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Tutte le foto di Claire Provost.
Identità

'Eravamo dei rivoluzionari': la storia del FUORI!, il primo movimento per i diritti LGBTQ+ d’Italia

Il FUORI!, il Fronte Unitario Omosessuale Rivoluzionario Italiano, è nato nel 1971. Abbiamo ripercorso la sua storia parlando con il fondatore, Angelo Pezzana

Questo contenuto è stato realizzato da openDemocracy.

“Le dispiace se ci sediamo? Se sto in piedi troppo a lungo mi gira la testa,” chiede Angelo Pezzana, calmo e sorridente. È un martedì di ottobre e poche settimane fa ha compiuto 81 anni. Nonostante la stanchezza—conseguenza di una recente malattia—si muove con compostezza ed eleganza, enfatizzate dal completo che indossa.

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Ci incontriamo nel museo (il Polo del ‘900 a Torino) in cui è allestita una mostra dedicata al lavoro svolto nell’arco della sua vita, e dove ha appena finito di girare una sequenza del documentario focalizzato sulla sua storia. Parla lentamente e a bassa voce, ma trasmettendo con entusiasmo l’energia dei suoi vividi ricordi. Quello che ha vissuto, e quello che ha conquistato, sarebbe difficile da dimenticare.

La storia di Pezzana è infatti quella della sua “creatura”: il FUORI!, il primo movimento nazionale LGBTQ+ nato in un’Italia ancora molto cattolitica e conservatrice. Riprendendo con il suo nome l’atto del “coming out”, il Fronte Unitario Omosessuale Rivoluzionario Italiano ha visto la sua fondazione 50 anni fa, nel dicembre del 1971, a Torino. Nel medesimo periodo, il movimento ha anche diffuso il numero zero del suo magazine, Fuori! (recentemente ristampato da Nero insieme ai primi tredici).

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Angelo Pezzana.

La scintilla che ha dato l’avvio al FUORI! è la pubblicazione di un libro da parte di uno psicanalista italiano [Giacomo Dacquino] che, dopo aver registrato illegalmente le sedute di un suo paziente, ha promosso “trattamenti per l’omosessualità” molto simili alle sedicenti “terapie di conversione” (ora bandite in diversi paesi).

Pezzana—che in quegli anni gestiva una piccola libreria torinese—decise, con i suoi amici e compagni, di condurre una protesta contro il libro e le idee in essa contenute, che giudicavano l’omosessualità una “malattia da curare”. Scrissero così lettere aperte [in particolare alla Stampa, su cui era uscita una recensione del libro] e cominciarono a riunire alleati per lanciare quello che, nell’arco di breve tempo, sarebbe diventato il loro movimento nazionale.

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“Noi eravamo rivoluzionari”

Dopo essersi costituito a Torino, il FUORI! si diffuse rapidamente in tutto il paese perché, spiega Pezzana, “in Italia non c’era un movimento omosessuale come questo, prima di allora.” Fin dal suo inizio, inoltre, uno dei punti di forza fu la connessione con l’ambiente internazionale.

A Coventry, nel Regno Unito, Pezzana divenne uno dei co-fondatori dell’ILGA—International Lesbian, Gay, Bisexual, Trans and Intersex Association, costituita nel 1978 e conosciuta in tutto il mondo per la difesa e la ricerca a sostegno dei diritti delle minoranze LGBTQ+. È la stessa organizzazione che ogni anno pubblica la Rainbow Map, che misura il rispetto dei diritti delle persone LGBTQ+ in Europa.

A dare impulso al FUORI! vi furono anche alcune influenze letterarie. Tra queste, le più importanti sono state la Beat Generation, il poeta statunitense Allen Ginsberg (recatosi a Torino nel 1967) e Fernanda Pivano, “l’intellettuale che più ha contribuito al cambiamento della società italiana,” precisa Pezzana, nonché traduttrice di Ernest Hemingway, Walt Whitman e molti altri.

