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Tecnologia

Morte di una macchina desiderante aliena

La vita e le opere di H. R. Giger.
Necronom IV

Sono molti gli artisti che trovano ispirazione nei loro demoni, ma quasi nessuno letteralmente. Nessuno tranne H.R. Giger, pittore e scultore surrealista morto lunedì, all’età di 74 anni, per le ferite riportate in una caduta.

Giger si è lasciato alle spalle un vero e proprio castello gotico pieno di opere d’arte—il Château St. Germain a Gruyères, in Svizzera, dove si trova il H.R. Giger Museum. L’artista verrà ricordato per il suo contributo in Alien di Ridley Scott. L’alieno endoparassita di forma fallica, icona del film, è ispirato da una stampa di Giger chiamata Necronom IV (vedi immagine sopra), scelta da Scott per la sua inquietante opera di sesso e orrore.

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L’alieno di Alien, come molte delle creazioni di Giger, è un angoscioso connubio di eros e morte; una creatura priva di occhi a metà tra un insetto fallico e una vagina metallica dentata. Con le sue molteplici bocche, l’alieno ricorda una specie di frattale dell’orrore. “Potrebbe tranquillamente fotterti prima di ucciderti,” ha spiegato il produttore di Alien, Ivor Powell, il che lo rende “ancora più sconcertante.”

Dune di Jodorowsky

Giger è stato raccomandato a Ridley Scott dallo sceneggiatore di Alien Dan O’Bannon, il quale ha lavorato con Giger per quasi due anni sull’adattamento cinematografico di Dunecurato dal regista visionario cileno, Alejandro Jodorowsky―che è stato rifiutato da Hollywood per essere avanti anni luce rispetto al suo tempo.

In Dune, Giger era il responsabile di Harkonnen e ne ha progettato il pianeta: “un luogo governato dal male dove magia nera, violenza, intemperanza e perversione erano all’ordine del giorno.” Era il posto perfetto per le orride ambientazioni di Giger―gli schizzi e i modellini che ha realizzato per Dune rimangono tra le visioni irrealizzate più importanti della storia del cinema.

Le sue visioni erano talmente ripugnanti che sorprende vedere quanto Giger abbia influenzato la cultura popolare. Oltre ad aver vinto un Oscar con Alien, Giger ha curato vari video musicali e le copertine degli album di Debbie Harry, Danzig, e i Dead Kennedys. Ha progettato chitarre elettriche per la Ibanez, pubblicato due best-seller (Necromicon e Necromicon II), presentato i suoi lavori sulla rivista Omni, e progettato gli interni di svariati locali, due dei quali sono ancora in attività in Svizzera. Il terzo, un posto al limite della legalità, ha chiuso a metà degli anni Ottanta. Ieri William Gibson ha twittato che “era senz’altro il bar a tema più cool di sempre.”

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Giger ha anche lavorato su due giochi per computer in stile punta-e-clicca chiamati Dark Seed e Dark Seed II, disponibili per Amiga, DOS, Amiga CD32, Macintosh, Sega Saturn e Playstation. In questi giochi, terrificanti ma pieni di bug, si impersona Mike Dawson, un uomo che, risvegliatosi da un sogno, scopre l’esistenza di “Dark World,” un universo parallelo governato da alieni. I giochi sono un tributo a H.P. Lovecraft, scrittore horror di inizio secolo le cui opere erano fonte di ispirazione per Giger.

L’enfasi di Giger sull’unione di corpi e macchine―da lui chiamata “biomeccanica”―ha influenzato gli scrittori fantascientifici cyberpunk degli anni ‘80 e ’90,  che hanno capito che la tecnologia non è separata dall’umanità, ma piuttosto una parte di essa, pronta in ogni momento a intromettersi nella nostra carne e nei nostri cervelli. I racconti di William Gibson, grande ammiratore di Giger, sono colmi di messaggi subliminali riferiti a lui. Un personaggio di Virtual Light ha un tatuaggio di Giger, New York XXIV, tatuato sulla schiena, e gli edifici giapponesi di Idoru sono considerati gigeriani.

Giger soffriva di pavor nocturnus, un raro tipo di parasonnia che provoca una paura incontrollabile nelle prime ore della fase REM. Ha iniziato a dipingere per motivi terapeutici a metà degli anni ‘60, dopo aver studiato design industriale alla School of Commercial Art di Zurigo. I terrori sono andati avanti, e alla lunga sono diventati dei buoni compagni. “Ho cambiato modo di sentire le cose,” ha spiegato in H.R. Giger’s Sanctuary, un documentario del 2007. “Trovo che i teschi siano gradevoli.”

Giger Museum

Non è una novità che Giger si trovasse a proprio agio con il macabro. Nel recente documentario Jodorowsky’s Dune e nei box set di Alien, ci mostra la sua strana natura. Appollaiato sui mobili di ebano da lui progettati, è pallido come un fantasma nel suo vestito nero, e parla con uno stridulo accento svizzero, che ricorda in parti uguali un genio del male e un palloncino a elio.

L’opera di Giger―forse il prodotto dei terrori notturni di un essere umano molto singolare―è apprezzata dalle persone nonostante la sua stranezza, e non a causa di essa. Al di là di falli, mostri e tenebrosi paesaggi gotici, Giger ci ha disorientati con qualcosa di profondo, un timore primitivo che va al di là di ogni genere. Non c’è dubbio che trascenderà anche la sua morte.