuna. L’incriminazione di un presidente in carica non è esplicitamente vietata ma non ha precedenti storici e comporterebbe un iter davvero complesso e scoraggiante. Per la procura non resta che rimandare a quando avrà lasciato la Casa Bianca o premere sulla camera dei deputati per avviare la procedura di impeachment.

C’è un rischio concreto di impeachment?
L’impeachment, lo ricordiamo, è una procedura politica e non giuridica. Perché venga avviata, è sufficiente la maggioranza semplice della camera dei deputati. Perché l’esito sia la rimozione del presidente dalla sua carica, però, servono i due terzi del senato, e finché il Congresso sarà sotto controllo repubblicano—nonostante la maggioranza risicata al senato—avviare il procedimento non avrebbe senso.

La situazione potrebbe però stravolgersi il 6 novembre, data prevista per le elezioni di mid term. Una vittoria democratica significherebbe quasi certamente l’avvio della procedura, ma chi nn vuole cullarsi nell’incertezza può fare affidamento sulle previsioni del professor Allan Lichtman dell’American University. Con il suo metodo statistico basato sulla popolarità dei partiti, era stato l’unico tra i guru delle profezie, a prevedere la vittoria di Donald Trump, tanto da meritarsi una lettera di congratulazioni di quest’ultimo. Ma come ogni profezia che si rispetti, anche quella di Lichtman nascondeva un lato infausto: “Quello che Trump ha trascurato è stata la mia prossima grande previsione, ossia il fatto che dopo aver vinto la presidenza, subirà un processo di impeachment.”
Che sia la volta buona?