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reportage

Nessuno entra in questa città fantasma

A quarant'anni dal primo assedio, Varosha potrebbe diventare la chiave per riunificare quel paese diviso in due che è Cipro.

Se sentiste parlare di Varosha, non immaginereste mai che un tempo possa essere stata una località balneare per milionari—perché, oggi, è una delle più grandi città fantasma del mondo. Le sue case e i suoi palazzi in rovina stanno venendo pian piano invasi dalla natura, a perenne ricordo del fatto che un conflitto tuttora irrisolto non può considerarsi finito solo perché le due parti hanno smesso di ammazzarsi tra di loro. Ma questa città potrebbe essere la chiave per riunificare quel paese diviso in due che è Cipro. L’esercito turco ha invaso Cipro nell’estate del 1974, e nel giro di una notte la popolazione di Varosha è passata da 39,000 abitanti a zero. L’attacco turco contro Cipro, strutturato in due assalti, è stato una risposta a un colpo di stato dei nazionalisti greco-ciprioti. L’esercito turco ha catturato Varosha durante il secondo assalto, iniziato esattamente 40 anni fa questa settimana. Da allora, in città non è potuto entrare nessuno tranne i soldati turchi di ronda. In occasione dell’anniversario della guerra che ha portato alla conquista di Varosha, ci sono nuove speranze che si possa trovare una soluzione per far tornare a vivere la città. C’è la volontà dei membri di entrambe le comunità di questo paese diviso che, insieme a un rinnovato interesse geopolitico per Cipro, fa sì che vengano fatti nuovi sforzi per trovare una soluzione. La Turchia ha invaso Cipro per contrastare il nazionalismo greco-cipriota e sopprimere i movimenti politici che volevano che Cipro venisse unita politicamente alla Grecia, che all’epoca era governata da una giunta militare di estrema destra. Ufficialmente, la motivazione fornita dalla Turchia per giustificare l’invasione dell’isola è stata la necessità di proteggere la minoranza turca che vi viveva. Un mese dopo, una seconda invasione ha trasformato Cipro in quello che è ancora oggi. Il conflitto che ha portato alla divisione dell’isola ha provocato la morte di circa 1,500 turco-ciprioti e di circa 8,000 greco-ciprioti, ed entrambe le parti hanno parlato di pulizia etnica. La Turchia ha occupato la parte nord di Cipro, circa il 36 percento del territorio totale dell’isola, e continua a occuparla tuttora. Al termine dei combattimenti, il risultato è stata la divisione dell’isola tra il sud greco-cipriota, uno stato riconosciuto dalla comunità internazionale e membro dell’Unione Europea, e il nord turco-cipriota, una repubblica autoproclamata riconosciuta soltanto dalla Turchia. I due stati sono separati da una zona controllata dalle Nazioni Unite, la cosiddetta “Green Zone.” Vorosha si trova nella parte turca di Cipro, appena a nord della Green Zone. A differenza di quanto accaduto per molte altre cittadine cipriote, non è mai stata rifondata. L’esercito turco l’ha tenuta sotto stretto controllo, sapendo che era abbastanza importante perché fosse possibile usarla come merce di scambio nel corso delle trattative con la parte greca dell’isola. Il risultato di tutto ciò sono stati 40 anni di decadenza, diventati probabilmente il miglior simbolo possibile di Cipro e del suo conflitto irrisolto. Siamo riusciti a vedere Varosha, ma solo dall’esterno della recinzione che circonda la città. Fuori dalla recinzione, si poteva vedere la vita andare avanti normalmente, proprio come va avanti nella vicina Famagosta. C’era bagnanti che nuotavano o prendevano il sole in spiaggia, turisti nelle hall degli alberghi o che bevevano nei bar sulla spiaggia. E allo stesso tempo, poco più in là, oltre la recinzione, c’erano solo edifici in rovina. La maggior parte della spiaggia è chiusa, e si può accedere solo a una piccola striscia di sabbia. E nel caso ve lo steste chiedendo, se si cerca di scavalcare la recinzione intorno a Varosha—o anche solo di fotografarla dall’esterno—si rischia l’arresto. La prima cosa che ho visto, avvicinandomi a Varosha, è stato