“Fu proprio Pivano,” prosegue l’attivista, “a farmi conoscere Ginsberg e, in generale, la cultura della Beat Generation, mettendoci in contatto con molti di questi scrittori e intellettuali americani, la maggior parte dei quali erano anch’essi omosessuali.” Le richieste di libertà e l’anticonformismo di cui erano promotori “hanno cambiato il nostro punto di vista.”

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Questi scambi resero consapevole Pezzana del fatto che “fossimo rivoluzionari perché volevamo trasformare la società, non distruggerla,” in aperto contrasto con i politici di sinistra che, in termini marxisti, “ci consideravano una sovrastruttura borghese.”

Pezzana ribadisce che "noi non eravamo una sovrastruttura, perché la sessualità è comune a tutti gli esseri umani—non importa se sei un artista, un artigiano o un insegnante.”

“Volevamo far parte di una società che si stava sforzando di diventare ‘moderna’”

A Torino, la libreria di Pezzana rappresentava un luogo di incontro informale, in cui le persone omosessuali potevano sentirsi al sicuro. Lo dimostra anche il riferimento insito nel suo nome, “Hellas”, che in maniera sottile e delicata si rivelava come un omaggio alla mentalità “aperta” degli antichi greci sulla sessualità.

“A quel tempo,” racconta Pezzana, “noi eravamo invisibili, e la società spesso si rivolgeva a noi in modi molto offensivi e tramite insulti. Siamo stati costretti a vivere solo di notte, senza riuscire a stabilire relazioni forti e durature a causa della discriminazione che subivamo continuamente.”

Per questo motivo, il FUORI! ha sempre lottato per “il rispetto, non la tolleranza,” aggiunge l’attivista: “Volevamo essere considerati esseri umani alla stregua di tutti gli altri e far parte di una società che si stava sforzando di diventare ‘moderna’, appoggiando la lotta per l’aborto [introdotto nel 1978], il divorzio [nel 1974] e simili.”

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Nel giro di due mesi il gruppo era arrivato a 40 membri, e le copie della rivista erano state lette e distribuite in tutto il paese. Un successo che crebbe ulteriormente in seguito alla prima manifestazione pubblica del FUORI!, nell’aprile del 1972: una protesta contro un congresso internazionale dedicato alle “devianze sessuali,” ospitato nella città di Sanremo. Fu un momento storico: e non solo per la presenza del movimento, ma anche perché rappresentò la prima contestazione pubblica contro le discriminazioni e a favore della liberazione sessuale delle persone LGBTQ+.

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Una storia “dimenticata”

Un’altra svolta arrivò nel 1974, quando il FUORI! iniziò a collaborare con il partito Radicale (e con una dei suoi leader, Emma Bonino), che mise a disposizione le sue sedi per agevolare la crescita del movimento e la distribuzione dei suoi materiali, “aiutandoci a guadagnare visibilità.” Pezzana lo definisce un supporto essenziale per “squarciare il silenzio intorno alle vite dei gay e per sostenere l’autocoscienza e la comunicazione all’interno, e all’esterno, della comunità LGBTQ.”

Passo dopo passo, le proteste del gruppo ottennero riconoscimento, apparendo nei telegiornali e nelle prime pagine dei quotidiani. “La rivoluzione era iniziata. E per apportare cambiamenti abbiamo lavorato in diversi campi, come il cinema, la musica, la letteratura, la politica e molti altri,” ricorda Pezzana.

Il movimento si dissolse infine nel 1982, a causa di un disaccordo interno sulla partecipazione del FUORI! nei partiti politici e nelle istituzioni. Nel frattempo, però, nel 1980 è stata fondata in Sicilia l’organizzazione italiana per i diritti dei gay, l’Arcigay, diventata una realtà nazionale pochi anni dopo. Pezzana, invece, è entrato brevemente in parlamento, ha scritto libri e collaborato con quotidiani [anche in veste di sostenitore di Israele].

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La storia del FUORI! continua a essere “il capitolo più importante della storia dell’omosessualità in Italia,” dice Maurizio Gelatti, co-fondatore (con Pezzana) della Fondazione Sandro Penna Fuori, nata nel 1980. Anch’essa con sede a Torino, la Fondazione costituisce l’archivio principale del movimento, e anche quello più completo dedicato all’attivismo LGBTQ+ del paese.

