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Musica

Recensione: U2 - Songs of Experience

Dopo aver ritoccato i testi a disco pronto per catturare lo spirito dell'Era Trumpiana, ecco finalmente il messaggio dei saggi U2: l'amore è un bel sentimento e i nazisti sono cattivi.

Nessuno pretende, e ormai neanche più si aspetta, che gli U2 del 2017 abbiano ancora la forza di War né si mettano profondamente in discussione come in The Joshua Tree. Quantomeno non io. L’accettazione dell’invecchiamento di uno dei gruppi-cardine della mia formazione, tuttavia, non significa che possa rassegnarmi e farmi una ragione dello scempio che questi Dubliners perbenisti sono diventati.

Il figlio di Bono e la figlia di Edge in copertina, con un titolo come Songs Of Experience, più che a William Blake fanno pensare a dei tizi che dall’alto dei loro cinquantaequalcos’anni si arrogano l’autorità di pensare che they know better, che ne sanno di più, perché ci hanno l’esperienza. Gli U2 sì che ci possono raccontare come funziona il mondo, perché l’hanno visto, sono pure diventati genitori! Molto modesto da parte loro, ci sono solo miliardi di altre persone che hanno la stessa experience che hanno loro, senza aver fatto le rockstar di professione per gli ultimi trentacinque anni.

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Che cosa vuol dire poi rimandare l’uscita dell’album perché è stato eletto Trump? “Il mondo è cambiato, volevamo prenderci del tempo per capire cosa sarebbe successo”, ha spiegato The Edge. Ah, scusate, la società civile è qui che aspetta il giudizio morale di una rock band, stronzo io che non me n’ero accorto. Giudizio morale che tra l’altro viene dato modificando qualche testo di canzoni già scritte e pronte. Certo, perché nel 1981 questi non si sono fatti problemi a pubblicare un album a dodici mesi esatti di distanza dal precedente, mentre oggi fermi tutti, se gli U2 hanno un album in uscita già pronto lo bloccano per aggiungere messaggi posticci. Se davvero ci fosse tutta questa necessità di veicolare un messaggio politico, perché non comporre musica con questo espresso obiettivo, anziché rimettere mano a cose già scritte? Sarà che dopo i cinquanta il culo ha iniziato a pesargli troppo, non è più il 1983.

Come se non fossero sufficienti tutte queste tristezze extra-musicali, Songs Of Experience non è altro che l’ennesimo disco degli U2. Abbastanza ruffiano da piacere ai (milioni di milioni di milioni di) fan, ma nemmeno per sbaglio interessante. Perché il mio amore per la chitarra di Edge l’ho scoperto la prima volta a sei anni quando per radio passò per caso “New Year’s Day”, così come l’ottimismo tutto cattolico di Bono mi ha aiutato a farmi delle domande da che ho iniziato a imparare l’inglese. Però siamo ancora lì, anzi, se possibile in Songs Of Experience gli U2 lavorano pure per sottrazione.

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C’è, come sempre da All That You Can't Leave Behind in poi, qualche bel pezzo, su cui tornare, da ascoltare e riascoltare, ma l’album nella sua interezza soffre di una mancanza di idee incredibile. Non è un cercare di battere nuove strade, è non sapere da che parte andare. L’importante, tanto, è che ci siano i riffini di David Evans e la voce di Paul Hewson, che poi mettono tutti d’accordo. Me compreso, per carità, perché “You’re The Best Thing About Me” la ascolto e la riascolto, perché mi piacerebbe essere convinto che “Love Is Bigger Than Anything In Its Way”, e invece non è così, non basta che Bono canti che andrà tutto bene e che il mondo ce lo dobbiamo costruire da noi, perché conosco un sacco di gente con un sacco di competenze e un sacco di talento cui non è bastato farsi il culo a capanna per sfangarla, perché l’epoca dell’American Dream è finita, e lui forse era troppo impegnato ad investire i soldi guadagnati in un’era precedente per accorgersene.

Da fan, in fondo, il problema non è neanche tanto musicale, quanto di anacronismo di un messaggio artistico che oggi non è più sostenibile. Grazie, Bono, che mi canti di amore, di self-made-manship, di farcela da sé e impegno sociale (e poi il biglietto per il Joshua Tree Tour costa 150€ e mi impedisci di venirlo a vedere), ma una volta mi raccontavi anche dei desaparecidos e della Bloody Sunday e di qualcosa di cui mi importava, e nel farlo non ti ritenevi migliore degli altri. Non mi è ben chiaro quando sia stato che una delle band migliori del pianeta, che ha saputo raggiungere le masse pur portando un proprio messaggio, di “attivisti”, si sia trasformata nel quartetto di pedanti moralizzatori che oggi fa discutibile sfoggio dei propri giudizi dall'alto del trono dello showbiz, ma ogni volta ci rimango di merda un po’ di più.

Songs of Experience è uscito il 1 dicembre per Island.

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