il rudere di un albergo!uno dei due che sono stati colpiti in pieno dai bombardamenti turchi. I danni causati dal bombardamento erano ancora visibili. I cadaveri erano stati rimossi, ma per il resto il luogo dove si era svolta la battaglia non aveva subito alterazioni. Prima che Cipro venisse divisa, i greco-ciprioti e la minoranza turco-cipriota vivevano mescolati fra di loro in tutta l’isola, anche se non sempre pacificamente. Non è più così, ma il desiderio di restaurare Varosha e di renderla nuovamente accessibile è comune a persone di entrambi gli schieramenti. Serdar Atai, un turco-cipriota che vive vicino a Varosha, ha detto che vivere vicino alla città abbandonata è come “essere costretti a dormire ogni notte accanto a un cadavere.” Lui e altri esponenti della comunità turco-cipriota, insieme a membri di quella greco-cipriota, lavorano per un’organizzazione che si propone di ottenere che Varosha venga riaperta al pubblico, la Bicommunal Famagusta Initiative. Geroge Lordos, membro dell’associazione, è uno dei greco-ciprioti che sono dovuti scappare da Varosha durante l’invasione turca, abbandonando la propria casa e la propria attività. L’organizzazione si propone non solo di ottenere la riapertura e il restauro di Varosha, ma anche di ottenere che gli edifici della città tornino ai loro legittimi proprietari. Nel corso degli anni, ha condotto degli studi attraverso la East Mediterranean University per calcolare a quanto ammontino i costi e quanto lavoro sia necessario per restaurare un’intera città che è rimasta disabitata per 40 anni. Una volta a Varosha vivevano e lavoravano anche molti turco-ciprioti, che a Cipro sono la minoranza. I sostenitori della riapertura della città affermano che sarebbe un’opportunità per i greci e i turchi di tornare a vivere e lavorare insieme, aprendo la strada alla riunificazione di Cipro. Ma il piano ha incontrato l’opposizione di molti esponenti delle due comunità cipriote, e soprattutto l’opposizione della Turchia. I turco-ciprioti più oltranzisti vorrebbero che la Turchia rimanesse in controllo di Varosha, in modo da poterla usare come merce di scambio nel caso abbiano bisogno di ottenere qualcosa dalla comunità greco-cipriota. Molti greco-ciprioti, invece, sono contrari al piano perché vi vedono un tentativo di trattare con un occupante abusivo e ritengono che un atto del genere conferirebbe legittimità a uno stato non riconosciuto e che non ha alcun diritto sul suolo che occupa. Mertkan Hamit, un membro turco-cipriota dell’associazione, è stato tra gli autori di un sondaggio che ha mostrato come la larga maggioranza dei turco-ciprioti sia a favore di un progetto del genere, anche se, qualora esso andasse in porto, la maggior parte degli abitanti che tornerebbero a vivere a Varosha sarebbero greco-ciprioti. Sia Mertkan che Serdar hanno citato i benefici economici che deriverebbero dalla riqualificazione di Varosha, affermando che l’area intorno alla città è stata quella che ha subito più danni dall’occupazione. Dalla riapertura di Varosha loro trarrebbero beneficio tanto quanto i greco-ciprioti. Osservando la situazione in cui si trova Cipro oggi, sembrerebbe che Varosha non sia mai stata così vicina all’essere libera. La scoperta di giacimenti di gas naturale nelle acque dell’isola e il crescente desiderio, da parte di molti paesi, di limitare la propria dipendenza energetica dalla Russia, ha ravvivato l’interesse per la questione cipriota. Quest’anno, il vicepresidente americano Joe Biden ha visitato Cipro e ha incontrato i leader di entrambe le comunità, sperando di poter poi annunciare il raggiungimento di un accordo sulla questione di Varosha. Anche se poi l’accordo non è stato raggiunto, il segretario di Stato John Kerry ha annunciato che intende anch’egli visitare Cipro il prima possibile. Il gas naturale e la possibilità che Varosha venga riaperta al pubblico potrebbero spianare la strada per che si trovi una soluzione alla questione cipriota. Ma per ora, i graffiti scritti sui muri in rovina di Varosha dicono che tale questione non è ancora risolta.