God, Guns & Guts

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God, Guns & Guts

Americani e armi: un libro in immagini di Ben Philippi.

Come inevitabile, i recenti fatti di cronaca hanno riportato all'attenzione dell'opinione pubblica americana il dibattito sul possesso di armi e la legislazione in materia. È per questo motivo che, quando il fotografo Ben Philippi ha pubblicato il suo ultimo libro God, Guns & Guts, non ci siamo lasciati scappare l'opportunità di intervistarlo. Ben ha trascorso quattro anni in giro per gli Stati Uniti, documentando i pregiudizi e l'identità della comunità costituita da quegli orgogliosi possessori di armi che preferiscono trascorrere il tempo libero in compagnia delle loro pistole invece di creare treni in miniatura.

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VICE: Perché questo titolo, God, Guns & Guts?
Ben Philippi: È uno modo di dire americano. L'idea non è stata mia, ma di Mark Muller, che compare sulla copertina del libro. L'ho visto per la prima volta nel 2009, sulla CNN, durante un'intervista a seguito di una sua promozione commerciale presso il concessionario d'auto che gestisce in Missouri. Lo slogan da lui utilizzato, "God, Guns, Guts and American Pickup Trucks," mi ha subito colpito, ma è stato solo due anni più tardi, mentre Mark ed io discutevamo del titolo, che lui me l'ha ricordato: "Dovresti chiamarlo God, Guns & Guts, perché è controverso, e farà incazzare un bel po' di Democratici."

Mark è il tizio che dava in omaggio AK-47 per ogni acquisto di un'auto, vero?
La promozione, ho scoperto successivamente, è nata da una frase di Obama a proposito della gente del Midwest e del loro affidarsi esclusivamente a Bibbia e armi. Mark l'ha sentita e ha avuto l'idea. Ma non si trattava semplicemente di distribuire armi. Mark consegnava dei buoni, ottenuti i quali i clienti dovevano sottoporsi a una verifica dei trascorsi personali che, se superata, permetteva di ricevere l'omaggio. In quel modo la promozione acquisiva anche un altro significato: era espressione del sentire di molti nei confronti del governo. Un anno dopo c'è stata un'altra promozione, "Snipers for Vipers."

Ovvero?!
Un fucile di precisione calibro .50 per ogni Dodge Viper comprata. Si tratta di un fucile in grado di colpire obiettivi a grande distanza, molto potente.

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Mi pare di capire che Mark sia uno dei tuoi personaggi preferiti, tra quelli che hai incontrato lavorando al libro.
Sì, è così. Mantengo contatti con molte delle persone che fotografo, ma lui era il mio preferito e siamo diventati buoni amici. Ho curato le riprese di un trailer per un programma televisivo a cui parteciperà insieme a suo fratello Mancow, che lavora per una radio di Chicago.

Come sei entrato in contatto con tutte queste persone?
Quando vivevo a Los Angeles ho iniziato a pubblicare messaggi su Craigslist nella sezione "talent". Chiedevo "Vuoi essere fotografato con le tue armi?" L'unica condizione era che l'arma in questione fosse vera. Ho ricevuto un sacco di risposte, e i contatti ottenuti hanno fatto da tramite per altre persone. Alcuni all'inizio erano esitanti, perché non sapevano cos'avrei fatto con quel progetto e pensavano volessi sfruttarli.

Perché hai deciso di intraprendere un progetto del genere?
Dopo l'11 settembre ho iniziato a notare come le forze armate americane stessero diventando quel complesso militare-industriale che tutti temevano. La cosa non mi piaceva, perché la guerra non è la risposta, a meno che non sia assolutamente necessaria. Ad interessarmi erano più che altro i dati sulla vendita di armi. Si potrebbe dire che negli Stati Uniti ci siano abbastanza pistole e fucili da armare ogni cittadino. Volevo capire se esistesse una correlazione tra i due elementi, popolo ed esercito. Per molti le armi sono una metafora di libertà, indipendenza e capacità di controllo e difesa. Le persone che ho incontrato nella lavorazione al libro non erano gangster o criminali, ma detentori di armi legalmente registrate, con tutte le carte in regola.

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Non è un buon periodo per i possessori di armi. Tu che li hai conosciuti, come li descriveresti?
Ce ne sono di tutti i tipi, da chi ha un semplice interesse per le armi, i collezionisti, a quelli che le usano, fino ai paranoici convinti che prima o poi gli agenti del governo busseranno alla loro porta e li arresteranno per crimini che non hanno commesso. C'è anche chi teme disastri economici o naturali, e fa scorte di cibo e armi. Un buon esempio è quello dell'uragano Katrina, quando molti hanno salvato se stessi e le proprie case ricorrendo a questi espedienti. Tanti, a Los Angeles, si giustificano citando le rivolte del 1992.

Credi che il fenomeno abbia a che fare anche con le appartenenze politiche?
Certamente, anche se tra i possessori di armi si contano anche molti Democratici. Tuttavia, la maggior parte è Repubblicana o Ultraliberale, senza dubbio.

Molte delle persone che compaiono nelle tue foto fumano sigari e indossano occhiali da sole e cappelli da cowboy. È stata una loro scelta?
Credo che quello specifico aspetto sia il modo in cui molti si vedono o decidono di presentarsi agli altri. Sono soggetti a discriminazioni in quanto possessori di armi e non vogliono esporsi troppo. Alcuni pensavano che se le autorità avessero visto le loro foto nel libro avrebbero potuto identificarli, così hanno scelto di mantenere l'anonimato, per quanto possibile.

Come dicevi, c'è anche chi compra armi per collezionismo e non necessariamente le usa per autodifesa, è così?
Un buon esempio è Ike, il poliziotto, un tipo molto disponibile e ospitale. Mi ha mostrato la sua casa, dove c'è una stanza con una parete scorrevole interamente ricoperta di armi che si apre su un poligono di tiro. Il suo è un hobby. L'ho fotografato con un mitra Thompson degli anni Trenta appartenuto a un gangster morto imbracciandolo, un autentico pezzo da collezione.

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Sei entrato in contatto con molte donne?
Sai, le donne sono una fetta emergente del mercato delle armi. A Las Vegas ho conosciuto una ragazza di nome Sara Jane che ha comprato una pistola perché un ladro ha fatto irruzione nel suo appartamento portando via tutta la sua biancheria intima. Non è una persona violenta, anzi… è una specie di hippie, ma si tratta di un posto piuttosto particolare, e lei ha fatto questa scelta per autodifesa.

Qual è la tua opinione sul possesso di armi, la legislazione e i controlli da parte del governo?
Credo che raramente i possessori di armi registrate siano responsabili di crimini. In più, il fatto di avere un'arma non significa che tu sia una persona cattiva che vuole uccidere la gente. Quando ne acquisti una negli Stati Uniti devi sottoporti a una verifica dei tuoi trascorsi. Il responsabile della strage in Colorado aveva degli evidenti problemi psicologici e non avrebbe dovuto in nessun modo possedere delle armi. Negli anni Novanta ero in Bosnia, e posso dirti che a volte una pistola può salvarti la vita.

Che accoglienza è stata riservata al libro dai possessori di armi?
Molti l'hanno criticato, ma credo sia dovuto più al loro scetticismo. Credono che ci siano pregiudizi sul loro conto e hanno l'impressione che il libro li accentui, facendoli sembrare soggetti minacciosi. Ma non penso dovrebbero prestare attenzione a cosa pensano gli altri. È un progetto fotografico, e la mia idea è che non c'è niente di male nel possedere un'arma. Che Dio benedica l'America.

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Per vedere un'anteprima del libro, cliccate qui.

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