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Era un corrotto

Nonostante abbia operato in un'epoca lontana dalla mia generazione, l'influenza e la perversione di Andreotti rimangono pervasive e persistenti.

"Quando la politica entra nel governo, niente che scaturisca da questa unione in fatto di crimini e infamità può risultare incredibile. Anzi ti rende in grado di accettare e credere nell'impossibile…" — Mark Twain, lettera a Jules Hart, 17 dicembre 1901

Ho saputo tutto mentre guardavo Game of Thrones. È suonato il mio telefono, come fa sempre, mantenendo costante la mia eccitazione per rumori e colori. "Andreotti è morto," diceva la notifica, prima che si occultasse. Cosa fare, ora? Immergersi di nuovo nel reame degli intrighi politici, popolato di assurdi personaggi corrotti e corruttibili, dove gli assassinii per la conquista del potere sono cosa normale—oppure guardare Game of Thrones?

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Ho scelto la prima, l'Italia, per quella storia dei rumori e dei colori.

Sono andato subito a rileggermi il vecchio coccodrillo di Hunter Thompson su Nixon. È impressionante quanto sia calzante anche per Giulio Andreotti. Ho sempre pensato che lo fosse, ma rivederlo oggi fa un altro effetto, specialmente se confrontato con le prime cose che i quotidiani italiani hanno pubblicato sull'ex Primo Ministro. Riverenza politica e rispetto per il fresco decesso misto a pura, semplice, paura. Come se stessero cercando di punzonarlo con dei lunghi bastoni, per assicurarsi che sia morto davvero. Che non stia per dare l'ultimo morso.

Hunter Thompson accusa Nixon di aver spezzato il "Sogno Americano". "Ha inquinato per sempre le nostre acque," scriveva. "Nixon verrà ricordato come il classico caso di un uomo intelligente che ha cagato nel piatto dove mangiava. Ma ha anche cagato nei piatti dove mangiamo noi, e questo è il crimine che rimarrà per sempre stampato come un marchio di fabbrica nella sua memoria." In Italia non abbiamo mai avuto alcun sogno. Nessuno ha mai creduto alla storia del rags-to-riches che popola gli obbiettivi di gloria d'oltreoceano. Non c'è nulla da obliterare. Andreotti ha invece creato il sogno—la realtà—dell'impunità italiana. È morto da uomo libero. È stato coinvolto in tutti i maggiori scandali italiani del dopoguerra, ma è spirato con la mia stessa fedina penale a suo nome.

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Questo è importante perché, nonostante abbia operato in un'epoca lontana dalla mia generazione, la sua influenza e perversione rimangono pervasive e persistenti. Era malvagio. Quel tipo di malvagità che esiste solo per chi crede nella manifestazione del Male in terra come i cattolici. "Un regista freddo, impenetrabile, senza dubbi, senza palpiti, senza mai un momento di pietà umana," scriveva Aldo Moro nel suo memoriale durante la prigionia a opera della Brigate Rosse. "E questi è l’On. Andreotti, del quale gli altri sono stati tutti gli obbedienti esecutori di ordini." Moro scrisse anche che Andreotti sarebbe presto svanito dalla scena italiana senza lasciare traccia; questo, come sappiamo, non avvenne.

Aveva un tipo di umorismo bieco e cupo; sempre inquietante. Ogni battuta serviva per riaffermare l'inevitabile forza del potere e dei potenti sopra tutto il resto. "Il potere logora chi non ce l'ha." “A parlare male degli altri si fa peccato, ma spesso si indovina." Frasi diventate ormai aforismi, amate e popolarissime in un Paese di assassini di donne, ma che si è arreso in tutte le guerre che ha combattuto negli ultimi cento anni.

Andreotti non si è mai pentito, né ha mai mostrato rimorsi per le sue scelte politiche e di vita."Non voglio sostituirmi alla polizia o ai giudici," disse nel 2010, in un'intervista al Corriere Della Sera a proposito dell'avvocato Ambrosoli assassinato con un ordine di Michele Sindona. "Certo è una persona che in termini romaneschi se l'andava cercando." Sindona era "l'uomo che salvò la Lira" proprio secondo Andreotti. Invece, secondo Interpol e FBI, riciclava denaro per la mafia americana e curava gli investimenti finanziari di mafiosi come John Gambino, Rosario Spatola e Salvatore Inzerillo. Più volte Il Venerabile Licio Gelli e Andreotti provarono ad aiutare Sindona a salvare le sue banche. Sempre nel 2010, a proposito del finanziere, disse, "Se non c'erano motivi di ostilità, non si poteva che parlarne bene."