“Molti giovani non conoscono questa storia,” continua Gelatti, “sebbene la spinta rivoluzionaria e riformista del FUORI! abbia portato alla fondazione degli attuali movimenti per i diritti civili.” Per questo motivo, la Fondazione sta lavorando per aprire anche il primo museo della penisola focalizzato interamente sulla vita e sui diritti LGBTQ+ in Italia, “per combattere le discriminazioni, far conoscere alle nuove generazioni le battaglie dimenticate e consolidare la fama di Torino come capitale dei diritti.”

“Ha aperto la strada a tutte le istanze per le quali ora combattiamo”

Per quanto abbia ottenuto visibilità e (qualche diritto), la comunità LGBTQ+ è ancora minacciata: lo si evince dal recente affossamento del DDL Zan e dalle correlate ingerenze dei partiti conservatori e di estrema destra, che tuttora ne osteggiano le rivendicazioni.

Per Denise Capaddonia, titolare della libreria-caffè LGBTQ+ Nora Books, il FUORI! è stato “molto importante, perché ha aperto la strada a tutte le istanze per le quali ora combattiamo.”

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Tuttavia, aveva un grosso difetto: la scarsa inclusività di cui si fanno portatori, invece, i movimenti attuali. “Posso comprendere perché, all’epoca, la presenza maschile fosse così forte,” prosegue Cappadonia: “agli uomini era permesso di agire pubblicamente molto di più rispetto alle donne e di combattere apertamente, anche se omosessuali: dopotutto, erano pur sempre uomini.”

Anche questo aspetto fa parte della storia del movimento che, secondo lei, dovrebbe essere imparata e al contempo cambiata, a favore di campagne più inclusive e meno istituzionali che mettano in primo piano anche le esperienze e le voci di altre componenti della comunità.

Da questo punto di vista, dice Cappadonia, “abbiamo riscontrato una serie di problemi in occasione della mostra tenutasi per il cinquantesimo anniversario del FUORI!, che ha cancellato totalmente la presenza delle donne coinvolte nel movimento.” Queste ultime ne facevano sicuramente parte, ma “come sempre erano ‘relegate’ ai confini.”

Cappadonia, tuttavia, concorda con Pezzana e Gelatti su Torino e sulla sua natura, meritevole di renderla un importante centro per le lotte per i diritti civili. Tra queste spicca ad esempio Non Una di Meno, “particolarmente attiva in città e, soprattutto, transfemminista”.

Le lotte quotidiane affrontate dalle persone omosessuali di Torino sono rese evidenti anche da un’altra caffetteria LGBTQ-friendly, Pausa Caffè, che ogni domenica sera ospita spettacoli di Drag Queen.

Quando chiediamo a uno dei suoi due proprietari il significato del FUORI!, alza le spalle e, anziché rispondere in modo diretto, ci racconta con dolore che cosa è successo di recente a lui e al suo compagno, nel loro condominio di periferia: un climax di messaggi minacciosi, insulti omofobi e danni alla loro auto da parte dei vicini, che li hanno definiti “un cancro” e protestato affinché lascino l’appartamento—nonostante vi siano residenti da più di dieci anni.

Per contestualizzare l’accaduto, l’uomo ci mostra poco dopo un video, in cui il suo partner racconta pubblicamente, in un programma di Rai 2, degli attacchi ricevuti e della sofferenza da questi provocata. E poco dopo—non senza orgoglio—ci porge l’edizione giornaliera de La Stampa, in cui si annuncia la nascita di una “Scuola per Drag Queen” a Torino, guidata proprio da uno degli artisti che, di solito, si esibisce nel suo locale la domenica sera.

Anche lui, come Denise, pensa che queste attività auto-organizzate e meno istituzionali possano rappresentare una sorta di “contrappeso” all’oppressione, rinnovando lo spirito che 50 anni fa guidò la rivoluzione di FUORI!.