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Ma la lista è immensa. Secondo Buscetta e Badalamenti, Andreotti avrebbe fatto uccidere Carmine Pecorelli, giornalista indipendente che spesso pubblicava servizi in cui dimostrava la corruzione della corrente dell'ex Presidente del Consiglio. Andreotti, insieme a Cossiga, era la mente dietro la strategia della tensione, dietro gli agenti in borghese nelle piazze armi in mano a sparare durante le manifestazioni e i carri armati a Bologna. Era GLADIO, l'organizzazione paramilitare stay-behind che avrebbe dovuto resistere in caso di invasione sovietica o di vittoria del PCI. Nel 2000, una Commissione Parlamentare ha concluso che la strategia della tensione fu sostenuta dagli Stati Uniti d'America per "impedire al PCI, e in certo grado anche al PSI, di raggiungere il potere esecutivo nel Paese." "Lui ha fatto il suo dovere, ha usato i segreti per dare il benessere al popolo," ha dichiarato l'amico Licio Gelli poco dopo la notizia della morte di Andreotti. "I segreti li aveva, e se li è portati con sé: chi è un uomo se li porta dietro."

Secondo quanto risulta dalle ricerche di Gianluigi Nuzzi aveva anche un conto molto particolare allo IOR, la Banca Vaticana, controllato da De Bonis, il *Manovale di Dio". Numero 001314774C aperto il 15 luglio 1987, con un tasso di interesse a suo favore del 9 percento all'anno. De Bonis si occupava di clienti molto selezionati, sui quali conti sono passati soldi "sottratti dalle offerte dei fedeli per le messe ai defunti, tangenti, titoli di stato scambiati per riciclare denaro sporco e perfino i ricavi del pizzo destinato a Riina e Provenzano," secondo quanto dice Massimo Ciancimino. In cinque anni sul conto di Andreotti passano 60 milioni di euro, spesso girati a conti occulti e fondazioni inesistenti con nomi tipo "La Fondazione Per i Bambini Poveri" o "Lotta alla Leucemia".

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Aveva fascicoli e dossier su ogni rilevante figura dello Stato. Proprio come Nixon con il suo direttore del FBI, J. Edgar Hoover. Durante la sua permanenza al Ministero della Difesa il SIFAR, il servizio segreto militare, per mano del Generale Giovanni Di Lorenzo, raccolse informazioni su frequentazioni, abitudini pubbliche e private, preferenze religiose e opinioni politiche di sindacalisti, politici, imprenditori, militari, intellettuali, ecclesiastici (compreso il Papa); 157.000 fascicoli in tutto secondo la Commissione Beolchini creata per indagare sulla vicenda.

La sua figura era così fondamentalmente perversa da corrompere anche la logica nella storica sentenza del 2003 sulle sue presunte frequentazioni mafiose. Prescrizione per “il reato di associazione per delinquere commesso fino alla primavera del 1980” e assoluzione “per insufficienza di prove” per quello di associazione mafiosa. "Se la Corte avesse raggiunto la certezza della piena innocenza," commentò Piero Grasso, allora Procuratore di Palermo, "non si sarebbe fatto ricorso alla formula dubitativa per il capo d’accusa relativo all’associazione mafiosa, e alla soluzione della prescrizione per i fatti che rientravano sotto la fattispecie dell’associazione per delinquere semplice. Questo perché, se i giudici avessero avuto la consapevolezza dell’insussistenza delle prove avrebbero dovuto assolvere e non prescrivere." Secondo il magistrato i fatti erano "storicamente accertati fino a quelle data, ma non perseguibili per l'intervenuta prescrizione dopo 22 anni e sei mesi, nel dicembre del 2002, così che, se la sentenza fosse stata emessa solo un mese prima l'imputato sarebbe risultato colpevole".

Ancora oggi, però, si discute "del bacio a Riina", come se fosse questo il punto, come se non fosse abbastanza tutto il resto. "Lo stato d’animo è quello di un amico che ha perduto un amico e un maestro di vita e di politica," ha dichiarato Pomicino dopo la morte di Andreotti. "Nei prossimi anni si vedrà cosa Giulio Andreotti ha dato al Paese". Ma l'ex ministro DC è troppo ingiusto nei confronti de Il Divo, quello che ha fatto Andreotti lo abbiamo già visto; è già presente nel nostro quotidiano—non dobbiamo attendere il futuro. L'era di Berlusconi, suo impunito erede. L'era di Grillo, che può esistere e sussistere solo come sua contrapposizione ideologica.

Questa è la sua eredità, il suo umido bacio.

Segui Matteo su Twitter: @bknsty